Decidiamo oggi per un domani sostenibile

Sempre più Paesi interessati dai contenziosi climatici, impennata del “climate-washing”

Sinergie legali tra cambiamenti climatici e diritti umani, aumento delle cause nel Sud del mondo e nuove categorie di contenzioso: il panorama delle climate litigation nell’ultimo rapporto del Grantham institute.

mercoledì 17 luglio 2024
Tempo di lettura: min

Nel 2023 le cause giudiziarie intentate contro le aziende per motivi legati all’ambiente sono state ben 230. È il dato emerso dal rapporto annuale “Global trends in climate change litigation: 2024 snapshot”, redatto dal Grantham research institute, che fornisce un'analisi numerica e qualitativa del fenomeno, identificando i principali attori e le tendenze emergenti nel campo.

Il database del Sabin center for climate change law, sul quale si basa questa sesta edizione del report, contiene attualmente 2.666 cause climatiche, con circa il 70% di queste presentate dal 2015, anno dell'Accordo di Parigi. Molte delle cause più recenti mirano a responsabilizzare governi e aziende rispetto alle loro azioni climatiche. Tuttavia, il tasso di crescita dei contenziosi è diminuito rispetto agli anni precedenti, suggerendo un consolidamento degli sforzi in aree strategiche ad alto impatto. Gli Stati Uniti rimangono il Paese con il maggior numero di casi documentati (1.745 in totale), seguiti da Regno Unito, Brasile e Germania. Nuovi Paesi, tra cui Panama e Portogallo, hanno invece registrato cause climatiche per la prima volta.

Nello specifico, 146 cause sono state portate nel corso degli anni davanti a tribunali e corti internazionali, 9 di queste nel 2023. Circa il 45% dei casi e delle denunce internazionali depositati finora sono stati presentati a tribunali, organi e corti internazionali per i diritti umani, riflettendo una tendenza crescente nell'uso di argomenti legati ai diritti umani nelle cause sul clima. Nonostante le cause internazionali rappresentino solo il 5% del totale, il Rapporto rileva come abbiamo comunque il potenziale di influenzare significativamente i procedimenti nazionali.

Climate litigation: aumenta il peso delle aule giudiziarie nella battaglia climatica

Oltre 2.300 cause nel mondo: le azioni promosse dalle organizzazioni della società civile investono non solo i governi ma anche le banche e le aziende produttrici di combustibili fossili, anche in Italia.

di Ivan Manzo

I Paesi del Sud globale stanno registrando un aumento delle cause climatiche, che rappresentano circa l'8% del totale. Il 2023, inoltre, ha visto successi notevoli nei cosiddetti casi di "government framework, che mettono in discussione l'attuazione delle risposte di politica climatica di un governo. Ad esempio, nel caso KlimaSeniorinnen, che ha coinvolto l’associazione Anziane per la protezione del clima, la Corte europea dei diritti dell'uomo ha affermato che la Svizzera ha ignorato l’obbligo di tagliare le emissioni serra in misura sufficiente a ridurre il pericolo di una violazione dei diritti umani. Poche settimane dopo, però, il governo elvetico ha respinto al mittente la storica sentenza.

Dal 2015 sono stati identificati circa 230 casi di contenzioso climatico contro aziende ma solo tre nel 2023. Una delle principali tendenze è l'aumento delle cause di "climate-washing", con 47 nuovi contenziosi lo scorso anno, che hanno portato il totale a oltre 140. Inoltre, vi è stato un significativo sviluppo nelle cause che rispondo al principio "chi inquina paga" e in quelle di "corporate framework”. Quest'ultima tipologia mira a garantire che le aziende allineino le loro politiche e i processi di governance agli obiettivi climatici. È stata poi introdotta una nuova categoria che afferisce al "rischio di transizione", riguardante la gestione dei rischi climatici da parte dei dirigenti aziendali.

Il tasso di successo delle cause climatiche è vario. Per i casi di "government framework", circa il 60% ha avuto almeno una decisione giudiziaria, con un terzo di queste favorevoli all'azione per il clima. I casi "chi inquina paga" e "corporate framework" hanno avuto esiti incerti, mentre per quelli di "climate-washing" gli esiti sono stati positivi nel 70% dei casi.

Per il futuro, le autrici del Rapporto Joana Setzer e Catherine Higham prevedono un aumento delle controversie post-catastrofe e un crescente interesse per l'ecocidio e il diritto penale, date le nuove legislazioni in Belgio e le proposte di direttive Ue sui crimini ambientali. Inoltre, le sinergie tra contenzioso ambientale e climatico stanno crescendo, con strategie legali climatiche applicate a casi ambientali come l'inquinamento da plastica.

Copertina: Markus Spiske/unsplash