Decidiamo oggi per un domani sostenibile

Come affrontare i problemi della sostenibilità?

La ricerca del benessere crescente, se non soddisfatta, può scatenare critiche verso la transizione verde. Gli studi identificano 15 percorsi di risoluzione dei problemi, che possono essere gestiti dalle imprese. 

lunedì 1 luglio 2024
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  1. Il tema: il benessere è in contrazione, aumenta la centratura su se stessi, aumenta l’indifferenza verso la sostenibilità nel suo complesso e verso i due pilastri che ne sono alla base, ovvero il rispetto dell’ambiente e degli altri (inclusione, senso civico, etica).

  2. Ciò non toglie che il tema della sostenibilità debba essere al centro dell’attenzione, e nessuna delle sue tematiche possa essere rinviata (l’Agenda 2030 non sta raggiungendo i suoi Obiettivi).

  3. Vediamo le cause di questa indifferenza, e i possibili rimedi.

  4. Circa le cause:
  • C’è una causa basica dominante e strisciante, che non dà segnali di contrazione;
  • E ci sono altre due cause aggravanti, sperabilmente temporanee (ma non è certo che lo siano).
  1. La causa basica, dominante e continuativa. La storia che ci sta alle spalle, fino a 20 anni fa, ha avuto sempre una determinata caratterizzazione: la grande maggioranza degli Italiani (oltre l’80%) non ha mai avuto una formazione culturale. Si è sempre avuto a che fare, quindi, con persone che non hanno mai avuto aspirazione di protagonismo: individui rassegnati, con l’unico obiettivo di riuscire a vivere, arrivando a fine mese con il denaro a disposizione.

È sempre mancata la formazione culturale, e quindi – salvo rare eccezioni – non sono mai stati adottati i due metodi basici per raggiungere entrambi gli obiettivi del vivere bene, che produce benessere:

  • Primo obiettivo: crearsi una propria identità, raggiungere se stessi, percepirsi come un “individuo” – non solo parte di una “massa” – con buona capacità critica. Il metodo per raggiungere questo primo obiettivo è la frequentazione delle scuole medie superiori.

  • Secondo obiettivo: percepirsi come parte attiva di un insieme in cui esistono anche gli altri, entità fondamentali della propria esistenza. Individui da rispettare, includere, nel caso aiutare. Senza una relazionalità positiva con gli altri, non esiste nessuna forma di vita. Questo obiettivo lo si raggiunge se si è guidati dal senso civico, dall’etica. Il metodo per raggiungere questo secondo obiettivo è l’investimento serio nella cultura: università, con il deciso desiderio di impegnarsi e laurearsi.

In questi ultimi 20 anni la grande maggioranza ha raggiunto (per la prima volta) il primo obiettivo, ma solo una piccola minoranza ha raggiunto anche il secondo (il problema sta nell’impostazione della scuola, impositiva e distaccata, e tutt’altro che “desiderabile”).

Quindi, rispetto al passato, massima centratura su se stessi (ma solo su se stessi), con forte aspirazionalità al protagonismo.

Ma nello stesso periodo, però, il sistema economico ha avuto forti problemi – globalizzazione e varie crisi finanziarie – e questa nuova gente (giovane), così fortemente aspirazionale, è in prevalenza caduta nel precariato: da qui nasce il desiderio di protezione, il populismo, la delusione rispetto alle aspettative che si erano create, la contrazione del benessere rispetto alle attese, la centratura su se stessi, e la contrapposizione verso la sostenibilità. Una parte sempre più importante della popolazione dice: prima vengo io, poi, nel caso, verranno gli altri e l’attenzione per il loro futuro. Solo una parte minoritaria (più elitaria), in stato di benessere, pensa alla sostenibilità.

Questa grande causa è strisciante e crescente in questi ultimi anni.

  1. Le altre due cause aggravanti:
  • Le tensioni internazionali (soprattutto guerra in Ucraina), con l’aumento dei prezzi e dell’inflazione, hanno provocato un’ulteriore chiusura in se stessi, con un’ulteriore richiesta di protezione e aiuti.

