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Plastica: il doppio scenario dell’Ocse, tra timori e punti di svolta

Un’azione radicale per frenare la domanda, aumentare la durata dei prodotti e migliorare il riciclo. Oppure un accordo meno ambizioso e limitato ai Paesi Ocse. Ecco quanto costano e quali conseguenze avranno.

di Tommaso Tautonico

La plastica è diventata parte integrante dell'economia globale. È utilizzata in quasi tutti i settori economici: ci aiuta a preservare il cibo, isolare le costruzioni, viene impiegata nell'elettronica e rende i veicoli più efficienti dal punto di vista dei consumi. Tuttavia, l'enorme consumo di plastica nelle nostre società significa produrre elevati volumi di rifiuti, inquinamento persistente, danni agli ecosistemi ed un'impronta di carbonio elevata dovuta alla sua produzione. Il rapporto dell’Ocse “Global plastics outlook: policy scenarios to 2060” sostiene che senza un'azione radicale per frenare la domanda, aumentare la durata dei prodotti e migliorare la gestione dei rifiuti e il riciclo, gli impatti ambientali della plastica lungo l’intero ciclo di vita saranno più significativi che mai. Tutto ciò mentre le Nazioni unite hanno avviato i negoziati per un trattato globale sulla plastica, che però non sarà finalizzato prima del 2024.

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Plastica triplicata. Il report prevede che, in assenza di nuove politiche audaci, entro il 2060 l’uso della plastica potrebbe quasi triplicare a livello globale, passando dai 460 milioni di tonnellate del 2019 a 1.231 milioni di tonnellate. La crescita sarà più rapida nei Paesi in via di sviluppo e in quelli emergenti, sebbene i Paesi dell’Ocse produrranno ancora molti più rifiuti in plastica pro capite. In questo contesto anche i rifiuti in plastica a livello globale potrebbero triplicare. Il riciclo, secondo le previsioni, dovrebbe aumentare dal 9% del 2019 al 17% nel 2060, mentre l'incenerimento e il conferimento in discarica continueranno a rappresentare rispettivamente circa il 20% e il 50% dei rifiuti. La quota di plastica che elude i regolari sistemi di gestione, finendo in discariche incontrollate o bruciata all’aperto, dovrebbe scendere dal 22% al 15%.

Il Rapporto prevede che la dispersione di plastica nell'ambiente raddoppierà fino a 44 milioni di tonnellate all'anno, mentre l'accumulo di plastica negli ambienti acquatici sarà più che triplicato, esacerbando gli impatti sull'ambiente e sulla salute.
Le emissioni di gas serra derivanti dal ciclo di vita della plastica saranno più che raddoppiate, passando da 1,8 Giga tonnellate di anidride carbonica equivalente a 4,3 Gt CO2e.

Due scenari futuri. Il Rapporto propone due scenari per il futuro della plastica. Il primo, chiamato Regional action, è uno scenario d’azione regionale comprendente un mix di politiche fiscali e normative principalmente nei Paesi Ocse, che potrebbe ridurre i rifiuti di plastica di quasi un quinto grazie soprattutto a una tassa sul suo utilizzo, che aumenterà fino a 750 dollari per tonnellata entro il 2060, e a un aumento sulla tassa degli imballaggi. Secondo le previsioni, queste tasse limiteranno sia la domanda che la produzione di plastica, favorendo un aumento del riciclo del 40% e una diminuzione nella gestione errata dei rifiuti del 60%. Nonostante questi progressi, però, l'uso e i rifiuti di plastica potrebbero raddoppiare rispetto ai livelli del 2019. Lo scenario Global ambition riflette, invece, uno sforzo più coordinato a livello internazionale, con un livello di ambizione che mira a ridurre le perdite di plastica vicine allo zero entro il 2060. Le riduzioni dell'uso e dei rifiuti sarebbero in gran parte ottenute attraverso una tassa sulla plastica che passerà da 750 dollari per tonnellata entro il 2030 e a 1500 dollari per tonnellata entro il 2060, assieme ad un aumento sulla tassa degli imballaggi. In questo caso il riciclo aumenterebbe fino al 60%, diventando l'opzione più comune nella gestione dei rifiuti plastici. Nel frattempo, la quota di mercato della plastica come materia prima secondaria raggiungerebbe il 41% entro il 2060 e i rifiuti gestiti in modo errato scenderebbero quasi a zero. Anche la dispersione nell'ambiente subirebbe una frenata importante, con un calo dell'85% rispetto al 2019. Il pacchetto riuscirebbe a ridurre le emissioni di 2,1 Gt CO2e.

Entrambi i pacchetti, conclude il Rapporto, potrebbero essere attuati con costi economici “abbastanza limitati” per il Pil. Il Regional action porterebbe ad una riduzione del Pil mondiale dello 0,3%, ma con forti disparità regionali: i principali perdenti sono l’Africa subsahariana (1,1%) e i Paesi dell’Unione europea non Ocse (1,8%). Il Global ambition ridurrebbe il Pil dello 0,8%.

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fonte dell'immagine di copertina: 123rf/jonnysek

venerdì 1 luglio 2022