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L’Arabia Saudita sta costruendo la più avanzata città del futuro, ma con forti costi umani

L’eco-città che rientra nel piano Vision 2030 solleva preoccupazioni circa il suo impatto sociale ed ecologico: risorse alimentari, idriche e sfratti violenti. È solo greenwashing?

mercoledì 15 maggio 2024
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Neom vuole costruire un’economia redditizia, sostenibile e guidata dall’innovazione: protezione, conservazione e rigenerazione sono al centro del modello. Siamo un acceleratore della rigenerazione planetaria e la natura deve venire prima”. Queste le parole che si leggono sul sito di Neom, la città futuristica da 500 miliardi di dollari che dovrebbe sorgere nel 2025 nella provincia di Tabuk, in Arabia Saudita. La città è parte del piano saudita Vision 2030, con cui il Paese sta cercando di diversificare la sua economia, molto redditizia ma basata quasi esclusivamente sul petrolio.

Ali Shihabi, ex banchiere ora membro del comitato consultivo di Neom, afferma che il mega territorio includerà una città lunga 170 chilometri, chiamata The Line, che correrà in linea retta attraverso il deserto. Sarà un’eco-città senza auto e senza emissioni di carbonio ed esisterà al di fuori dei confini dell'attuale sistema giudiziario saudita, governata da un sistema legale indipendente stilato dagli investitori. Verrà costruita in più fasi, blocco per blocco, ognuno dei quali sarà autosufficiente e conterrà servizi come negozi e scuole, in modo che tutto ciò di cui le persone avranno bisogno sarà a disponibile pochi minuti a piedi o in bicicletta.

Ma quanto è praticabile costruire una città ecologica nel cuore del deserto? Secondo la dottoressa Manal Shehabi, esperta di energia presso l'Università di Oxford, valutare la sostenibilità di Neom implica considerare numerosi fattori, scrive la Bbc.

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Ci si domanda se il cibo sarà prodotto localmente, attraverso un sistema che non richieda una quantità eccessiva di risorse, o se si baserà sulle importazioni dall'estero (oggi l’80% del cibo in Arabia Saudita è importato). Neom aspira a diventare "la città più autosufficiente dal punto di vista alimentare al mondo", con un approccio rivoluzionario basato sull'agricoltura verticale e le serre. Tuttavia, rimane da vedere se questo possa essere realizzato in modo sostenibile.

Riguardo all'approvvigionamento idrico, i sostenitori di Neom affermano che sarà fornito da impianti di desalinizzazione a emissioni zero. Tuttavia, attualmente, circa la metà dell'acqua in Arabia Saudita è prodotta da impianti di desalinizzazione alimentati da combustibili fossili. Neom propone di utilizzare energia rinnovabile per il processo e di sfruttare la salamoia come materia prima industriale (anziché scaricarla in mare, come avviene attualmente). Tuttavia, finora, l'efficacia dell'utilizzo di energie rinnovabili in combinazione con impianti di desalinizzazione non ha mai avuto successo.

Per questo il principe ereditario saudita Mohammad bin Salman Al Sa'ud è stato spesso accusato di greenwashing. Il "giga-progetto" rientra nella visione di un'Arabia Saudita più verde e sostenibile, ma ha ancora molta strada da fare: sebbene il suo ultimo obiettivo punti a generare il 50% dell’elettricità con energie rinnovabili entro il 2030, nel 2019 solo lo 0,1% dell’elettricità è stata generata in questo modo e, in ogni caso, non accenna a diminuire la produzione di petrolio.

Inoltre, nonostante il deserto tra la costa del Mar Rosso e il confine montuoso con la Giordania sia stato considerato il luogo ideale per creare un mini-stato, vi è già una popolazione residente. Secondo gli attivisti per i diritti umani, due città sono state evacuate e circa 20mila membri della tribù Huwaitat, che abita da generazioni nella regione, sono stati allontanati con la forza, senza un adeguato risarcimento, per far posto alla megalopoli. La situazione è così grave che un uomo, Abdulrahim al-Huwaiti, è stato ucciso: nell'aprile 2020, al-Huwaiti ha rifiutato di essere sfrattato dalla sua casa e ha documentato la sua resistenza attraverso video online, per poi essere ucciso dalle forze di sicurezza saudite pochi giorni dopo. Tra i responsabili degli sgomberi il colonnello Rabih Alenezi, ora in esilio nel Regno Unito, che ha raccontato alla Bbc di aver lasciato il progetto: "Mohamed Bin Salman non permetterà che nulla ostacoli la costruzione di Neom... Ho iniziato a preoccuparmi di ciò che mi poteva chiedere di fare alla mia gente”.

Copertina: Kat Egoshina/unsplash