Italiani scettici sul lungotermismo, ma un terzo teme l’estinzione umana entro 300 anni
La rilevazione di Swg sul nostro rapporto con l’ideologia in voga nella Silicon Valley, la sopravvivenza della specie e la ricerca di altri pianeti abitabili.
In alcune frange della società americana, specialmente tra i miliardari del tech, sta prendendo piede il lungotermismo, la corrente di pensiero che pone l’accento sulle prospettive di lungo e lunghissimo termine, mettendo in secondo piano le problematiche legate al futuro prossimo. Negli ultimi anni il longtermism è diventato rapidamente un movimento, anche grazie all’appoggio finanziario di imprenditori come Elon Musk e Sam Altman. In parallelo, crescenti voci critiche hanno tacciato questa filosofia di ambiguità e fanatismo, poiché pone in secondo piano i bisogni reali delle persone a beneficio delle teorie di ristrette élite. Ma quali reazioni suscita negli italiani?
Solo il 7% degli intervistati è totalmente d’accordo con il lungotermismo, anche se chi è concorde almeno in parte con questa scuola di pensiero è quasi un italiano su quattro. È quanto emerge dal sondaggio Radar Swg del 21-27 ottobre condotto su un campione di 800 soggetti.
La società di ricerca ha esplorato anche le opinioni degli italiani sul rischio estinzione per il genere umano: le risposte, in un’ottica d’insieme, sono abbastanza sorprendenti. Se appena il 10% pensa che il genere umano sia a rischio estinzione entro la fine del secolo, ben il 23% fa propria questa prospettiva in uno scenario a due o trecento anni. In sintesi, oggi un italiano su tre ritiene che l’umanità potrebbe realmente estinguersi entro tre secoli.
Rilevante il quesito sulla necessità di investire in tecnologia per trovare altri pianeti abitabili e raggiungibili, in modo da essere pronti quando la terra sarà invivibile. L’8% dei rispondenti si è detto d’accordo con questa affermazione, giudicandola una priorità, mentre il 32% pensa che prima o poi bisognerà farlo, ma non vadano impegnate troppe risorse al momento su questi progetti.
Un dilemma centrale esplorato dalla survey ha riguardato l’importanza di far sopravvivere il genere umano il più possibile, oppure se considerare l’estinzione un elemento inevitabile. Circa il 50% degli intervistati sostiene la necessità di garantire la continuazione della specie umana, ma c'è anche una minoranza non così esigua (37%) che considera accettabile un ciclo naturale che possa includere l’estinzione. Significative le differenze generazionali: tra i giovani prevale un atteggiamento decisamente più fatalista sull’estinzione rispetto ai senior.
A proposito di nuove generazioni, pianificare i risparmi genera stress proprio tra i più giovani, che faticano a tenere in ordine i conti e vorrebbero maggiore supporto dalle banche. Se in generale il risparmio appare difficile per molti italiani, sono i Millennials e gli appartenenti alla Generazione Z coloro i quali hanno maggiori difficoltà a risparmiare. Questo dato, dice Swg, riflette una prospettiva futura in cui la stabilità finanziaria potrebbe diventare sempre più complessa da raggiungere, condizionando così anche il benessere e la capacità di investimento nelle nuove generazioni. Infine, parlare di soldi divide: per i Boomer se ne può e se ne deve parlare apertamente, per i più giovani è un tema scomodo, che provoca tensione e imbarazzo.
Copertina: Verne Ho/unsplash