Decidiamo oggi per un domani sostenibile

L’educazione ai tempi dell’intelligenza artificiale

Le nuove tecnologie offrono enormi opportunità, sia per gli studenti che per i docenti. Tra queste: AI, video e ripetizioni dilazionate. Ma bisogna saperle usare.

venerdì 8 marzo 2024
Tempo di lettura: min

Il nostro sistema educativo non è ottimale. In altre parole, si può fare di meglio. Non dico questo per offendere gli insegnanti, gruppo a cui peraltro appartengo. Ma sto ripetendo un risultato ben noto dal 1984. Il risultato si chiama “Bloom’s 2 sigma problem”, il fenomeno educativo per cui lo studente medio, istruito individualmente, ottiene prestazioni superiori di due deviazioni standard rispetto agli studenti formati in classe. In altre parole, se noi, invece di avere classi di 20 studenti circa, avessimo 20 studenti seguiti individualmente, ciascuno studente andrebbe molto meglio di come va adesso. Gli studenti medi raggiungerebbero il livello di quelli migliori. Migliorerebbero anche i peggiori, che avrebbero un professore personale, dotato del tempo necessario a spiegare loro proprio quello che non capiscono. E per i migliori sarebbe una pacchia. Spesso a scuola si annoiano, dovendo aspettare che la classe li raggiunga. Con un professore individuale potrebbero imparare alla loro velocità naturale e potrebbero crescere molto di più. Finendo il percorso in meno anni, oppure completando un programma più vasto, saziando la loro sete di sapere. In altre parole, al momento gli studenti imparano molto meno rispetto a quello che potrebbero imparare. Non succede solo in Italia, ma più o meno ovunque. Per risolvere questo problema dobbiamo solo ventuplicare l’organico scolastico. Oppure potremmo usare l’intelligenza artificiale.

L’intelligenza artificiale, al momento, terrorizza molti docenti. Gli insegnanti che ne parlano sui social sono nella grandissima maggioranza critici. Addirittura, quando mi sono offerto di fare una lezione alla mia università per aiutare i professori su come si usa, e come si può usare, l’AI mi è stato esplicitamente chiesto che la lezione non fosse contemporaneamente aperta agli studenti. Questo per evitare di insegnar loro strumenti “pericolosi”. Adesso, un anno dopo, la lezione fa ovviamente parte del programma che insegno in classe. Se prima gli studenti per fare una ricerca la copiavano da Wikipedia (come noi la copiavamo dall’enciclopedia in biblioteca, non era cambiato molto), adesso se la fanno scrivere da ChatGPT. Solo che l’intelligenza artificiale, oltre che poter essere usato per argomenti “enciclopedici”, può essere usato per qualsiasi argomento. Scrivimi un tema sul patriottismo del Verga (ho inventato il titolo a caso, non so neanche se Verga fosse patriota): “Il patriottismo, quel sentimento di ardente amore e profonda dedizione verso la propria nazione, emerge con una delicatezza particolare nelle opere di Giovanni Verga, uno dei massimi esponenti del verismo italiano. Se ci addentriamo nell'universo letterario di Verga, ci troviamo di fronte…” (a quanto pare lo era). Se chiedo invece un tema sull’espansione dell’universo, la risposta è: “L'espansione dell'universo è un tema che suscita grande interesse e curiosità nella comunità scientifica e oltre. Secondo le osservazioni e le teorie correnti, l'universo sta subendo un processo di espansione costante, un fenomeno che è stato scoperto agli inizi del 20esimo secolo e che continua a essere oggetto di …”, eccetera. Non ci sono argomenti che non sa affrontare. E se non conosce i dati, se li inventa. Questo non è il massimo, ma c’è da dire che accade sempre più raramente, soprattutto quando si tratta di argomenti comuni, come quelli che dovrebbe affrontare uno studente liceale o del triennio universitario (già al biennio la situazione cambia un po’).

Tutto questo spaventa il personale docente che non vede l’enorme occasione che rappresenta. I professori sono abituati a insegnare in ogni classe lo stesso programma. Adattando la velocità agli studenti medi. E chi non riesce a seguire va a ripetizioni, che è un po’ come avere un professore personale, ma lo paga la famiglia e non la scuola. E soprattutto questo professore può solo seguire il programma della classe, quindi è molto limitato nelle sue scelte.

