Disturbi alimentari: in aumento e in età sempre più precoce
A essere colpite sono soprattutto bambine e ragazze. Le cure ci sono, ma in molte regioni mancano le strutture riabilitative.
Bambine e ragazze che rifiutano il cibo o che, al contrario, si cibano in modo esagerato e incontrollato e poi magari si liberano del cibo in eccesso vomitando. E questo in un’età sempre più precoce, già a partire dai 10 anni.
A lanciare l’allarme è Laura Dalla Ragione, psichiatra e psicoterapeuta che ha fondato e dirige la Rete per i disturbi del comportamento alimentare dell’Usl 1 dell’Umbria, oltre a essere docente al Campus Biomedico di Roma.
“L’aumento di questi disturbi è in atto da una decina di anni e si è aggravato con l’epidemia da Covid-19”, afferma. Un trend in crescita esponenziale, considerato che tra il 2019 e il 2022 si è avuto un 30% di casi in più.
L’80% di chi ne soffre sono persone di genere femminile, ma i disturbi cominciano a fare capolino anche tra i maschi che invece fino a una decina di anni fa costituivano solo l’1%.
A essere maggiormente colpita è la fascia d’età tra i 12 e i 17 anni, con diffusione omogenea sul territorio nazionale e senza alcuna correlazione con lo status sociale o culturale delle famiglie di provenienza.
“Non è più la patologia delle principesse”, prova ad alleggerire con un’immagine metaforica Dalla Ragione. “Quello che preoccupa è che l’esordio è sempre più precoce e se non si interviene tempestivamente si determinano danni non solo a livello mentale ma anche fisico trattandosi di soggetti nell’età dello sviluppo”.
Con l’aiuto dell’esperta, proviamo a fare chiarezza su queste malattie di cui spesso si parla in modo approssimativo e poco scientifico.
L’anoressia nervosa, ossia il rifiuto del cibo affiancato da iperattività e ipercontrollo, colpisce il 30% dei soggetti.
La bulimia nervosa può essere invece di due tipi: da alimentazione eccessiva “compensata” con metodi di controllo (vomito e assunzione di lassativi) o da alimentazione incontrollata tout court. Ma attenzione: non stiamo parlando della normale abbuffata che può capitare in momenti particolari come feste o cene tra amici, qui si tratta dell’ingestione di un numero di calorie che va dalle 3mila alle 30mila, in meno di un’ora e solitamente compiuta di nascosto.
C’è poi, soprattutto tra i maschi, la bigoressia, ovvero l’assillo di acquisire un corpo muscoloso, che può portare anche all’uso di farmaci anabolizzanti, mentre la diabulimia riguarda persone in giovane età affette da diabete di tipo 1 che per dimagrire riducono o addirittura evitano le dosi di insulina giornaliere.
Un disturbo non ancora classificato ufficialmente ma che si sta diffondendo molto è l’ortoressia, ovvero l’ossessione per il cibo “giusto”, una reazione forse al degradamento dell’ambiente che porta a mettere in atto comportamenti alla portata di ciascuno di fronte alla difficoltà di incidere collettivamente su problemi che appaiono come troppo grandi e di difficile soluzione.
“L’ortoressia può portare all’intolleranza verso chi ortoressico non è, e condurre quindi all’isolamento sociale”, mette in guardia la specialista.
Alla diffusione di questi disturbi contribuiscono in misura notevole i social network e una cultura che attribuisce eccessiva importanza all’immagine esteriore della persona.
“C’è da dire che negli ultimi decenni l’offerta di cibo nel mondo sviluppato è aumentata in modo esponenziale e l’alimentazione viene vissuta come un pezzo importante della propria identità”, spiega Dalla Ragione. “Se il filosofo Feuerbach diceva che noi siamo ciò che mangiamo, oggi dovremmo dire che noi siamo ciò che non mangiamo. Basta ascoltare le conversazioni a una cena tra amici, dove spesso quest’ultimo è l’argomento principale”.
Ma se questi sono i disturbi, quali le cure?
“I trattamenti non possono che essere multidisciplinari, devono cioè riguardare sia il corpo che la mente e coinvolgere diverse figure professionali, dal medico al nutrizionista, dallo psichiatra allo psicologo”, afferma la fondatrice della Rete di assistenza umbra.
Il problema è che in metà delle regioni italiane una rete completa di assistenza non esiste, mentre ne sono dotate, oltre all’Umbria, regioni come la Toscana, il Veneto e l’Emilia Romagna. In sofferenza, anche a causa della sua popolosità, la Lombardia; in Calabria, Puglia, Lazio, le strutture sono addirittura inesistenti.
Esiste un fondo nazionale ripartito a livello territoriale, che per il 2023-2024 ha uno stanziamento di 25 milioni di euro; è stato rinnovato con l’ultima Legge di Bilancio, dopo molte proteste degli operatori del settore, anche per il 2025.
Si tratta però di una misura eccezionale, che dovrebbe invece essere resa stabile attraverso l’inserimento di questi disturbi e dei loro trattamenti nei Livelli essenziali di assistenza (Lea).
Di disturbi alimentari si può anche morire. Secondo i dati del Ministero della Salute nel 2022 i decessi correlati a queste patologie sono stati 3.200.
Se l’intervento è precoce, cioè entro il primo anno dalla diagnosi, le percentuali di guarigione però sono elevate: del 90% per l’anoressia e dell’80% per la bulimia.
Immagine di copertina: i yunmai/unsplash