Con l’AI si cresce in modo diverso e cambia il ruolo degli educatori
Chatbot, tutor virtuali e giocattoli intelligenti trasformano studio, gioco e relazione di bambini e ragazzi, sollevando interrogativi sulle funzioni di genitori e insegnanti nello sviluppo delle nuove generazioni.
In classe così come a casa, l’intelligenza artificiale è ormai una presenza quotidiana per molte bambine e bambini: come ha raccontato l’Economist in un recente articolo, l’AI è ormai un aiuto per i compiti, un compagno di giochi e un amico a cui fare confidenze.
Tra i banchi di scuola
Negli Stati Uniti, ad esempio, il 61% delle ragazze e dei ragazzi che frequentano le superiori utilizza l’AI per svolgere le attività scolastiche. In Italia, secondo le stime, tra il 60% e il 70% delle giovani sopra i 16 anni ha utilizzato strumenti di AI generativa, e il 30%-40% lo fa in modo regolare. Per rispondere a questa diffusione, alcuni Paesi stanno introducendo dei corsi dedicati all’intelligenza artificiale nelle scuole. Negli Usa il presidente Donald Trump ha firmato un ordine esecutivo per “integrare i fondamentali di AI in tutte le materie”; Singapore ha avviato lezioni di base sull’AI nelle scuole primarie; la Cina intende introdurne l’insegnamento in tutte le scuole primarie e secondarie entro il 2030.
In altri casi sono gli insegnanti a servirsi dell’intelligenza artificiale per programmare le lezioni, attività ed esercizi. Il suo utilizzo, inoltre, può automatizzare le attività ripetitive, come la correzione di test standardizzati o la compilazione del registro, alleggerendo il carico di lavoro dei docenti: secondo una ricerca realizzata da Ey Italia in collaborazione con Sanoma Italia, gli insegnanti potrebbero risparmiare tra il 20% e il 30% del monte ore totale e dedicare tempo ed energie alla progettazione della didattica.
Insegnare in Italia nel 2035, tra co-piloti digitali e competenze relazionali
Il nuovo studio di EY sui docenti nell’era dell’AI: meno attività ripetitive, più didattica personalizzata, empatia e ascolto per rispondere ai bisogni dei giovani nativi digitali. Impatti diversificati nei vari gradi scolastici.
L’AI in cattedra
In alcuni Paesi è la stessa intelligenza artificiale a svolgere un ruolo attivo nell’insegnamento: nella regione delle Fiandre, in Belgio, Reading progress sviluppato da Microsoft registra le bambine e i bambini mentre leggono, correggendo gli errori di pronuncia. Altri strumenti, come Learn your way di Google, permettono di personalizzare i testi scolastici in base al livello e ai gusti di ogni alunna o alunno. In altri Paesi, come la Cina, si stanno diffondendo tutor virtuali che offrono supporto allo studio e alla preparazione degli esami.
I primi studi sull’efficacia di questi strumenti sono incoraggianti: una ricerca della Banca mondiale, ad esempio, ha rilevato che le studentesse e gli studenti nigeriani che hanno utilizzato Copilot, l’assistente virtuale di Microsoft, nel primo anno di scuola superiore hanno raggiunto un livello di inglese paragonabile a quello di due anni di scuola tradizionale. Per prevenire il rischio di un apprendimento passivo, le aziende stanno sviluppando sistemi di “apprendimento guidato” che non si limitino a fornire risposte, ma stimolino il ragionamento degli utenti.
Compagni di gioco
Sono sempre di più le aziende che utilizzano l’intelligenza artificiale per “portare in vita i giocattoli tradizionali”. L’azienda statunitense Curio Interactive, ad esempio, crea quelli che il New York Times ha definito “chatbot avvolti in peluche”: sfruttando i modelli linguistici di intelligenza artificiale questi pupazzi possono comunicare e dialogare con bambine e bambini. L’azienda giapponese Casio ha lanciato Moflin, un peluche simile a un criceto in grado di rispondere a stimoli vocali e tattili, mentre in Italia Giochi Preziosi ha messo in commercio l’orso Poe in grado di raccontare un numero potenzialmente infinito di storie.
Secondo l’Economist, le aziende cinesi, che producono la maggior parte dei giocattoli nel mondo, sono le più intraprendenti in questo settore, riflettendo la maggiore fiducia dei consumatori nell’AI. Un sondaggio dell’agenzia di pubbliche relazioni Edelman mostra che il 72% della popolazione cinese si fida dell’intelligenza artificiale, contro il 32% di quella statunitense.
Questi giocattoli offrono diversi vantaggi: intrattengono bambine e bambini mentre i genitori sono occupati, aiutano ad apprendere una lingua straniera, raccontano favole della buonanotte. Ma presentano anche alcune criticità: per alcuni piccoli diventano veri e propri amici con cui chiacchierare e a cui rivolgersi per un problema, con il rischio di non confidarsi più con i propri genitori. Un sondaggio condotto dall’organizzazione no-profi Common sense media tra gli adolescenti statunitensi ha rilevato che oltre la metà di loro parla con un chatbot più volte al mese; il 13% lo fa quotidianamente e un decimo lo tratta come un amico o un partner romantico. Per le nuove generazioni crescere con l’intelligenza artificiale è già realtà. La domanda è: riusciremo a fare in modo che si affermi come un supporto e non un sostituto alle relazioni?
Copertina: Nathan Cima/unsplash