  • Il Covid-19 e in particolare il lockdown, hanno creato, soprattutto nelle fasce più giovanili, disturbi mentali – senso di solitudine, stati d’ansia, complicazioni caratteriali – con conseguenti isolamenti, chiusure in se stessi, avversità verso tutte le tematiche dell’inclusione.

Queste due cause hanno ulteriormente diminuito la percezione di benessere (rispetto alle attese), presso la maggioranza della popolazione, e ulteriormente contratto, in modo molto significativo, la propensione versi i temi della sostenibilità.

Benessere al centro delle politiche imprenditoriali per costruire aziende più sostenibili

Necessario investire di più sulla soddisfazione dei dipendenti. Per farlo, non bisogna tenere conto solo della relazione impresa-individuo, ma anche degli aspetti della vita indipendenti dalle dinamiche aziendali. 

  1. La posizione dei due segmenti verso la sostenibilità. Si sono quindi creati due segmenti, che si stanno sempre di più differenziando:
  • La parte più matura, colta, tendenzialmente più elitaria, che dichiara una percezione elevata del proprio benessere.

  • La parte più incerta, più giovanile, con forte senso di delusione rispetto alle attese, arrabbiata, che non si sente affatto soddisfatta del livello di benessere raggiunto.

Bene, questi due segmenti hanno posizioni opposte verso la Sostenibilità.

Per esemplificare, presso questi due grandi segmenti:

  • … la minoranza che si percepisce in stato di benessere.
  • … la maggioranza che non si percepisce in stato di benessere.

… il sostegno dei due grandi pilastri della sostenibilità (ambiente e rispetto degli altri/etica), è radicalmente opposto:

  • Sensibili alle tematiche ambientali: 81% (in stato di benessere), 17% (in stato di non benessere).
  • Sensibili alle tematiche relazionali (etica): 85% (in stato di benessere), 17% (in stato di non benessere)

Il vero problema è che quelli che non stanno bene sono la maggioranza.       

  1. La rilevanza oggettiva della sostenibilità. Il tema è davvero importante, considerata l’oggettiva gravità crescente dei degradi ambientali e delle tensioni contrappositive sociali: l’Agenda 2030 mostra delle evidenti difficoltà a raggiungere gli obiettivi che sostanzialmente tutto il mondo dal 2015 riteneva non rinviabili (193 Paesi dell’Onu). Quindi non c’è ombra di dubbio che tutte le aziende debbano comportarsi in modo sostenibile.

  2. Le aziende devono assumersi questo impegno, anche se possono non esserci dei ritorni di desiderabilità per le stesse. Si ritiene doveroso che il comportamento delle imprese debba essere sostenibile. Ormai, però, non desta più meraviglia il fatto che un’impresa sia sostenibile: lo si dà ormai per scontato. E in effetti, verificando la correttezza di un’azienda Sostenibile, che agisce e comunica, piuttosto che l’indifferenza di un’azienda che non se ne preoccupa, che non agisce e quindi non comunica, non si notano reazioni particolari di attrattività o rifiuto. È come se ormai tutte le imprese di cui ci si è sempre serviti stiano adottando comportamenti che non creano problemi, senza la necessità di verifiche più attente. Quindi i ritorni di immagine di investimenti in sostenibilità possiamo dire che non siano significativi.
  1. La sostenibilità aziendale è la vera soluzione salvifica dal punto di vista ambientale/sociale?

Il problema è importante, perché il comportamento sostenibile deve riguardare non solo le aziende, ma tutte le componenti attive, che siano connesse alla produzione, piuttosto che al consumo.

Se i produttori fossero sostenibili, ma i consumatori avessero dei comportamenti di indifferenza, non coinvolti nelle pratiche di sostenibilità e correttezza, il problema non si avvierebbe di certo a soluzione.

