Benessere al centro delle politiche imprenditoriali per costruire aziende più sostenibili
Necessario investire di più sulla soddisfazione dei dipendenti. Per farlo, non bisogna tenere conto solo della relazione impresa-individuo, ma anche degli aspetti della vita indipendenti dalle dinamiche aziendali.
Una constatazione, che sempre più frequentemente viene fatta, è che alle imprese non è ormai più di tanto richiesto di fare meglio il proprio mestiere classico: i prodotti/servizi messi a disposizione nella grande maggioranza dei casi sono giudicati di buona qualità. Non ci sono attese per miglioramenti.
Alle imprese si ritiene però di poter fare altre richieste: la più importante – stante la complessità sociale del periodo che stiamo attraversando - ha a che fare con una maggiore assunzione di responsabilità sociale.
All’interno delle varie aree di responsabilità sociale, la più richiesta ha a che fare con un maggior impegno nell’investire sui propri dipendenti, in logiche di work-life balance: in altri termini, l’obiettivo è investire sul loro benessere, che di fatto è il vero obiettivo della loro esistenza. Il metodo è anche investire sulla loro professionalità, ma sempre sapendo che l’obiettivo è il benessere.
La constatazione oggettiva che è stata fatta è che nei limiti in cui l’impresa investe sul benessere dei dipendenti, viene garantito il ritorno sul loro massimo impegno professionale. Di fatto, quindi, è un investimento che promette ottimi ritorni per l’impresa.
Non si parla di “employee satisfaction”, ma di benessere dei dipendenti in ciascuno degli ambiti della propria esistenza. L’employee satisfaction verrebbe anche rilevata, ma sarebbe solo un ingrediente dell’analisi.
Stante questa grande verità, l’impegno prioritario di una'impresa che vuole sviluppare una politica di questo tipo, vincente nel medio-lungo periodo, è quello di fare diagnosi del livello di benessere attuale dei propri dipendenti in tutte le principali singole aree della propria esistenza, per poi progettare gli interventi di ottimalizzazione.
Nei tre paragrafi che seguono, riprendiamo questi tre temi: difficoltà di vita, ruolo delle Imprese, come agire.
Le difficoltà di vita
Percepire se stessi in uno stato di benessere è fondamentale. Abbiamo solo questa vita, e l’obiettivo primario è viverla bene, da tutti i punti di vista. Tutto il resto è “metodo”. Come già accennato, anche la professione e il denaro sono metodi. Ripetiamo: l’obiettivo vero è vivere bene la vita nella sua complessità, percepirsi in uno stato di benessere: ed è una condizione per ridurre la contrapposizione e favorire l’etica.
I risultati delle ricerche sociali mostrano che purtroppo raggiungere questo obiettivo è sempre più difficile, non solo perché il contesto sociale in cui si vive è sempre più complesso e teso, ma anche perché con l’andare del tempo gli individui aumentano la propria capacità critica - è un'evoluzione naturale – e le attese su ciò che si vorrebbe ottenere sono sempre più elevate
Un po’ tutti i segmenti sono coinvolti, non solo quelli di status modesto. Non si tratta infatti solo di un problema economico: ci sono tensioni sociali di varia natura che coinvolgono individui appartenenti a tutti i segmenti.
La gente ha bisogno di essere al centro dell’attenzione, e spesso ha anche bisogno di aiuto. Fino a qualche tempo fa c’era la speranza di poterlo in qualche modo ottenere dal sistema pubblico. Ma questo sistema non ha del tutto capito i problemi: ha adottato parziali soluzioni, solo di breve periodo, e di entità modeste, destinate solo a segmenti in stato di effettiva necessità economiche.
In realtà i bisogni di vicinanza e aiuto sono molto più articolati, e coinvolgono segmenti ben più ampi della popolazione, diversi da quelli in stato di carenza basica di denaro.
Un unico obiettivo: la vita, da vivere bene
Alla base della crescita di un cittadino sono due le componenti essenziali: istruzione e senso civico. Necessari maggiori investimenti per il futuro.
di Remo Lucchi, presidente Advisory board Eumetra Mr
Il ruolo delle imprese
Dato che il sistema pubblico non risponde – per vari motivi, non solo per carenza di risorse –, le attenzioni della gente si stanno sempre più rivolgendo verso il sistema economico. Le imprese hanno sempre giovato di una maggiore credibilità: peraltro ci hanno sempre consentito di vivere, dandoci beni, prodotti, servizi, lavoro, denaro.
In questi ultimi anni le attese di aiuto dalle imprese sono massimamente lievitate: alle imprese si chiede non solo di continuare a fare bene il loro classico mestiere – di proporre prodotti e servizi di buona qualità, a un prezzo corretto -, ma anche di aiutare la gente, assumendosi Responsabilità Sociale (Esg).
E uno dei temi più importanti delle richieste in ambito Esg è sempre più quello di investire sui lavoratori.
Il tema è di rilevante importanza, anche perché sta evolvendo sempre di più in una direzione nuova: come già anticipato, non si tratta solo della richiesta di un investimento professionale, ma appartiene alla logica work-life balance. L’obiettivo di chi lavora è vivere bene, percepire uno stato di benessere, e la professione è uno dei metodi per raggiungere questo obiettivo.
In realtà la gente pensa alla propria esistenza nella sua complessità, e stante il fatto che dedica tutto il suo tempo vitale all’impresa in cui lavora, l’attesa forte è che l’impresa debba pensare a investire non solo sulla sua professionalità, ma anche sul suo benessere extraprofessionale.
E per certo, investimenti di questo tipo hanno poi i migliori ritorni di gratitudine, che si traducono in un impegno professionale ottimale.
Come agire: è necessaria una diagnosi preliminare
Innanzitutto ribadiamo: agire nella direzione del "Benessere extraprofessionale” è ciò che ci si aspetta maggiormente, ed è l’investimento che promette i ritorni più interessanti per l’impresa.
Quindi il processo di azione deve essere massimamente curato. Per agire in questa direzione, il primo passo è quello di condurre una diagnosi corretta dell’attuale percezione del benessere da parte dei dipendenti e collaboratori.
Attenzione, come già accennato non si tratta affatto di condurre verifiche dell’employee satisfaction: le modalità lavorative sono solo un ingrediente del benessere dell’individuo. L’obiettivo centrale non deve essere la relazione impresa-individuo, ma la diagnosi del benessere dell’individuo in tutte le manifestazioni del vivere, indipendentemente anche dall’impresa. C’è anche un’analisi del lavoro, ma è solo uno dei tanti ingredienti.
Si deve essere chiari nell’impostare tutte le comunicazioni e operazioni per verifiche di questo tipo. Si ribadisce: l’obiettivo non è l’analisi della soddisfazione per il lavoro, ma è l’analisi per la soddisfazione della vita dell’individuo.
Stante questo obiettivo, l’analisi deve poi porre massima attenzione all’individuazione e comprensione delle variabili causali, cioè di quelle che sono percepite – dalla mente dell’individuo – come determinanti il proprio benessere, tenendo conto di tutti i momenti ed elementi del proprio modo di vivere.
Su come dapprima individuarle, e poi agire, sono disponibili tecniche particolarmente efficaci.
Copertina: Brooke Cagle/unsplash