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Cresce l’attenzione alla necessità di un sano dialogo intergenerazionale

Dal messaggio del Papa alle ultime ricerche dell’Istat, dagli eventi del Festival all’impegno delle fondazioni, opportunità per promuovere utili spazi di confronto.

mercoledì 22 maggio 2024
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Il nostro mondo ospita la più grande generazione di giovani della storia. Metà della popolazione mondiale ha meno di 30 anni. L’età media nel continente africano è addirittura 19 anni. Nel frattempo, l’aspettativa di vita a livello globale continua ad aumentare, con le Nazioni unite che prevedono che il numero degli over 65 sarà più che raddoppiato entro il 2050. Nella nostra epoca però i rapidi progressi tecnologici e i cambiamenti sociali aumentano il rischio di divari generazionali. I giovani e gli anziani vivono in mondi spesso diversi, stereotipi e pregiudizi incidono negativamente sul dialogo.

Il 14 maggio la Santa Sede ha pubblicato il messaggio di Papa Francesco per la quarta Giornata mondiale dei nonni e degli anziani, che si celebrerà il prossimo 28 luglio e avrà come tema “Nella vecchiaia non abbandonarmi”. Oltre a sottolineare la “solitudine” degli anziani, il Pontefice ha richiamato l’impegno nel costruire legami intergenerazionali. “La contrapposizione tra le generazioni”, ha scritto, “è un inganno ed è un frutto avvelenato della cultura dello scontro” e “mettere i giovani contro gli anziani è una manipolazione inaccettabile”. In un altro passaggio, Francesco ha parlato anche dei Paesi in cui “esiste una falsa convinzione, molto radicata in alcune culture locali, che genera ostilità nei confronti degli anziani, sospettati di fare ricorso alla stregoneria per togliere energie vitali ai giovani”.

Tre nodi

“L’invito di Papa Francesco alla fraternità è fondamentale”, ha commentato Donato Speroni, responsabile di FUTURAnetwork, intervenendo il 15 maggio alla trasmissione “Buongiorno inBlu 2000” della radio della Cei, condotta da Chiara Placenti. L’Italia, con quasi un quarto della popolazione over 65, è tra le società più anziane del mondo. “Parliamo di anziani ma anche e soprattutto di anziane”, ha aggiunto Speroni, “perché la vita media delle donne rispetto agli uomini in Italia è di circa cinque anni in più. D’altra parte, le donne cominciano prima a non essere in buona salute. Il primo nodo da affrontare è quello della salute e dell’assistenza. C’è una discussione sulla legge sugli anziani non autosufficienti. Monsignor Paglia, che presiede la commissione assistenza anziani presso il ministero della Salute, ha sottolineato come stiamo riducendo i finanziamenti quando sarebbe necessario averne di più. Il secondo nodo è l’allungamento della vita, anche quella adulta, perché c’è chi sostiene che tra dieci anni saremo in grado di combattere l’invecchiamento delle cellule. Se si allunga l’età in buona salute, bisogna trovare il modo di rendere gli anziani non solo utili alla comunità ma con un riconoscimento di ruolo. Il terzo aspetto è il senso di comunità: ci si sta isolando troppo, c’è una logica di interazione sui social, oggi ci si relaziona con il telefonino e forse un domani con il proprio avatar”.

Distanze generazionali: ne sappiamo abbastanza per costruire un vero dialogo?

La complessa interazione tra diverse generazioni è determinante per il futuro perché influenza aspetti economici, sociali, ambientali di una società. Ma quante informazioni abbiamo per fasce d'età e su che cosa bisogna indagare?

 

Il 15 maggio l’Istat ha presentato il suo Rapporto annuale 2024 (qui l’intervento alla Camera del presidente dell’Istituto Francesco Maria Chelli), che restituisce un quadro interessante sulle generazioni più mature. Sono aumentati gli anziani che vivono da soli e che sperimentano la condizione di vedovanza. Nello stesso tempo, a causa dell’allungamento della vita media, si è spostata in avanti anche l’entrata nell’età anziana più avanzata, intesa come “perdita di autosufficienza e con la contrazione della partecipazione alla vita sociale”. Oggi, dice l’Istat, “si va fluidificando il limite di età che definisce l’ingresso nella terza e quarta età”. Come prevedibile, gli anziani sono più a rischio di esclusione digitale: solo quattro persone su dieci di 65 anni e più, infatti, utilizzano internet regolarmente, mentre quasi la metà è un “non utente”. Il 45,5% degli anziani frequenta almeno settimanalmente gli amici, in riduzione rispetto al passato, e con quote molto più elevate tra gli uomini rispetto alle donne.

Il Rapporto ci offre però anche un’utile fotografia della condizione delle nuove generazioni in Italia. Innanzitutto perché i giovani, insieme alle donne e agli stranieri, sono gli individui più interessati da criticità retributive. Inoltre, il tempo determinato è la forma d’impiego per un terzo dei 15-34enni (33,4%), mentre erano il 18,9% nel 2004. Avrebbero bisogno di acquisire e sviluppare nuove competenze, ma si formano poco: in Italia il 31% delle ragazze e dei ragazzi tra 18 e 24 anni non è coinvolto in attività di formazione, il triplo di quanto si osserva in Germania.

L’allungamento dei percorsi di istruzione posticipa l’ingresso sul mercato del lavoro dei giovani. In generale, l’Istat certifica un calo di oltre due milioni di occupati tra i giovani di 15-34 anni e di un milione tra i 35 e i 49 anni, compensato dall’aumento di quattro milioni e mezzo di occupati di oltre 50 anni. Le generazioni adulte, in primis la generazione dei baby boomer, permangono infatti più a lungo nel mercato del lavoro.