Perché il comportamento della gente possa essere corretto per questi aspetti, bisognerebbe però “iniettare” nella popolazione la componente culturale del senso civico e dell’etica, cioè del rispetto del contesto in cui si vive da tutti i punti di vista, ambiente compreso.

Ma di questa esigenza – connessa alla formazione culturale – nessuno si preoccupa, e quindi solo una parte minoritaria della popolazione ne è dotata.

Peraltro la formazione culturale è anche l’ingrediente fondamentale per raggiungere il benessere, e, come si è detto in precedenza, si è constatato che chi si percepisce in stato di benessere è indotto a pensare e investire sul futuro, sul benessere di chi verrà; cioè mette in atto comportamenti corretti e sostenibili.

Ribadiamo il concetto, perché è importante: le ricerche sociali mettono in chiara evidenza che chi non si percepisce in stato di benessere – gente completamente formata sul piano culturale – non pensa affatto agli altri e al futuro. I propri bisogni di breve periodo hanno la precedenza, indipendentemente dalla correttezza dei comportamenti. Non si vuole sentire parlare di sostenibilità.

Quindi il comportamento sostenibile delle imprese, per quanto fondamentale, non si presenta affatto come la soluzione del problema: esiste il problema dei consumatori non in stato di benessere.

  1. E quindi, che cosa fare: intervenire sugli individui investendo sulla formazione?

Dobbiamo quindi spostare l’attenzione sugli individui. Di fatto coloro che completano la formazione culturale sono pochi: anche nelle nuove generazioni – ultimi 20 anni – presso le quali lo studio si è protratto fino alle medie superiori, coloro che hanno completato la formazione, e si sono laureati, non sono più del 20%.

E questo non è un problema facile da risolvere, quanto meno in breve tempo, anche se venisse diagnosticato da chi deve prendere delle decisioni. Ma in realtà nessuno si rende conto del problema, e nessuno agisce.

Il tema fondamentale è la non corretta impostazione della formazione culturale in Italia (ma non solo). La scuola media superiore ha un’impostazione rigida e contrappositiva verso gli studenti. È la scuola che deve cedere cultura agli studenti, e quindi si deve impostare per essere “desiderabile”. Invece la scuola non fa il “marketing” di se stessa, e non rendendosi desiderabile e disponibile ad aiutare a risolvere gli eventuali problemi – tenendo conto, tra l’altro, che l’età adolescenziale ne ha fortissima necessità – è percepita distante, e destinataria di sentimenti non positivi: il 75% degli studenti delle medie superiori ha un rapporto di tensione, con desideri di allontanamento. Lo studio non attrae, e viene interrotto.

Le soluzioni ovviamente esistono (vedi Giappone), ma c’è la necessità di capire il problema, e di avere la disponibilità a fare progetti di lungo periodo; tema complesso: nella gestione politica l’attenzione è solo sul breve periodo.

E quand’anche questa fortuna ci assistesse, i tempi per ottenere risultati sarebbero molto lunghi: il tutto sarebbe certamente da attivare, ma la sostenibilità chiede risposte molto più rapide.

  1. Altre soluzioni da parte delle imprese? Innanzitutto il clima atteso. Su questo tema ci siamo soffermati più volte, in questi ultimi tempi. Ma stante la sua rilevanza, e anche la sostanziale inattività della grande maggioranza delle imprese in queste direzioni, si ritiene doveroso riaffermare alcuni concetti.

Il benessere non è un fatto oggettivo, ma dipende dalla percezione che ci si crea, tenendo conto delle proprie esigenze.

Ribadiamo l’innesco del problema, già esposto all’inizio di questo documento: le nuove generazioni, attraverso il completamento – pur sofferente – delle scuole medio superiori (che fino a 20 anni fa avveniva solo per micro-minoranze), hanno acquisito una propria individualità, un buon senso critico, e una forte centratura su se stessi. Questa centratura su di sé è rimasta massima, perché ben pochi hanno proseguito gli studi; quindi ben pochi hanno acquisito anche senso civico, etica ed attenzionalità per gli altri.

