Randstad: l’AI aiuterà a compensare la carenza di lavoratori nel 2030
Circa 10,5 milioni di italiani a rischio automazione, ma l’intelligenza artificiale potrà rafforzare le competenze e generare nuove professioni. Le previsioni della Fondazione Randstad AI & Humanities.
Evitare scenari apocalittici di sostituzione totale, così come visioni ottimistiche di crescita esponenziale. Ma imparare a lavorare con l'AI, trasformandola da concorrente a collaboratrice. È l’invito contenuto nel nuovo rapporto di Fondazione Randstad Ai & Humanities “Per un’apologia del futuro del lavoro”, realizzato nell’ambito della partnership dell'ASviS Ecosistema Futuro. Il documento analizza l’impatto dell’AI sul mercato del lavoro italiano ma propone anche una serie di strategie e raccomandazioni per l’adattamento dei sistemi educativi, delle aziende e delle politiche.
Analizzando gli effetti dell’AI sulle professioni italiane, emerge che circa 10,5 milioni di lavoratori sono altamente esposti al rischio di automazione. Più interessati gli impieghi meno qualificati, come artigiani, operai specializzati e agricoltori, insieme a conduttori di impianti e operai di macchinari, e quelli esecutivi nel lavoro di ufficio. Al contrario settori come la sanità, i servizi sociali, l'istruzione e la ricerca rimangono meno esposti alla sostituzione completa del fattore umano, data l'importanza cruciale di competenze interpersonali, empatia e giudizio etico. A livello di genere, le donne sono maggiormente esposte all’AI e al machine learning rispetto agli uomini. A livello di età, il divario generazionale è evidente: i lavoratori più giovani (tra i 15 e i 24 anni) mostrano una maggiore ricettività e un'attitudine superiore all'apprendimento di nuove competenze digitali.
Governance anticipante, come disegnare il futuro dell’Italia
Il documento ASviS, realizzato nell’ambito del progetto Ecosistema Futuro, propone un nuovo approccio per integrare gli scenari futuri nella definizione delle politiche pubbliche e tutelare così le prossime generazioni.
di Elita Viola
Il quadro, tuttavia, non è unicamente negativo. Accanto alle mansioni destinate a scomparire, l’AI sta aprendo le porte anche a nuove professioni: data scientist, ingegneri di machine learning, esperti di cybersecurity e progettisti di algoritmi. In previsione potrà dunque compensare il calo demografico, che in Italia potrebbe portare a 1,7 milioni di lavoratori in meno entro il 2030. Inoltre, secondo Randstad l'impatto più sottile, e forse più profondo, dell’AI non risiede nella sostituzione totale dei lavori, quello che nel rapporto viene definito “margine estensivo”, ma nella sua capacità di ridefinire le competenze necessarie per la quasi totalità delle professioni esistenti. “Questa è la vera sfida del cambiamento al margine intensivo: imparare a lavorare con l'AI”, si legge nel documento. Questo richiede l'evoluzione di hard skills (come l'alfabetizzazione digitale e l'analisi dei dati) e, soprattutto, una riscoperta delle soft skills umane, come pensiero critico, creatività, intelligenza emotiva e problem-solving complesso. D’altra parte l’Ocse ha ribadito questa importanza introducendo il concetto di "risoluzione adattiva dei problemi" (Aps), che considera la capacità di adattarsi a un ecosistema in continua evoluzione come una competenza fondamentale.
Tra le raccomandazioni formulate nel Rapporto, l'adattamento dei percorsi formativi attraverso il learn by doing, un approccio basato sull'esperienza pratica e l'attività diretta, e il potenziamento delle competenze umane. Per le aziende, si tratta di ridefinire la propria cultura organizzativa, le modalità di collaborazione e le strutture interne in risposta a un ecosistema in rapidissima trasformazione. La sfida principale sarà gestire la compresenza di smart working e AI. I lavoratori da remoto, infatti, sono i più esposti all'algoritmo. Per questo il Rapporto suggerisce il ripensamento degli spazi fisici non più come semplici uffici, ma come hub di connessione, creatività e socializzazione, per preservare la coesione e il valore delle interazioni umane.