Unep: otto grandi cambiamenti potrebbero accelerare la crisi planetaria
Dal risveglio di antichi patogeni alla fine delle assicurazioni sulla proprietà, dalla biologia sintetica all'eco-ansia giovanile, un nuovo rapporto anticipa le sfide dei prossimi decenni. Ma le soluzioni ci sono, a partire da un nuovo contratto sociale.
C’è un errore che i leader globali devono evitare nell’era delle policrisi: dare priorità ai guadagni (e agli interessi) a breve termine rispetto all'anticipazione strategica e alla preparazione. Il monito arriva dall’Unep, il Programma delle Nazioni unite per l’ambiente, che in occasione dell'High-level political forum di pochi giorni fa ha pubblicato il rapporto "Navigating new horizons – A global foresight report on planetary health and Human wellbeing”, in collaborazione con l’International science council (Isc).
La premessa è chiara: otto cambiamenti globali critici stanno accelerando la triplice crisi climatica, che consiste nella perdita di natura e biodiversità, inquinamento ed eccesso di rifiuti. I cambiamenti includono, tra l’altro, il degrado del mondo naturale, il rapido sviluppo di tecnologie come l'intelligenza artificiale, la competizione per le risorse naturali, l'aumento delle disuguaglianze e il calo della fiducia nelle istituzioni. Se mal governati, questi potenti fattori daranno vita a un ambiente in cui le crisi globali si amplificheranno e sincronizzeranno, con enormi implicazioni per il benessere umano e planetario. Vediamo le principali.
Gli esperti consultati dall’Unep affermano che “il mondo si sta avvicinando sempre di più a un cambiamento ambientale che potrebbe essere irreversibile”. Un vasto sistema di correnti oceaniche noto come Atlantic meridional overturning circulation (Amoc) – di cui fa parte la Corrente del Golfo – rappresenta un elemento chiave nella regolazione del clima. Secondo gli studi, potrebbe collassare già nel 2057. “A quella velocità e con l’entità degli impatti che ne deriverebbero, l’adattamento ai cambiamenti climatici sarebbe quasi impossibile”, osserva lo studio.
Amoc al “tipping point”? Confermato il collasso delle correnti atlantiche entro fine secolo
L’arresto dell’Amoc, fondamentale per la regolazione del clima, potrebbe essere più vicino del previsto, rivela un nuovo studio pubblicato su Nature. Crollo delle temperature in Europa e interruzione delle piogge tropicali tra gli effetti.
di Maddalena Binda
Quattro “segnali di cambiamento” fanno suonare i campanelli d’allarme. Lo scioglimento del permafrost artico rischia di liberare organismi patogeni rimasti congelati per migliaia di anni e generare epidemie, come accaduto nel 2016 in Siberia. Sono possibili anche nuove zoonosi, malattie infettive trasmesse dagli animali all'uomo. La resistenza dei virus agli antibiotici è in aumento, rendendo ancora più difficili da curare le malattie più comuni. Infine, esiste un rischio reale di impatti imprevisti da sostanze chimiche e materiali nocivi, dato che appena il 5% delle sostanze chimiche note viene misurato nell'ambiente.
Si prevede che la domanda di elementi critici delle terre rare, minerali e metalli per la transizione aumenterà di quattro volte entro il 2040, confluendo anche nell’estrazione mineraria in acque profonde e persino nello spazio. Questa dinamica rischia non solo di peggiorare l'inquinamento e gli sprechi, ma anche di innescare nuovi conflitti.
L’intelligenza artificiale offre opportunità di crescita economica e progresso sociale, ma le implicazioni per l’ambiente sono molteplici. Prima fra tutte l'aumento della domanda di minerali critici e risorse idriche per soddisfare le richieste dei data center. L'applicazione dell’AI per uso militare e lo sviluppo della biologia sintetica, che mira a ridisegnare i circuiti metabolici e genetici degli organismi viventi, devono essere bilanciati con i possibili effetti a livello ambientale. Un segnale positivo per il cambiamento, osserva il Rapporto, è “l'emergere di una mentalità di apprendimento continuo e di 'exnovation'”, un termine che si riferisce all'abitudine delle aziende di cambiare radicalmente i modelli di consumo e produzione.
I conflitti armati sono in aumento e stanno cambiando, spinti da tensioni regionali, degrado dello Stato di diritto, corruzione, scarsità di risorse e cambiamento climatico. Questi conflitti inquinano gli ecosistemi e aumentano la vulnerabilità delle popolazioni colpite. I “segnali di cambiamento” qui riguardano l’emergere di sistemi di armi autonomi e di intelligenza artificiale, nonché nuove tecnologie che portano all’“uso abusivo di agenti biologici”.
Un’altra questione riguarda gli spostamenti forzati di massa. Oggi, una persona su 69 è costretta a muoversi dal proprio Paese, quasi il doppio rispetto a dieci anni fa. Tra i rischi associati a questo fenomeno c’è l'emergere di aree rese inabitabili dal cambiamento climatico, con lo spostamento di intere popolazioni che potrebbe diventare la norma.
Le crescenti disuguaglianze a livello globale potrebbero rafforzare due tendenze. In primo luogo, la diffusione di aree di “micro-ambientalismo privatizzato”, ossia “habitat ad accesso privato, chiusi e talvolta artificiali” che potrebbero peggiorare le disuguaglianze e gravare sulle risorse. In secondo luogo, la fine del sistema di assicurazioni come lo conosciamo, che potrebbe cambiare nelle aree altamente esposte alla crisi climatica, costringendo i governi a intervenire “per impedire il crollo del mercato immobiliare”.
Il futuro delle assicurazioni: polizze climatiche e piattaforme centrate sul cliente
La digitalizzazione sarà al centro del processo, ma serve un approccio olistico nei confronti dei consumatori. La maggiore frequenza e gravità dei disastri naturali richiede nuovi prodotti assicurativi.
Il Rapporto evidenzia la proliferazione di disinformazione e fake news. Un rischio associato è rappresentato da “decisioni sempre più distaccate dalle prove scientifiche”. Un altro pericolo è “l’eco-ansia, una crisi emergente nascosta”. Una terza minaccia riguarda i crescenti sussidi al settore petrolifero.
Infine, c’è il tema del cambiamento delle governance globali, segnato dal calo della fiducia nelle istituzioni pubbliche e dalla crescente influenza degli attori non statali. Qui le tendenze di governance riguardano “nuovi strumenti per reindirizzare i flussi finanziari globali” e la costituzione di “reti locali di resilienza” da parte di comunità “frustrate dai fallimenti dei governi.”
Quali sono le soluzioni? Gli esperti raccomandano di adottare un nuovo contratto sociale che coinvolga una vasta gamma di parti interessate, compresi i popoli indigeni, e consenta ai giovani di partecipare più attivamente e di riconsiderare le misure del progresso oltre il Pil. I governi e le aziende dovrebbero anche introdurre obiettivi e indicatori a breve termine per rendere la governance del clima più “agile e adattabile”.
di Andrea De Tommasi