Dimissioni di massa: l'Italia tra i Paesi più colpiti dalla Great resignation
Una startup al femminile aiuta chi vuole lasciare il lavoro in cerca di maggiore flessibilità, più valorizzazione ed empatia.
di Annamaria Vicini
Un team al femminile per aiutare a orientarsi e promuoversi in un mondo del lavoro sempre più complesso e in evoluzione. Federica Pasini (Bridge maker), Teresa Baldini (Inspirational strategist), Nabila Lorini (Sustainable thinker), con il supporto di Federica Biancon, Roberta Dell’Apa e Fabio Vantaggiato (unico maschio presente in squadra) hanno fondato hackingtalents.it, “una piattaforma ispirazionale” per far evolvere il potenziale e dare forma alla sfera professionale di chi si trova in un momento di difficoltà rispetto al proprio lavoro. Una startup innovativa nata nel dicembre 2021 sull’onda di quel fenomeno delle “dimissioni di massa” che negli Stati Uniti, il Paese più colpito, ha preso il nome di great resignation.
Sul fenomeno, secondo Nabila Lorini, “ha sicuramente impattato l’epidemia da Covid 19, perché le persone hanno avuto più tempo per porsi domande su quello che vogliono dalla vita, anche grazie all’allentamento dei confini tra mondo del lavoro e vita famigliare dovuto allo smart working”.
E non è un caso che a dare vita alla startup sia un team di donne, perché sono proprio queste ultime che, per diverse ragioni, hanno maggiormente sofferto le difficoltà derivanti dalla crisi pandemica. Secondo l'Organizzazione internazionale del lavoro (Ilo), nel 2020 sono stati persi 114 milioni di posti di lavoro, il che equivale al 4,4% del Pil globale.
Come riporta una ricerca di ManPowerGroup, pubblicata in vista del World economic forum di Davos, il 54% delle aziende in tutto il mondo non riesce a trovare le competenze che sta cercando - tasso quasi raddoppiato rispetto a dieci anni fa: a registrare le maggiori difficoltà nel trovare i lavoratori con le giuste skills sono i datori di lavoro degli Stati Uniti (69%), Messico (52%) Italia (47%) e Spagna (41%).
Nel panorama italiano Hacking Talents ha rilevato, su un campione di 450 individui, che il 31% è interessato a trovare una nuova occupazione, mentre solo il 13% del gruppo considerato ha dichiarato di voler cambiare professionalmente rimanendo all’interno della stessa organizzazione.
In questo periodo, in cui molto si parla di difficoltà a reperire manodopera nelle imprese del turismo, l’accento viene posto soprattutto sui bassi salari offerti dalle aziende. Questo è sicuramente un aspetto da considerare, visto che l’Italia è tra i Paesi europei che hanno maggiormente perso in potere d’acquisto: basti pensare che se all'inizio degli anni '90 l'Italia era il settimo Stato europeo subito dopo la Germania per salari medi annuali, nel 2020 è scesa al tredicesimo posto, sotto a Paesi che negli anni '90 avevano salari più bassi.
Tuttavia secondo Hacking Talents quello del salario non è né l’unico motivo delle dimissioni né il più importante. Tra le difficoltà che molti lavoratori e lavoratrici segnalano c’è lo stress lavorativo (burnout), che non sarebbe dovuto solo a sovraffaticamento per un impegno eccessivo ma anche a un’organizzazione del lavoro troppo rigida oltre che a un disagio derivante dal non sentirsi apprezzati, valorizzati e ascoltati dai manager aziendali, poco inclini all’empatia verso i propri collaboratori.
Nella ricerca già citata, Hacking Talents ha rilevato che il 35% degli utenti (dipendenti di medie o grandi aziende) non si sente capito dalle proprie organizzazioni; ecco perché solo una quota di poco superiore al 10% ha dichiarato di voler cambiare professionalmente rimanendo all’interno della stessa azienda.
In un report che la startup ha realizzato si afferma che la probabilità che i dipendenti riescano a far sentire la propria voce è influenzata sia dalla loro personalità individuale che dalla cultura aziendale in cui sono immersi, ma, cosa importante, la cultura aziendale è così potente che può sovrastare l’individuo. Ecco perché per molti l’unica via d’uscita sembra essere la fuga, anche se a volte la soluzione potrebbe essere trovata all’interno delle mura aziendali.
Che fare dunque?
Hacking Talents offre un percorso focalizzato sull’empowerment della persona, che si articola in tre fasi.
“Innanzitutto occorre capire chi si è e quali sono le proprie esigenze.” – spiega Nabila Lorini – “Fatto questo primo passo, mettiamo in contatto il cliente con un coach professionista con cui verranno sviscerate le problematiche sorte e gli obiettivi da raggiungere. La parte finale riguarderà poi la comunicazione di sé e gli strumenti per realizzarla”.
Nulla vieta che siano le aziende stesse a sponsorizzare questo percorso per il lavoratore o la lavoratrice insoddisfatti del proprio status, nel qual caso a beneficiarne sarà anche l’impresa che avrà al suo interno un dipendente o una dipendente più motivati.