Decidiamo oggi per un domani sostenibile

Fine anno, svolta dei tempi

Un bilancio del primo anno di mandato del governo federale. La guerra e la crisi sono allo stesso tempo una minaccia, una sfida e un'opportunità per far avanzare la trasformazione verso un'economia di mercato ecologico-sociale.

di Karoline Rörig

Si sta concludendo un anno turbolento. È stato dominato dall'ineffabile guerra in Ucraina, che sta producendo effetti terribili sul campo e ha gettato il mondo intero fuori dai suoi già fragili binari. Ricordo ancora l'inizio della guerra e la mia domanda qualche giorno dopo in questo blog: sarà lampo o lunga? Nel frattempo, il conflitto lungo sta emergendo. Sono ancora dell'opinione che avevo formulato all'epoca: questa guerra è anacronistica, visti i numerosi problemi e le sfide a livello mondiale. Non abbiamo niente di meglio da fare che guerreggiare tra di noi?

Nel frattempo, la catastrofe climatica e le sue drammatiche conseguenze continuano a muoversi verso di noi come un'onda tsunami. E ne vediamo e sentiamo le conseguenze sempre più spesso anche in Europa: la scorsa estate, con il suo caldo estremo e la siccità, sembra quasi dimenticata in vista delle forti piogge e delle alluvioni che si sono verificate in autunno. Ricordo solo il caso Ischia. Studi e ricerche internazionali lo dimostrano: il cambiamento climatico è un dato di fatto (informazioni scientifici utili in questo contesto raccoglie e offre la “Klima Initiative” della prestigiosa Helmholtz Gemeinschaft).

Tutto scorre, panta rhei. Ma nuotare controcorrente è davvero difficile. Posso capire la rabbia di coloro che, dopo i "Fridays for Future" e "Extinction Rebellion", si ribellano ora come "Last Generation", cercando con azioni disperate di farsi sentire e di convincere i potenti del mondo a invertire la rotta. In Germania, questo nuovo gruppo ha suscitato molto clamore nelle ultime settimane e ha messo in atto numerose azioni che molti non possono condividere nel loro radicalismo. Personalmente, considero problematico quando l'arte e beni culturali, che rappresentano un patrimonio mondiale che deve essere preservato come l’ambiente, vengono attaccati. Tali misure rischiano di mancare l’obiettivo: sicuramente suscitano l'attenzione, ma provocano un dibattito che ruota più intorno alla forma di azione che al problema che l'ha innescata, ossia la catastrofe climatica.

E questo dato di fatto è davvero sotto i nostri occhi: si fa ancora troppo poco per combattere il cambiamento climatico e le conseguenze che ne derivano, un circolo vizioso di fame, povertà, fughe e migrazioni, estinzione di specie, perdita di biodiversità e così via. Lo ha dimostrato ancora una volta la Cop 27 in Egitto, che non ha preso misure e decisioni coraggiose nonostante gli eventi globali.

Comunque non sono mancate le critiche e, a giudicare dal programma e dagli obiettivi, c'è tra l’altro una nuova e promettente iniziativa: il Club del Clima, un'idea nata in ambito accademico e risalente al premio Nobel ed economista William D. Nordhaus, ripresa dal cancelliere tedesco Olaf Scholz e presentata al G7 di Elmau nell'estate del 2022. Il club è stato fondato ufficialmente il 12 dicembre. Non è destinato a rimanere solo un'iniziativa del G7, ma ad avere un ampio sostegno a livello globale. L'obiettivo è sostenere l'attuazione rapida e ambiziosa degli accordi sul clima di Parigi, promuovere la decarbonizzazione nel settore industriale, sviluppare ulteriormente le misure di riduzione delle emissioni e limitare i rischi di delocalizzazione delle imprese in Paesi con normative climatiche meno severe ("carbon leakage"). Se l'iniziativa prendesse vita, potrebbe diventare una pietra miliare e uno strumento efficace nella svolta evocata da Scholz.

Solo pochi giorni dopo l'invasione russa dell'Ucraina, il Cancelliere tedesco aveva parlato nella sua dichiarazione di governo di una svolta epocale, una "Zeitenwende". L’espressione è stata poi ripresa spesso da tanti e ora è stata premiata dalla Società di Lingua Tedesca come "Parola dell'anno 2022". Scholz aveva così annunciato un radicale riorientamento della politica estera e di sicurezza tedesca, ma la dichiarazione andava oltre, perché in realtà anche tutti gli altri settori della vita politica, economica e sociale sono interessati dal cambiamento annunciato. In definitiva, quindi, la guerra, come la pandemia di Coronavirus prima, ha agito da catalizzatore e acceleratore: ha reso visibili i problemi esistenti in molte aree, innanzitutto nel settore energetico, così cruciale nell'ambito della trasformazione ecologica, la cui soluzione è tanto più urgente nella situazione di crisi e non può più essere rimandata.

L'alleanza tripartita tra SPD, Verdi e FDP è nata l'8 dicembre 2021 come "coalizione di progresso". La promessa era di impiegare tutte le energie per modernizzare il Paese, la Germania doveva diventare più neutrale dal punto di vista climatico, più digitalizzata e più smart. Ma due mesi dopo, l’imprevisto ha cambiato e bloccato i piani e il lavoro del governo federale, che da allora amministra in modalità di crisi. In occasione dell'anniversario del suo insediamento, ha comunque espresso soddisfazione per i risultati del suo lavoro, anche se i sondaggi non condividono necessariamente questo dato: secondo un recente studio di Infratest-dimap, solo il 28% degli intervistati si è dichiarato soddisfatto, il 41% meno soddisfatto e il 27% insoddisfatto.

Di fatto, però, il governo federale si è impegnato per attenuare la crisi, ha speso ingenti somme per sostenere i cittadini e l'economia nell'attuale difficile situazione. Sono stati lanciati tre pacchetti di aiuti per un volume totale di circa 100 miliardi di euro. Inoltre, è previsto un "ombrello di difesa" economico da 200 miliardi di euro compreso un freno ai prezzi di gas, calore ed elettricità. Per non parlare dei fondi destinati alle aziende colpite dalle sanzioni o dallo sforzo bellico. Ma sostegni e trasferimenti ingenti non sono ovviamente una soluzione a lungo termine.

Sono necessarie riforme strutturali, molte delle quali sono già incluse nel programma di governo. La risposta è quindi semplice: la trasformazione iniziata in direzione di un ordine sociale ed economico socialmente, politicamente ed ecologicamente giusto, verso l'economia di mercato socio-ecologica, deve essere perseguita con forza e determinazione. Ci vuole tempo (anche se ci sta sfuggendo, ahimè!), soprattutto per convincere gli scettici e combattere delle resistenze, ci vuole impegno, ci vogliono tutti noi. Noi siamo la società e quindi siamo chiamati a contribuire ad attuare e dare forma a questo processo al meglio delle nostre capacità. L'Agenda 2030, con i suoi 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile, fornisce una linea guida e una bussola a tal fine.

Con questo spirito, auguro a tutti i lettori buone feste e un felice anno nuovo.

di Karoline Rörig

martedì 20 dicembre 2022