Decidiamo oggi per un domani sostenibile

“Meglio femmina”: segno di cambiamento nei rapporti tra i generi?

Secondo un detto asiatico “crescere una figlia è come innaffiare il giardino del vicino”. Ma in tutto il mondo ci sono segnali di maggiore propensione verso quello che non è più considerato il sesso debole.

martedì 24 giugno 2025
Tempo di lettura: min

Qualcuno parla di “girl preference”: sempre più genitori, soprattutto nei contesti più sviluppati, sembrano desiderare una figlia. Una tendenza che ribalta una millenaria inclinazione verso i figli maschi, radicata in molte culture e ancora presente in diverse parti del mondo. Non è (ancora) un fenomeno sistemico, ma è un segnale da osservare. L’Economist gli ha dedicato una copertina, segnalando che lo squilibrio globale tra i sessi si è fortemente ridotto, e ogni anno centinaia di migliaia di bambine che prima non sarebbero nate oggi possono nascere. In vent’anni sono circa sette milioni quelle “salvate” da selezione prenatale, aborti selettivi o infanticidio femminile. Numeri che in molti Paesi stanno riportando su livelli accettabili il normale rapporto biologico tra i sessi alla nascita, che è di circa 105 maschi ogni 100 femmine.

Ma c’è di più: “In alcune regioni”, scrive il settimanale britannico, “sta emergendo una nuova preferenza: quella per le femmine. È ancora moderata. I genitori non abortiscono i maschi in quanto maschi. Nessun grande Paese ha ancora un surplus notevole di femmine. Piuttosto, la preferenza per le femmine può essere osservata in altri parametri, come i sondaggi e i modelli di fertilità”.

Gli studi

Il segnale è chiaro, anche se non si tratta di una tendenza uniforme: più visibile nei Paesi più ricchi, in evoluzione negli altri. Tra il 1985 e il 2003 la percentuale di donne sudcoreane che ritenevano “necessario” avere un figlio maschio è crollata dal 48% al 6%, secondo l'agenzia di statistica nazionale. Il desiderio di avere figli maschi è diminuito rapidamente anche in Cina e India, sebbene il rapporto tra i sessi alla nascita rimanga sbilanciato in entrambi i Paesi. In Cina è sceso da un picco di 117 per gran parte degli anni 2000 a 111 nel 2023. In India il tasso era di 107 quell’anno, in calo rispetto ai 109 del 2010.

In Cina, tra l'altro, lo squilibrio demografico ha in qualche modo aumentato il "potere" delle donne che ora cercano partner istruiti e con un buon lavoro. Il prezzo dei matrimoni, in particolare nelle aree rurali, è salito alle stelle: come riporta l'Economist in un altro articolo, nella provincia di Liaoning, nel Nord-Est del Paese, il prezzo della sposa per concludere il matrimonio è passato da 68mila yuan (8mila euro) nel 2016 a 176mila yuan (21mila euro) nel 2020, al netto dell'inflazione. E tradizionalmente sono gli uomini a doversi far carico dei costi dei matrimoni e della casa: la difficoltà a sposarsi è considerata uno stigma sociale e crea molta pressione nei giovani, soprattutto nelle aree rurali. Così alcuni uomini single si rivolgono a coach specializzati per essere aiutati nel trovare un appuntamento con una donna, mentre altri decidono di sposarsi con donne straniere, spesso provenienti da Paesi asiatici e vittime di traffico di essere umani."

Anche in Giappone i sondaggi suggeriscono una crescente preferenza per le bambine. E altri Paesi sviluppati seguono un andamento simile. Un recente studio demografico condotto in Finlandia ha osservato che le coppie con una figlia tendono a fermarsi prima rispetto a quelle con un figlio maschio, suggerendo che la femminilità non è più vissuta come una “mancanza”, bensì come una condizione soddisfacente per la famiglia. Krista Riukula, l’autrice, collega chiaramente il mutamento alla parità crescente di opportunità tra uomini e donne, dove il costo di crescere una figlia si avvicina ora nei Paesi poveri a quello di tirare su un figlio maschio.

Unfpa: il calo globale delle nascite non si deve a mancanza di volontà ma di opportunità

Secondo il nuovo rapporto Onu, tra i fattori chiave ci sono il costo proibitivo della genitorialità, la paura del futuro e la precarietà lavorativa. Ma premi solo economici “non avranno effetti duraturi”.

Un ulteriore contributo arriva da uno studio di Ewa Cukrowska-Torzewska e Magdalena Grabowska dell’Università di Varsavia, pubblicato su Pop Digest. Analizzando i dati di 11 Paesi europei, le autrici mostrano che in Europa centrale e orientale, in particolare in Repubblica Ceca, Estonia e Ungheria, le donne che hanno come primo figlio una femmina sono meno propense ad avere un secondo figlio. Questo comportamento indica l'esistenza di una preferenza per le figlie femmine, soprattutto tra le generazioni nate dopo il 1960. Una tendenza che si affianca al desiderio, diffuso anche altrove, di avere figli di entrambi i sessi, piuttosto che solo maschi.

