Nuova terapia contro i batteri resistenti agli antibiotici
A lanciarla è una startup creata da una ricercatrice con un team di giovani scienziati rientrati dall’estero.
È docente di Microbiologia presso l’Università di Pisa, ricercatrice e Ceo, oltre che co-founder, della startup Fagoterapia Lab: Mariagrazia Di Luca sembra smentire il luogo comune che vorrebbe la scienza luogo maschile d’elezione e l’Italia un Paese non per donne scienziate.
All’estero è andata, a Berlino per la precisione. Ma poi è tornata nella sua Pisa dove ha tutta l’intenzione di rimanere.
Non per questo rinnega l’esperienza fatta tra il 2016 e il 2018 al Charité, uno dei più grandi ospedali d’Europa, “un’esperienza umana prima che professionale che tutti dovrebbero fare, come consiglio anche ai miei studenti”.
Una scelta la sua, più che una necessità, dettata dall’ambiente in cui è cresciuta. Il post-dottorato di ricerca alla Normale di Pisa, una delle eccellenze italiane, l’aveva inserita in un contesto di relazioni internazionali facendole capire quanto fosse importante confrontarsi con realtà diverse dalla propria.
Nell’ospedale tedesco ha studiato in particolare le infezioni da Biofilm, generate da batteri che vivono in comunità microbiche e che quindi sono più resistenti (“persistenti” si dice in termine tecnico), come per esempio quelle che possono colpire i pazienti operati di protesi all’anca o portatori di dispositivi quali il pacemaker.
E sempre durante l’esperienza berlinese ha conosciuto Novella Cesta con cui ha cominciato a discutere dell’idea di creare una startup sulla fagoterapia, settore non presidiato da nessuno in Italia, e che oggi condivide con lei oltre che con Stefano Cheli e Giuseppe Maccari l’avventura di questa impresa innovativa.
Rientrata in Italia nel 2019, proprio poco prima che scoppiasse la pandemia da Covid-19, Di Luca e i suoi colleghi, rientrati a loro volta dall’estero, hanno dato vita al progetto.
Donne e lavoro: il futuro è nella scienza?
Le professioni Stem sembrano le più promettenti, ma il successo può arrivare anche in altri campi. Importanti le esperienze di studio all’estero.
Ma cos’è esattamente la fagoterapia? E perché è così importante?
Si tratta di un trattamento che utilizza particolari virus, innocui per l’uomo, ma in grado di colpire i batteri e soprattutto quelli resistenti agli antibiotici. Grazie a un algoritmo proprietario, Fagoterapia Lab può selezionare per un dato batterio i migliori fagi creando rapidamente formulazioni terapeutiche efficaci.
L’importanza di questa terapia è data dal fatto che, a causa dell’uso massiccio di antibiotici, la resistenza batterica è in forte crescita: l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha stimato che se non vengono rapidamente sviluppati nuovi farmaci, le infezioni da batteri resistenti potrebbero diventare la causa di 10 milioni di morti all’anno entro il 2050.
Ma c’è anche un altro aspetto importante, ed è il fatto che questo tipo di terapia permette una personalizzazione che le cure a base chimica non consentono.
Però (c’è quasi sempre un però…) in Italia attualmente queste terapie, che a livello europeo sono inquadrate come farmaci di origine biologica, non sono consentite se non in casi molto particolari. Nel nostro Paese mancano infatti le normative per il loro utilizzo e vengono quindi impiegate solo per un uso “compassionevole”, un po’ l’ultima spiaggia nei casi in cui nessun’altra terapia funziona.
“Riceviamo molte richieste da colleghi e dagli stessi pazienti”, riferisce Di Luca, “ma finora i casi trattati sono in numero molto limitato e il trattamento deve essere autorizzato dal Comitato etico”.
Al momento gli unici Paesi in Europa in cui è praticata la fagoterapia sono Belgio e Francia.
Ma Di Luca è ottimista. Non solo perché gli scienziati lo sono di default, ma anche perché, dice, “negli ultimi tempi si assiste a un’impennata di lavori scientifici sul tema a livello globale”, segno che la consapevolezza dell’importanza di questa ricerca si sta facendo strada. Inoltre, afferma, “in Italia stiamo riuscendo a dialogare sia con le istituzioni che con la comunità scientifica”.
Quanto ai finanziamenti, tasto in genere piuttosto dolente, dal Pnrr sono stati messi a disposizione fondi che dovrebbero coprire i progetti approvati fino al 2027.
“Da parte nostra ci poniamo l’obiettivo di coniugare il rigore scientifico con la sostenibilità economica di queste terapie”, afferma Di Luca, consapevole che “una nuova terapia solleva sempre un po’ di scetticismo, soprattutto se come in questo caso è nuova anche da un punto di vista concettuale”.
Oggi va di moda parlare di medicina personalizzata, ma pochi in realtà sanno che cosa significhi e quali difficoltà comporti.
Purtroppo, come abbiamo già sperimentato con la pandemia da Covid-19, difficilmente si gioca d’anticipo per affrontare i problemi ma si aspetta che siano le emergenze a costringerci ad affrontarli.