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Il futuro dell’educazione dipende da un uso sensato delle tecnologie

Calo nei livelli di competenze matematiche, scientifiche e di comprensione del testo: il peggioramento generale dipende anche dalla dipendenza dai cellulari. Ma i giovani non possono essere esclusi dal digitale.

mercoledì 13 marzo 2024
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Durante la pandemia nel mondo in media le scuole sono state chiuse 199 giorni e 1,6 miliardi di bambini ne hanno subito le conseguenze. La crisi sanitaria ha aggravato una crisi educativa già osservata negli anni precedenti: il tasso di alfabetizzazione è rimasto stabile negli ultimi dieci anni, mentre le competenze di base matematiche, scientifiche e di comprensione del testo sono calate. Gli istituti scolastici, inoltre, devono confrontarsi con l’impatto delle nuove tecnologie e dell’utilizzo degli smartphone.

Progressi troppo lenti

Nonostante i risultati registrati negli ultimi anni, i progressi sono troppo lenti per poter raggiungere il Goal 4 “Istruzione di qualità” dell’Agenda 2030: la percentuale di bambini che concludono l’educazione primaria è aumentata solo di tre punti percentuali dal 2015, raggiungendo l’87%; il 58% dei giovani ottiene un’educazione secondaria, meno di cinque punti percentuali in più rispetto al 2015. A questo ritmo nel 2030 84 milioni di bambini e giovani non frequenteranno la scuola (oggi sono 244 milioni).

Sono lenti anche i miglioramenti nelle competenze base acquisite. A livello mondiale il tasso di alfabetizzazione è passato dal 66% nel 1976 all’87% nel 2022, con un aumento solo di un punto percentuale dal 2015: secondo le stime dell’Unesco (Organizzazione delle Nazioni unite per l'educazione, la scienza e la cultura), oggi 763 milioni di adulti sono analfabeti. Inoltre, le differenze territoriali sono ancora profonde: nei Paesi sviluppati il tasso di alfabetizzazione è vicino o pari al 100%, mentre in alcuni Paesi in via di sviluppo è inferiore al 40% (27% in Chad, 34% in Burkina Faso).

Secondo le stime dell’Unesco nel 2030 300 milioni di studenti non avranno le competenze matematiche e i livelli di alfabetizzazione “necessari per avere successo nella vita”. Nel 2022 nei Paesi a basso e medio reddito il 70% delle bambine e dei bambini di dieci anni non era in grado di leggere e comprendere un breve testo, in aumento rispetto al 57% nel 2019. Sono bambine e bambini che vivono al di sotto della linea di povertà di apprendimento, un indicatore creato nel 2019 dalla Banca mondiale e dall’Istituto di statistica dell’Unesco.

Negli ultimi anni si è registrato un generale peggioramento per il livello di competenze matematiche e di comprensione del testo: secondo l’indagine internazionale Ocse-Pisa che ha coinvolto 81 Paesi, nel 2022 solo il 60% delle ragazze e dei ragazzi di 15 anni ha raggiunto livelli di competenza di base in matematica, scienza e comprensione del testo. In confronto ai risultati raccolti nel 2018, la media Ocse (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) per la comprensione del testo è diminuita di dieci punti, le competenze di matematica di 15 punti. L’Italia è in linea con la media dei Paesi Ocse per le competenze matematiche, oltre la media per la comprensione del testo e al di sotto per le conoscenze scientifiche. L’inadeguatezza del bagaglio di conoscenze e competenze posseduto dagli studenti italiani al termine del ciclo di studi è un problema sottolineato ampiamente anche dal Rapporto ASviS 2023 sull’attuazione dell’Agenda 2030 in Italia.

I risultati confermano un calo delle competenze osservato già da prima della pandemia da Covid-19 e causato da problemi strutturali: l’indagine Ocse-Pisa ha rilevato un legame tra livelli minori di competenze e utilizzo eccessivo degli smartphone, suggerendo la necessità di educare i giovani a un utilizzo consapevole degli strumenti digitali.

Che fare con il digitale?

Per migliorare il rendimento delle studentesse e degli studenti e ridurre i motivi di distrazione, sempre più Paesi adottano misure per regolare l’utilizzo dei telefoni cellulare a scuola: secondo un report pubblicato dall’Unesco nel 2023, il divieto di utilizzare i telefoni a scuola è attivo in un Paese su sette (il 13% dei Paesi ha una legge e il 14% delle politiche o linee guida che ne proibiscono l’uso).