Le ragioni

Ma come si sta superando un pregiudizio così radicato in alcune società? Le ragioni sono molte. Nel passato, in diverse culture, la figlia era considerata una presenza transitoria, destinata a lasciare la casa per unirsi alla famiglia del marito. Una concezione sintetizzata da un antico detto asiatico: “Crescere una figlia è come innaffiare il giardino del vicino”. I progressi nell'empowerment femminile, nell’accesso all'istruzione e al lavoro, e una crescente autonomia economica, hanno incrinato questa visione tradizionale.

Oggi le ragazze ottengono in tutto il mondo migliori performance scolastiche dei coetanei maschi (lo mostrano i test Pisa) e studiano più a lungo. Nei Paesi ricchi i giovani uomini registrano tassi più alti di abbandono scolastico e inattività (Neet), nonché di di criminalità.

Inoltre, è nei Paesi dove la parità tra uomini e donne ha fatto progressi, in particolare nel Nord Europa, ma anche in Nord America e in alcune aree dell’Asia orientale, la storica preferenza per i figli maschi si è indebolita di più. È lì che si osservano famiglie che sperano in una figlia, o che si fermano dopo la seconda, più che dopo un maschio, dice ancora l’Economist.

Giorgetti: il declino demografico spopolerà gran parte dell’Italia

Drammatica denuncia alla Camera: effetti su fisco, previdenza, scuola, sanità, ma anche sulla qualità della forza lavoro. Il ministro riassume gli interventi possibili, chiede “coraggio e visione”, ma senza riferimento al fattore immigrazione.

Lo confermano gli studi internazionali. Il Global gender gap report 2025 pubblicato dal World economic forum mostra che le economie avanzate hanno ormai raggiunto livelli di parità molto elevati sul fronte dell’istruzione (oltre il 99%) e della salute (circa il 96%). Non è un caso che i Paesi che guidano la classifica, ovvero Islanda, Finlandia e Norvegia, siano anche tra quelli dove non solo la preferenza per i figli maschi è praticamente scomparsa, ma si registrano segnali di una preferenza attiva per le figlie.

E una ricerca pubblicata quest’anno sul Psychological Bulletin, che ha analizzato 30 studi e coinvolto circa 19mila genitori in Europa e America, conferma che la maggior parte dei genitori tende a favorire le figlie, anche se spesso non se ne rendono conto. Non perché i maschi siano meno amati, aggiungono gli esperti, ma perché oggi le figlie potrebbero venire associate in misura maggiore a competenze relazionali, stabilità, successo educativo e capacità di cura.

Il fenomeno, ovviamente, andrà osservato ancora più a fondo. Per esempio, uno studio della Cornell University su 60 Paesi a medio e basso reddito ha mostrato che i mariti sono molto più propensi a desiderare più figli maschi, mentre le mogli sono più propense a desiderare più figlie femmine, un numero uguale di maschi e femmine o non hanno preferenze. L'India ha la percentuale più alta di consenso sulle preferenze sessuali, pari al 59%, mentre il Niger ha quella più bassa, il 32%. Quando le coppie non sono d'accordo sulle loro preferenze, ciò è dovuto molto probabilmente al fatto che gli uomini preferiscono avere più figli maschi che femmine, ma le loro mogli non condividono questa preferenza.

Segnali significativi arrivano anche nell’ambito della fecondazione assistita: megli Stati Uniti, dove è consentita la selezione del sesso per le coppie che si sottopongono alla fecondazione in vitro, ci sono sempre prove crescenti che i futuri genitori preferiscano le bambine , così come i potenziali genitori adottivi.

Il futuro

C’è chiaramente ancora tanto da fare. Come ricorda il sito americano Vox, nell'India nord-occidentale il rapporto di natalità resta fortemente sbilanciato. In Africa subsahariana, i tassi alla nascita sono vicini alla norma biologica, ma le bambine continuano a subire discriminazioni post-natali: alimentazione peggiore, minori cure sanitarie. Fino all’impiego di pratiche estreme. In India, ad esempio, l’aborto selettivo delle femmine non è scomparso, nonostante i divieti. Lo dimostra un recente caso accaduto nello stato settentrionale di Haryana: pochi giorni fa centinaia di operatrici sanitarie sono finite sotto inchiesta per aver omesso di segnalare interruzioni di gravidanza sospette. In molte zone rurali, la nascita di una figlia viene ancora percepita come un peso sociale ed economico. Ma la svolta in corso è reale.

Copertina: Leo Rivas/unsplash