Intelligenza artificiale per la cura del tumore al seno
Una piattaforma realizzata dalla startup ComplexData analizza i dati delle pazienti per stabilire l’aggressività della neoplasia e decidere la cura.
L’intelligenza Artificiale al servizio della medicina di precisione e, nello specifico, della cura del tumore al seno triplo negativo: una buona notizia, che sfata almeno in parte la convinzione che l’Ai sia solo uno strumento diabolico a danno di cittadini e lavoratori.
È infatti proprio grazie a sistemi di machine learning che Ariadne cerca di dare risposta alla complessità dei tumori aiutando i medici oncologi a comprenderne il grado di aggressività e a individuare una cura personalizzata per ogni paziente.
In che modo? Utilizzando un trascrittoma (espressione dei geni negli Rna messaggeri di un intero organismo o di un particolare organo) che rappresenta sia la componente genetica che epigenetica del tumore, ottenuto da un campione bioptico, e confrontandolo con quelli di altre pazienti attraverso l’analisi dei big data.
A presentare l’interessante e rivoluzionario strumento è stata Caterina La Porta, professoressa di Patologia generale presso l’Università di Milano e responsabile del laboratorio Oncolab presso il Dipartimento di Scienze ambientali e politiche, nonché membro del comitato direttivo del Centro per la complessità e i biosistemi, durante un incontro organizzato dall’associazione Women&Tech.
Il procedimento utilizzato può valere per qualsiasi tumore ma è stato validato per il tumore al seno triplo negativo. Un progetto analogo verrà sviluppato anche per il tumore alla prostata in collaborazione con la dottoressa Carlotta Palumbo dell’Azienda ospedaliera Maggiore della Carità di Novara.
“Il tumore al seno triplo negativo non ha una terapia elettiva e inoltre è molto eterogeneo e particolarmente aggressivo”, ha spiegato Caterina La Porta. “Le terapie immunoterapiche sono molto costose ed è quindi importante una stratificazione delle pazienti”.
Secondo i dati dell’Airc questo cancro colpisce ogni anno circa 8mila donne, in maggior parte sotto i 50 anni di età, e secondo l’Associazione italiana registri tumori rappresenta il 15% circa sul totale delle malattie tumorali.
Il suo nome deriva dal fatto che la maggior parte delle cellule di questo tumore non esprime tre proteine presenti in altri tipi di neoplasie della mammella – ovvero non si trovano i recettori degli estrogeni, i recettori del progesterone e il fattore di crescita epiteliale Her-2.
Ma tornando ad Ariadne, poiché la personalizzazione della cura si basa come detto su un lavoro enorme di analisi dei big data, un aspetto importante è proprio quello della qualità dei dati, che devono essere raccolti non in modo casuale ma basandosi su regole ben definite. Nessun problema per la privacy delle pazienti, ha tenuto a sottolineare La Porta, perché non vengono riportati dati sensibili ma solo ed esclusivamente numeri.
Donne e lavoro: il futuro è nella scienza?
Le professioni Stem sembrano le più promettenti, ma il successo può arrivare anche in altri campi. Importanti le esperienze di studio all’estero.
La piattaforma è nata da una startup, ComplexData, spin-off del Centro della complessità e dei biosistemi dell’Università di Milano: si occupa di dataset di grandi dimensioni, di riduzione dimensionale, visualizzazione e ottimizzazione. Il team riunisce ricercatori con competenze nei settori della biomedicina, della fisica, dell’informatica e della matematica applicata.
Caterina La Porta, inizialmente dedicatasi a studi di Biologia molecolare, vanta un percorso di ricerca che una ventina di anni fa l’ha portata negli Usa alla Cornell University, dove si è trovata a collaborare con docenti di altissimo livello.
Nel 2017 è entrata a far parte di un nuovo dipartimento multidisciplinare per lavorare sulla sostenibilità: qui, grazie alla presenza nel gruppo di lavoro di alcuni economisti, ha trovato stimoli per fondare la sua startup, diventando così anche imprenditrice.
Il consiglio che dà ai giovani ricercatori e ricercatrici è quello di non iperspecializzarsi ma di essere multidisciplinari, anche se ammette che in Italia questo approccio non facilita ma anzi rende più difficoltoso fare carriera.
“Ho scelto di lavorare nel pubblico e mi chiedo sempre che cosa sto restituendo alla società”, ha concluso la docente, che ha anche sottolineato come l’innovazione scaturisca da curiosità, umiltà e commistione tra i saperi.
Immagine di copertina: Oles kanebckuu/pexels