Dal 2017 il Bangladesh ha proibito a studenti e insegnanti di portare il telefono in classe; nel 2018 la Francia ha vietato ai ragazzi fino ai 15 anni di usare il telefono a scuola; la Cina nel 2021 ha vietato ai bambini di portare lo smartphone a scuola senza un permesso scritto dai genitori. Divieti parziali o totali sono stati adottati in Lituania, Messico, Portogallo, Spagna, Svizzera e Stati Uniti. A febbraio del 2024 anche il governo del Regno Unito ha pubblicato le linee guida per gli istituti scolastici per bloccare l’utilizzo dei telefoni durante l’orario scolastico così da “ridurre al minimo le distrazioni e migliorare il comportamento in classe”. Alcuni istituti stanno sperimentando  una scuola privata in Massachusetts alle studentesse e agli studenti è stato dato un dumb phone, un telefono con funzionalità limitate, con risultati positivi per il rendimento e il comportamento degli alunni.

L’Unesco raccomanda di non cercare di tenere lontani i giovani dalle nuove tecnologie perché potrebbero essere svantaggiati in futuro. “Gli studenti hanno bisogno di conoscere i rischi e le opportunità della tecnologia, di sviluppare il pensiero critico e capire come vivere con e senza la tecnologia” scrive l’Unesco.

Anche la diffusione dell’intelligenza artificiale, e in particolare di strumenti come ChatGpt, ha sollevato dubbi e preoccupazioni sull’impatto che potrebbe avere, ma le risposte finora sono state sparse. Khan Academy, una organizzazione non profit che offre formazione online gratuita, ha integrato l’AI per fornire un insegnamento personalizzato, mentre alcuni college statunitensi, ad esempio, hanno vietato l’utilizzo dell’AI per scrivere i saggi di ammissione. E sono stati sviluppati strumenti per individuare testi scritti dall’AI, come GptZero, OpenAi detector e DetectorGpt.

L’educazione ai tempi dell’intelligenza artificiale

Le nuove tecnologie offrono enormi opportunità, sia per gli studenti che per i docenti. Tra queste: AI, video e ripetizioni dilazionate. Ma bisogna saperle usare.

In generale, gli strumenti di AI potrebbero essere integrati nei sistemi scolastici per offrire un insegnamento individuale, permettendo agli studenti di raggiungere prestazioni migliori. “Se noi, invece di avere classi di 20 studenti circa, avessimo 20 studenti seguiti individualmente, ciascuno studente andrebbe molto meglio di come va adesso” scrive Pietro Speroni di Fenizio nel suo blog AI vision “Per risolvere questo problema dobbiamo solo moltiplicare per venti l’organico scolastico. Oppure potremmo usare l’intelligenza artificiale”. 

La diffusione dell’homeschooling

Un ulteriore fenomeno osservato negli ultimi anni, in particolare dallo scoppio della pandemia, è l’aumento del numero di bambine e bambini iscritti a programmi di homeschooling, ovvero a forme di apprendimento al di fuori del sistema scolastico pubblico o privato. Nel 2023 nel Regno Unito 97mila bambine e bambini hanno frequentato gli ultimi tre mesi dell’anno scolastico (aprile-giugno) a casa, un aumento di 11mila bambini rispetto all’inizio dell’anno e di 42mila bambini prima della pandemia. Una famiglia su quattro tra quelle che hanno scelto l’homeschooling ha dichiarato al Dipartimento per l’educazione del Regno Unito di averlo fatto per uno “stile di vita” e per “ragioni filosofiche”, mentre solo il 4% ha indicato le preoccupazioni per la salute come motivazione. Anche in Italia si è registrato un aumento dell’homeschooling dopo la pandemia: 11mila famiglie hanno scelto l’istruzione parentale per l’anno accademico 2021/2022 in confronto alle 1.800 prima del Covid. In Italia l’istruzione parentale è garantita dagli articoli 30 e 33 della Costituzione che non richiedono ai genitori di avere uno specifico titolo di studio.

Un aumento significativo è stato registrato negli Stati Uniti: secondo i dati raccolti dal Washington Post il numero di studenti che ricevono un’educazione a casa è cresciuto del 51% negli ultimi sei anni. L’ultima statistica ufficiale del National center for education statistics riteneva nel 2019 ci fossero 1,5 milioni di bambini in programmi di homeschooling; secondo le stime del Washington Post oggi sono tra 1,9 milioni e 2,7 milioni. Tradizionalmente scelto per motivi religiosi, l’homeschooling oggi è legato alle preoccupazioni per le sparatorie nelle scuole, al bullismo e alla qualità dei sistemi scolastici. Alcuni genitori temono l’interferenza della politica nell’educazione pubblica: negli ultimi mesi sono aumentate le critiche nei confronti di libri di testo o programmi scolastici in cui si affrontavano temi come l’identità sessuale o il razzismo. Nel 2023 Donald Trump, il candidato favorito del Partito repubblicano, aveva affermato che avrebbe tolto i fondi alle “scuole che incentivano la teoria critica della razza (lo studio del razzismo intrinseco nella società, ndr) o idee insensate sulle persone transgender o altri contenuti razziali, sessuali o politici inappropriati per i nostri bambini”.

Immagine di copertina: Pixabay/pexels