Guterres: la sicurezza di cui abbiamo bisogno. Spesa militare o sviluppo sostenibile
Il segretario generale dell’Onu presenta il rapporto sull’impatto delle spese militari sugli Obiettivi di sviluppo sostenibile e invita a adottare una visione più ampia di sicurezza.
Lo scorso 22 settembre 2024, con l’approvazione in sede Onu del Patto sul futuro, i leader mondiali si sono impegnati nell’Azione 13(c) ad “Assicurare che la spesa militare non comprometta gli investimenti nello sviluppo sostenibile e nella costruzione di una pace durevole”, ed hanno chiesto al Segretario Generale dell’Onu di fornire un'analisi sull'impatto dell'aumento globale della spesa militare sul raggiungimento degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile entro la fine della settantanovesima sessione dell’Assemblea generale.
Puntuale nel rispondere all’impegno, il 9 settembre 2025 il Segretario generale António Guterres ha presentato l’atteso rapporto previsto all’Azione 13(c) del Patto sul futuro.
Nel comunicato alla stampa il Segretario Guterres sintetizza in maniera concisa che “l'evidenza è chiara: una spesa militare eccessiva non garantisce la pace”, e definisce il suo rapporto “una chiamata all’azione, Un invito a riconsiderare le priorità. Un invito a riequilibrare gli investimenti globali verso la sicurezza di cui il mondo ha veramente bisogno”.
Le parole del Segretario richiamano il titolo del rapporto : “La sicurezza di cui abbiamo bisogno - ribilanciare la spesa militare per un futuro sostenibile e pacifico”.

Dalla Dichiarazione di Tianjin una riconferma del multilateralismo e dell’Agenda 2030
Il vertice Sco non si è caratterizzato solo per una sfida all’Occidente, ma ha riaffermato l’adesione agli Obiettivi di sviluppo sostenibile e il ruolo dell’Onu, pur con riforme per dar voce ai Paesi emergenti.
Nel testo troviamo illustrato un quadro ampio di evidenze sugli impatti sociali, ambientali ed economici della spesa militare a livello sistemico e direttamente su ciascuno dei Goal dell’Agenda 2030. Il rapporto esemplifica gli impatti evidenziando come con appena il 10% circa dei 2.700 miliardi di dollari di spesa militare globale (dati del 2024), sarebbe possibile eliminare la povertà estrema sul pianeta, con solo il 4% si riuscirebbe a sfamare le attuali 700mila persone in stato di deprivazione, con il 15% si potrebbe soddisfare il fabbisogno finanziario per l’adattamento ai cambiamenti climatici nei Paesi in via di sviluppo. Valutando i possibili scenari futuri, il rapporto stima che entro il 2030 il mondo potrebbe stanziare tra 840 miliardi e 2.500 miliardi di dollari in più per la spesa militare rispetto a quanto già speso nel 2024. Ciò rappresenterebbe un’enorme quantità di risorse finanziarie che, se investite nello sviluppo sostenibile, contribuirebbero in modo significativo al raggiungimento degli obiettivi dell’Agenda 2030.
La spesa militare ha inoltre effetti diretti sull’aumento delle emissioni di gas serra e sul degrado ambientale, ha effetti diretti sull’aumento del debito pubblico, così limitando le prospettive di sviluppo delle generazioni future. Inoltre, anche se la spesa militare contribuisce al Pil nazionale attraverso salari e operazioni militari, le stesse risorse genererebbero uno sviluppo economico più forte e più ampio se investite in sanità, istruzione o infrastrutture. Il rapporto cita come esempio le ricerche sulle economie europee che dimostrano che gli investimenti sociali generano un rendimento che supera di oltre tre volte l'investimento iniziale, mentre Il moltiplicatore per la spesa militare spesso rimane inferiore a uno.
Nel quadro macro-economico globale, un aumento dell’incertezza sul futuro derivante dall'aumento della spesa militare, potrebbe scoraggiare gli investimenti minacciando la crescita potenziale, l'occupazione dignitosa, le entrate pubbliche e la spesa sociale.
Il rapporto evidenzia che la spesa militare non garantisce di fatto la sicurezza e non rappresenta un deterrente ai conflitti: al contrario, spesso alimenta la corsa agli armamenti, approfondisce la sfiducia tra i Paesi e destabilizza ulteriormente il panorama politico internazionale, minando le basi del dialogo diplomatico necessario alla risoluzione pacifica dei conflitti.
Il rapporto invoca un cambiamento fondamentale nel modo in cui comprendiamo e perseguiamo la sicurezza. Piuttosto che definire la sicurezza in termini di capacità militare, invita ad assumere un approccio multidimensionale alla sicurezza incentrato sulla persona, radicato nella dignità, nei diritti umani e nello sviluppo sostenibile. Nel contesto, viene rilanciata una delle frasi chiave dell’Agenda 2030, richiamata come guida di principio: “Non c’è pace senza sviluppo sostenibile e non c’è sviluppo sostenibile senza pace”.
Il rapporto giunge alle conclusioni proponendo agli Stati membri un’agenda in 5 punti:
- Dare priorità alla diplomazia, alla risoluzione pacifica delle controversie e alle misure di rafforzamento della fiducia per affrontare le cause profonde della crescente spesa militare.
- Portare la spesa militare al centro delle discussioni sul disarmo e migliorare l’evidenziazione dei collegamenti tra controllo degli armamenti e sviluppo.
- Promuovere la trasparenza e la responsabilità in materia di spesa militare per costruire fiducia tra gli Stati membri, aumentare la responsabilità fiscale nazionale, adottando anche sistemi di audit della spesa.
- Rinvigorire la finanza multilaterale per lo sviluppo, nel quadro dell’impegno di Siviglia, investendo nella prevenzione dei conflitti attraverso lo sviluppo sostenibile.
- Promuovere un approccio incentrato sulla persona alla sicurezza e allo sviluppo sostenibile seguendo la strada tracciata degli Obiettivi di sviluppo sostenibile.
Nei diversi punti è evidenziata l’importanza fondamentale del ruolo attivo di una società civile informata e messa in grado di garantire la responsabilità dei governi ed influenzarne le scelte nell’allocazione dei fondi dei bilanci nazionali, in modo da “promuovere la dignità umana, la giustizia sociale e il perseguimento degli Obiettivi dell'Agenda 2030, per le generazioni presenti e future”.