In realtà i professori, per la grande maggioranza, stanno già ignorando le possibilità tecnologiche che sono presenti. Insegno un corso sui Big Data all’Università Lumsa. Non ho trovato un libro di testo soddisfacente, per cui ho raccolto del materiale su un Google Doc e l’ho condiviso con gli studenti. Per la maggior parte si tratta di una collezione di link a video e articoli che coprono la maggioranza del programma. Soprattutto, spiegano nei dettagli le parti più difficili. Quelle che mi richiederebbero più tempo in classe. E che insegnate dalle persone più brave tra coloro che fanno divulgazione su YouTube, con animazioni incluse, sono molto più comprensibili. Sono aiutato in questo dal fatto che il corso è in inglese, ma anche i video in italiano non sono di qualità scadente se si sa cercare. Poi a lezione io faccio da collante. Collego gli argomenti, spiego il contesto, come si relazionano i temi tra loro. E rispondo alle domande. Questa non è l’educazione ai tempi dell’intelligenza artificiale. Questa è l’educazione ai tempi di YouTube. Ma osserviamo anche che i professori disponibili a far questo sono molto rari. Anzi “hai studiato su internet” è un’offesa. Certo, non è che una persona può vedere un video su Youtube e pensare di saperne di più di un dottore. Ma su internet ci sono ottimi corsi. Ci sono professori universitari che spiegano argomenti elementari in maniera semplice e completa. I corsi dell’Mit e di altre università sono disponibili gratuitamente. Certo, ci vuole il discernimento per saper distinguere quali persone seguire. Ma se sei un professore di una materia, questo discernimento lo hai di certo sviluppato. E puoi insegnarlo ai tuoi studenti.

Oltre il sogno digitale: l'AI alla conquista della realtà

OpenAI, Stability e Google si scontrano con il problema di produrre materiale aderente al mondo reale. Tre approcci diversi, ma Gemini inciampa.

E adesso vediamo l’educazione ai tempi dell’intelligenza artificiale. Prima di tutto le intelligenze artificiali al momento sono assolutamente in grado di aiutare uno studente in difficoltà. Al momento sto seguendo un corso su come rigenerare il suolo. Il livello delle lezioni è (sfortunatamente) troppo avanzato per me. La chimica di base che ho studiato al liceo non è sufficiente. Per esempio, non abbiamo mai studiato le ossido-riduzioni, che a quanto pare sono fondamentali per capire la chimica del suolo. Questa è la mia strategia: quando incontro un concetto o una frase che non capisco, la chiedo a ChatGPT, e leggo la risposta. Se la risposta ha concetti che non capisco, continuo a chiedere andando a ritroso fino ad arrivare a un territorio conosciuto. Certo, è un processo lungo, ma il risultato è di aiutarmi a comprendere quello che sto studiando. Lo potevo fare anche prima, senza ChatGPT, certo. Ma ogni domanda avrebbe richiesto una ricerca particolare, e un tempo molto più lungo. Pensate solo alla differenza tra acido carbonico, e bicarbonato (un protone, insomma), avrei perso ore per capirlo. O mi sarei dovuto adattare a una comprensione superficiale, mediocre. L’intelligenza artificiale ti permette di chiarire tutti questi dubbi. E su questa chimica di base, è improbabile che faccia errori.

Ma se in questo caso l’intelligenza artificiale è solo un aiuto nello studio, possiamo analizzare dei casi in cui il suo contributo è molto più ampio. In cui ci insegna direttamente lei. Con il metodo socratico del dialogo, di domanda e risposta. Si può chiedere all’intelligenza artificiale di impostare un programma personale di studio. Si può dire all’intelligenza artificiale che vorremmo studiare… la chimica di base del suolo (per esempio). Spiegarle a cosa ci serve, cosa vorremmo ottenere, e che cosa sappiamo già. E l’intelligenza artificiale ci presenta direttamente il programma personalizzato. E poi, quando le chiediamo di insegnarci un particolare punto del programma, ce lo spiega. Ecco, questo si avvicina molto di più al tipo di insegnamento individuale di cui parlavamo all’inizio dell’articolo.