Sappiamo anche da numerose ricerche che i giovani hanno a cuore la società in cui vivono, si impegnano nella lotta al cambiamento climatico e nel contrasto delle disuguaglianze. Rispetto ad altre fasce di età, però, le nuove generazioni sono oggi meno propense a votare e aderire a partiti politici, come conferma, con riferimento all’Italia, il policy brief “La partecipazione democratica giovanile: problemi attuali e possibili soluzioni”, elaborato su impulso del Gruppo di lavoro sul Goal 16 dell’ASviS.

Cosa sognano i giovanissimi

Un’altra recente indagine dell’Istat ci consegna un’istantanea delle aspirazioni dei bambini e ragazzi tra gli 11 e i 19 anni. Si tratta dei “nativi digitali”, nati dopo l’inizio del nuovo millennio, per i quali l’utilizzo di internet e dei social media è diventato parte della vita quotidiana. Quasi l’85% degli intervistati dispone di un profilo su un social network; percentuale che nella fascia 17-19 anni supera il 97%. Per queste generazioni, rileva l’Istat, anche le relazioni con gli amici passano attraverso internet, ma essere online non significa non avere relazioni dirette: al contrario chi ha più relazioni online ha anche frequenti relazioni di persona con gli amici.

Gli Zoomers, più ricchi dei Millennials e dei Boomers, guardano al lavoro in modo diverso

Nonostante i luoghi comuni, la Generazione Z se la cava bene finanziariamente e il timore di condizioni di vita peggiori di quelle dei padri non riguarda i ragazzi dei Paesi emergenti e in via di sviluppo.

 

Interessante, e forse inaspettato, sapere che i giovanissimi intervistati vedono il loro futuro in coppia (74,5%) e molti pensano al matrimonio (72,5%). Il 69,4%, desidera avere figli, di questi soltanto l’8,8% è per il figlio unico, mentre il 18,2% pensa a tre o più figli. Tra gli stranieri la percentuale di coloro che vogliono tre figli o più arriva al 20,5%.

Non mancano però incertezze e timori. Se infatti il 41,3% dei giovanissimi dice che il futuro lo affascina, il 32,3% ne ha paura, il 26,5% non sa o non pensa al futuro. Rispetto all’indagine condotta nel 2021, la quota di coloro che si sentono affascinati dal futuro è diminuita di quasi cinque punti percentuali, mentre è cresciuta di cinque punti e mezzo la quota di chi ha paura. E un altro dato fa riflettere: oltre un giovanissimo su tre (34%) immagina un futuro all’estero.

Un’etica comune

Di etica e giustizia intergenerazionale si è parlato il 15 maggio a Bologna, nel dialogo tra Enrico Giovannini, direttore scientifico dell’ASviS, Romano Prodi, già presidente del Consiglio dei ministri e della Commissione europea, e il Cardinale Matteo Zuppi, presidente della Conferenza episcopale italiana, nell’ambito del Festival dello Sviluppo Sostenibile. Zuppi ha detto che “per vivere bene insieme un’etica comune è fondamentale” e ha invitato a guardare ai giovani, “loro sono quelli più europei perché cresciuti in una casa europea”. Giovannini si è soffermato sul fenomeno migratorio, evidenziando che “non c’è speranza di trovare una soluzione perché non c’è un’etica comune. C’è chi dice ‘aiutiamoli a casa loro’, chi dice ‘siamo causa del loro sottosviluppo quindi dobbiamo prenderceli’. Ma se non c’è un’etica comune non c’è soluzione politica comune”. Poi ha aggiunto che “l’etica è ridotta a qualcosa di individuale, mentre l’Europa nasce dalla consapevolezza che se ne esce insieme”. Prodi ha sottolineato che “le democrazie oggi sono sempre meno in grado di prendere decisioni complesse e di lungo periodo, anche nella politica ambientale. Nessuno intende prendere un impegno sul futuro, sui problemi di lungo periodo che cambiano la società. Tutti utilizzano strumenti di breve periodo”.

Ma anche altri eventi hanno parlato di dialogo intergenerazionale. Al convegno del Gruppo di lavoro ASviS sul Goal 5 (Parità di genere), il tema è stato affrontato in particolare  da Federico Brignacca e Maria Vittoria Dalla Rosa Prati, coordinatori Gdl trasversale ASviS “Organizzazioni giovanili”. Brignacca si è detto rammaricato del fatto che nel Pnrr non sia stato creato un settimo pilastro, dedicato non solo al mondo giovanile ma anche alla parità di genere: “Considerarli obiettivi trasversali complica la possibilità di monitorarne gli effetti positivi e negativi”. Dalla Rosa Prati si è interrogata su come trasformare il confronto intergenerazionale in azioni concrete, a partire da una “trasformazione culturale”, in cui giocano un ruolo cruciale l’educazione e la formazione, necessarie per “cambiare mentalità e paradigma”. 

Nel frattempo anche le fondazioni filantropiche si stanno attivando sul tema del dialogo intergenerazionale: Assifero, ad esempio, ha promosso la dichiarazione d’impegno “Future chair”, a cui hanno aderito decine di enti filantropici e investitori, che mira a creare spazi di dialogo e confronto e a coinvolgere i giovani nei vari livelli decisionali.

Copertina: Ansa