Costruire immaginari: come le narrazioni fantascientifiche aiutano a plasmare il futuro
Romanzi, film e serie tv sci-fi raccontati al Congresso nazionale di Futures studies dell’Iif. Queste opere possono individuare i “segnali deboli” che caratterizzeranno i trend dei prossimi anni.
di Flavio Natale
Perché è importante immaginare? È da questa domanda che si è mosso uno dei panel del Congresso nazionale di Futures studies “Futuri (im)possibili”, organizzato dall’Italian Institute for the future dal 28 al 30 settembre. Il panel, dal titolo “Storie dal domani: l’evoluzione dell’immaginario futuristico”, è stato moderato da Adolfo Fattori, docente presso l’Accademia delle Belle Arti di Napoli, e si è aperto con l’intervento del futurista ed etnografo Galdino Pedron. “Se si parla del futuro si parla del presente. L’unica informazione che possiamo avere, di cui possiamo essere certi, è il presente”, ha commentato Pedron. Per questo è così importante secondo Pedron individuare i “segnali deboli”, primi indizi di un possibile trend futuro. “Dopo la linea del presente si hanno solo le wild card, le visioni, le idee. L’immaginazione ti permette di arrivare nel futuro”.
Wild card - L’idea più pericolosa del mondo
Quale idea potrebbe, se accettata dalla maggioranza, pregiudicare il futuro benessere umano?
di Roberto Paura, Italian Institute for the Future
A seguire è intervenuta Gloria Puppi, presidente del Novus Lab e membra del consiglio direttivo dell'Italian institute for the future, che ha approfondito il tema delle narrazioni fantascientifiche in ambito cinematografico. Il suo intervento si è concentrato in particolare sul concetto di looming future (da “looming”, incombente), neologismo coniato da Puppi per identificare un nuovo genere (o sottogenere) cinematografico in cui viene trattato il futuro a brevissimo termine (da non confondere con il near future, ovvero il futuro a breve termine).
“Manca nella terminologia cinematografica una parola che identifichi le narrazioni che riguardano un futuro che potrebbe verificarsi da qui a 10 anni”, ha detto Puppi. “Black Mirror è il primo segnale debole di questo sottogenere cinematografico. Non racconta né un’utopia né una distopia, ma un’eterotopia, come direbbe Michel Focault. Tutto è connesso e quindi tutto è possibile”.
La serie televisiva inglese tratta storie del nostro presente (come esempio, Puppi ha portato Be right back e Joan is awful, due episodi di Black Mirror). Altri esempi di film o serie tv sono Upload, Reminiscence, Extrapolations. “Cosa hanno in comune tutte queste opere? Introducono dispositivi tecnologici nella narrazione, senza risultare invadenti; parlano dei megatrend attuali; individuano lo zeitgeist, mescolandolo a un futuro a breve o brevissimo termine. Inoltre, sono storie che non si concentrano sempre sul collasso, ma anche sulla crescita”.
A seguire sono intervenuti Massimiliano Ruzzeddu, ricercatore presso l’Università Niccolò Cusano, e Silvia Bernardini, Ceo e Founder di Sky Walker Srl. Mentre Ruzzeddu ha approfondito il legame tra tempo e studi sul futuro, affermando che “esistono diverse concezioni del tempo, a seconda della cultura, che forniscono diverse rappresentazioni del futuro, che a loro volta vanno a influenzare l’azione di noi esseri umani”, Bernardini ha scandagliato la capacità della cinematografia fantascientifica di intercettare i trend futuri, e di come il pubblico riceva questi messaggi. “Dune (nella versione di David Lynch, ndr) è un film che affronta tematiche come la desertificazione, la diversità del potere d’acquisto e altri aspetti che sentiamo oggi problematici. Queste opere propongono spesso anche delle soluzioni. Perché non impariamo da chi ha proposto degli strumenti all’interno dei film?”
Ma, avverte Bernardini, più l’opera è complessa, articolata, stratificata, più la ricezione del pubblico, nel breve periodo, è ridotta. “Il ritorno economico si verifica sul lungo periodo, perché c’è una necessità di vedere e rivedere le cose più a lungo”. Al contrario dei film che affrontano una tematica sola e “che guadagnano di più”. Tanto più un film è complesso, dunque, tanto meno ha successo, conclude Bernardini, che si domanda: “Cosa siamo disposti a capire e di cosa abbiamo paura?”
Ha chiuso gli interventi Chiara Xausa, professoressa dell’Università di Bologna, che ha parlato degli immaginari futuri nella letteratura young adult, con un focus sulla climate fiction (o cli-fi). “Termini come ‘ecoansia’ sono diventati mainstream. I giovani e le giovani hanno una paura cronica della catastrofe ambientale, unita a un sentimento di impotenza. Questi libri sono scritti per i ragazzi, perché sono loro che pagheranno le conseguenze di questa crisi”.
Secondo Xausa, la crisi climatica ha dato il via a una nuova forma di scontro intergenerazionale, catalizzatore dell’attivismo politico della nostra epoca. “Una delle funzioni principali di queste opere (come i libri della serie The Carbon diaries) è quella di sensibilizzare ragazzi e ragazze a diventare adulti, ed ecocittadini, di domani”. Una crisi che però non è solo climatica, conclude Xausa, ma sistemica, e per cui la “radicalizzazione politica”, spesso osteggiata, “potrebbe creare nuove possibilità per una speranza utopica”.