Ma in questo progetto, non c’è allora più posto per i professori? Al contrario, il loro ruolo è sempre presente e ancora più importante. Perché il professore assume adesso il ruolo di direttore d’orchestra. Segue tutti gli studenti e si assicura che tutti vadano avanti. Guida gli studenti nel decidere che cosa studiare. Sblocca situazione irrisolte quando ci vuole la presenza, e la compassione, di un essere umano. Ma permette agli studenti di correre, con l’intelligenza artificiale, alla loro velocità. È un lavoro diverso. Di certo più impegnativo. Ma che dà anche soddisfazioni maggiori.

E nel frattempo, cosa conviene fare ai docenti? Prima di tutto iniziate ad associare a ogni lezione che fate del materiale online. I ragazzi sono online tutto il tempo, almeno che guardino qualcosa di interessante. Durante la pandemia suggerii che il ministero investisse in una serie di video lezioni online che coprissero tutti i programmi di tutte le scuole di ogni ordine e grado. Con dieci professori differenti per ogni argomento. Non sarebbe stata una spesa enorme e avrebbe rappresentato una preziosa risorsa di riferimento per i professori costretti a insegnare a distanza. Secondo punto: insegnate agli studenti a usare l’AI per farsi aiutare con i compiti. Se ChatGPT (o Gemini) non si sostituisce a loro, ma spiega loro quello che non hanno capito, non è più barare, ma è un insegnante di sostegno personale. Inoltre: prendete l’abitudine di discutere con l’AI le vostre lezioni e il vostro programma (la cosa è anche comoda per sapere quale argomento scrivere sul registro di classe ogni giorno). Insomma più conoscete l’AI, più sarà un vostro alleato e meno un rischio da cui fuggire. Per esempio, questo paragrafo l’ho scritto su invito di ChatGPT, che mi ha fatto notare che “potrebbe essere utile espandere ulteriormente su come i docenti possano specificamente adattarsi e prosperare in questo nuovo paradigma”. Ricordatevi sempre che le intelligenze artificiali sono qui per restare. I ragazzi vivranno e lavoreranno accanto a loro e con loro. Condividere la vostra paura dell’AI non li aiuta di certo. Anzi, rischia di fare di loro dei disadattati incapaci di trovare lavoro. Come un white collar che, al giorno d’oggi, non volesse usare il computer. Per chi volesse, ho sviluppato un GPTs chiamato Socrate (Socrates in inglese), che dovrebbe impostarvi un programma personalizzato su un argomento a vostra scelta.

L’idea di usare l’AI come insegnante personale non è mia. Ne parla Pamela Cantor (psichiatra infantile e autrice di libri) nel suo blog: “All Kids Thriving”. Lo esplora la Khan Academy, una delle più grandi istituzioni di insegnamento online con khanmigo. Ne parla il divulgatore David Shapiro sul suo canale YouTube. E sia su Reddit che su X ci sono diversi esempi di persone che si sono fatti preparare un programma di apprendimento dalla AI. Insomma, anche se le istituzioni scolastiche non saranno le prime a adattarsi, sembra proprio un’idea il cui tempo è giunto.

Oltre ai video e all’intelligenza artificiale ci sono molti altri strumenti. E alcuni vengono già usati. Quando ero studente io, pochi ragazzi conoscevano le mappe mentali. Adesso noto con piacere che ci sono scuole che le insegnano come strumento per prendere appunti. La memorizzazione era una tortura, adesso abbiamo sviluppato la teoria della ripetizione dilazionata. Che consiste nell’osservare che il modo migliore per memorizzare un’informazione è ripeterla poco prima di quando la si dimenticherebbe. Per questo ci sono dei programmi in cui si possono inserire delle coppie “domanda-risposta”. Ogni volta che rispondi correttamente alla domanda, aumenti quanto tempo dovrà passare prima che il programma te lo richieda. Si passa da un giorno, a due, a quattro, a una settimana, … fino a diversi mesi quando ormai la nozione è entrata nella memoria a lungo termine. Ci sono diversi programmi disponibili; io personalmente uso Anki sia per me che in famiglia, ma ci sono tante alternative disponibili. Alcuni di questi programmi permettono ai professori di vedere immediatamente come procede lo studio di ogni studente. A quante domande ha risposto, giorno per giorno, con successo.

Quindi, di strumenti per migliorare lo studio ce ne sono tanti. Bisogna non averne paura, conoscerli e usarli. E se siete studenti, potete usarli lo stesso anche se il vostro professore non li ha ancora adottati.