Questa centratura su di sé ha come implicita attesa l’attenzione verso la propria persona da parte degli altri. Se ciò dovesse verificarsi, la percezione del proprio benessere ne riceverebbe un contributo veramente significativo: la variabile che crea benessere – prima ancora della disponibilità di denaro – è infatti la serenità del contesto della propria esistenza, determinata dall’essere destinatari di attenzioni. Il clima relazionale in cui si vive ha un ruolo determinante. Ma così non è.

  1. Il ruolo delle imprese. In questa situazione, le imprese del sistema economico hanno un ruolo prioritario. Tutti gli individui hanno “per definizione” una fortissima e irrinunciabile relazione con le imprese:
  • Il 62% degli individui lavora nelle imprese.
  • Il 100% degli individui fruisce di beni / prodotti / servizi messi a disposizione dalle imprese.

Quindi si è lavoratori, e clienti/consumatori.

Negli ultimi anni, e in modo sempre più progressivo, contraendosi progressivamente il benessere, anche come conseguenza della crescente centratura su di sé, e quindi di crescita delle attese, non c’è mai stata rassegnazione come in passato.

E non aspettandosi più nulla dal sistema pubblico, le attese verso le imprese si sono progressivamente impennate: non per disporre di migliori prodotti, a prezzi più interessanti, ma per essere aiutati a crearsi un contesto di maggiore benessere. È richiesta una sempre maggiore assunzione di responsabilità sociale da parte delle Imprese: cioè essere aiutati a vivere meglio – che significa una maggiore “attenzionalità”:

  • sia come lavoratori,
  • che come consumatori.
  1. Le imprese: il rapporto con i lavoratori. Stante il fatto che il tempo dedicato al lavoro è una percentuale dominante del tempo vitale, il primo obiettivo dell’impresa – per vivere bene – è fare in modo che al suo interno si crei una vera “community” di alleanze, di “fratellanze”, di convergenze di interessi, non solo professionali. Come si è accennato sopra, la relazionalità positiva, la partecipazione a iniziative di comunanza non solo professionale, crea gratitudine: la gente sta meglio, si sviluppa la partecipazione all’impresa, la relazionalità con l’intero sistema, l’etica.

Aumenta il benessere, e aumentano le propensioni verso la sostenibilità. Devono essere previsti anche investimenti, ma non solo professionali: ciò che garantisce un massimo di ritorni di gratitudine, sono gli investimenti work-life balance (*). I lavoratori sono sorpresi, e desiderosi di ringraziare con un massimo impegno professionale.

  1. Le imprese: il rapporto con i consumatori. Nei confronti delle imprese i consumatori non si aspettano più di tanto miglioramenti nell’attività classica: verso la qualità, i prezzi, la distribuzione dei prodotti non si rilevano particolari attese di maggiore vicinanza alle proprie esigenze.

Ci si aspetta invece una maggiore vicinanza relazionale da tutti i punti di vista, anche comunicazionale, pur con evidenti variabilità nei diversi settori di attività. L’importante è che si sviluppi una maggiore percezione di vicinanza per un maggiore benessere dei clienti, con iniziative non necessariamente connesse ai prodotti. I ritorni, già constatati, sono molto chiari:

  • Gratitudine e aumento di fedeltà.
  • Maggiore benessere dei clienti, vita più serena (… e più sostenibilità).

 

(*) Per agire in questa direzione il primo passo è comunque quello di condurre una diagnosi corretta dell’attuale percezione del proprio Benessere da parte dei Dipendenti / Collaboratori. Si tratterebbe di condurre dei sondaggi sui dipendenti, trattando tutte le aree del benessere individuale. Verrebbe trattato anche l’employee satisfaction, ma sarebbe solo un capitolo di un obiettivo ben più ampio. Le tecniche per queste diagnosi sono già disponibili, ed efficaci.

Copertina: Alena Koval/pexels