Il Censis scommette sulle donne: ma è vera gloria?
La rivista dell’istituto dedica un numero alla condizione femminile, dove accanto agli innegabili progressi emergono ancora notevoli diseguaglianze.
È interamente dedicato alla situazione delle donne l’ultimo numero di Note&Commenti, la rivista del Censis che da aprile viene pubblicata in formato digitale. L’intento proclamato è quello di dare un’immagine delle donne italiane positiva in quanto “fetta di società vigile e reattiva sulla quale scommettere per riprendere finalmente dinamismo”.
Si ricorderà infatti che lo stesso Censis nel suo ultimo “Rapporto sulla situazione sociale del Paese” aveva parlato di “un’Italia di sonnambuli, che rimangono inermi di fronte alle paure sul futuro, dal tracollo economico a una guerra mondiale”.
Ecco quindi che a distanza di alcuni mesi l’istituto di ricerca, che periodicamente monitora il nostro stato di salute, prova rilanciare con un’ottica più costruttiva e lo fa proprio a partire da quelli che considera gli aspetti positivi della condizione dell’altra metà del cielo.
Se l’intento è apprezzabile, il risultato però appare quantomeno discutibile.
Ci sono in effetti alcuni sprazzi di luce, ben sintetizzati nell’intervista per Io Donna della giornalista Paola Centomo alla responsabile della ricerca Anna Italia e che consistono: nell’aumento delle capofamiglia, nel maggior numero di donne laureate (un incremento del 115,7% negli ultimi vent’anni, addirittura del 143,2% nelle materie scientifiche e tecnologiche), nell’essere maggioranza tra gli occupati con laurea, nell’aver conquistato maggiore spazio ai vertici delle aziende.
Dal punto di vista delle preferenze soggettive e dei comportamenti le donne appaiono inoltre più avanzate e consapevoli degli uomini: adottano stili di vita più sani e più attenti alla sostenibilità ambientale, praticano in numero maggiore attività sportive, sono più attente all’affermazione dei nuovi diritti civili e hanno consumi culturali più elevati.
Una fotografia dell’universo femminile decisamente lusinghiera, di cui giustamente il Censis si fa promotore e diffusore perché troppo spesso dimenticata e oscurata.
Ma perché allora dubitare dell’operazione che l’istituto fa dedicandovi un numero della propria rivista?
Perché se poi si vanno a leggere alcuni contributi su aspetti specifici, come quello dedicato alle avvocate, vengono davvero i brividi. Nell’analisi della propria situazione professionale il 29,5% delle avvocate denuncia una situazione “molto critica” e il 30,8% “abbastanza critica”, contro il 19,5% e 28,6% dei colleghi maschi. Conseguentemente i dati sul reddito rilevano un divario di 30mila euro tra uomini e donne, a discapito di queste ultime, con una situazione leggermente più favorevole solo per le più giovani.
Potere politico, votare le donne non basta
Per una vera parità non è sufficiente aumentare la presenza femminile, occorre che una volta elette le donne abbiano ruoli e incarichi di peso.
Negativo anche il confronto tra le pensioni di vecchiaia, dove gli importi per le avvocate rimangono costantemente sotto la media. Male anche per quanto riguarda il congedo parentale, dove le avvocate possono essere svantaggiate da meccanismi di calcolo dei contributi che non tengono pienamente conto delle loro circostanze professionali.
Induce a pessimismo anche il rapporto su “Donne e politica” dove, se è vero che la rappresentanza parlamentare che nel 1948 era pari al 5% oggi risulta cresciuta al 33,5% (in diminuzione comunque rispetto alla legislatura precedente), è altrettanto vero che meccanismi subdoli messi in atto dai partiti rendono sempre difficoltosa l’elezione delle candidate. Il riferimento è alle pluricandidature femminili in più collegi, così che se elette le donne lasciano il posto al candidato successivamente in lista che per legge è un uomo ma anche, per quanto riguarda i collegi uninominali, alle candidature femminili nei collegi più incerti.
I risultati delle elezioni politiche del 2022 evidenziano le più basse chance di essere elette che hanno avuto le donne candidate: su 6.345 candidati complessivi, il 47,4% era costituito da donne e il 52,6% da uomini. La distribuzione dei seicento parlamentari eletti è pari al 33,2% di donne (199 elette) e al 66,8% di uomini (401 eletti): in altre parole, sono stati eletti circa 12 uomini su cento, ma solo sette donne su cento.
Oltre a quelli citati nella rivista si trovano altri contributi interessanti su donne e sport (dove si evidenzia che le donne che praticano attività sportive nel Centro-Nord sono il doppio rispetto al Sud); sulla sanità al femminile (un dato su tutti: le donne che rinunciano a curarsi per le inefficienze del Sistema sanitario nazionale sono il 42,2%, contro il 31,3% degli uomini); un libro bianco sulla menopausa dal significativo titolo Ricominciare dai 50; un curioso report sul consumo di vino in ottica di genere.
Di sicuro la lettura è caldamente consigliata. Ai lettori e alle lettrici la libertà di guardare dentro questa ricca messe di dati con lenti più o meno rosee.
Copertina: ThisisEngineering/unsplash