Ondate di calore più lunghe e malattie: gli effetti di tre gradi in più sulle città
I centri urbani sarebbero esposti a 6,4 ondate ogni anno. Salirebbero a oltre 80 i giorni ottimali per la trasmissione di malattie come la dengue. Notevoli le differenze rispetto a un aumento di 1,5°, secondo i nuovi dati del World resources institute.
Se entro fine secolo la temperatura media globale aumentasse di tre gradi rispetto ai livelli pre-industriali, le nostre città sarebbero esposte a ondate di calore più lunghe e più frequenti. In media le ondate di calore più lunghe potrebbero durare 24,5 giorni, circa otto giorni in più rispetto a quanto accadrebbe se riuscissimo a contenere l’aumento di temperatura entro 1,5 gradi, come stabilito dall’Accordo di Parigi. È quanto rivela uno studio pubblicato il 17 settembre dal World resources institute, che ha confrontato le possibili conseguenze sulle aree urbane in due scenari differenti, con un aumento di temperatura di 1,5 e tre gradi. La ricerca analizza in particolare la frequenza e intensità delle ondate di calore, la crescita della domanda di energia per il raffrescamento e la diffusione di alcune malattie. Comprendere l’impatto che il riscaldamento globale e la crisi climatica avranno sulle città è fondamentale: si stima infatti che entro il 2050 due terzi della popolazione mondiale vivrà città.
Le ondate di calore
Oltre a diventare più lunghe, le ondate di calore saranno anche più frequenti: se riuscissimo a contenere l’aumento di temperatura a 1,5 gradi, le città dovrebbero affrontare 4,9 ondate di calore ogni anno, un dato che salirebbe a 6,4 ondate di calore all’anno con un aumento di tre gradi. A essere maggiormente esposte sarebbero le città dei Paesi a basso reddito: in uno scenario di aumento della temperatura di tre gradi dovrebbero affrontare in media 6,9 ondate di calore all’anno, mentre nei Paesi ad alto reddito la media sarebbe di 5,9 ondate di calore all’anno.
Molte più aree urbane, inoltre, sarebbero colpite: con un aumento di temperatura di quasi 3 gradi ogni anno il 16% delle principali città del mondo dovrà affrontare ondate di calore che durano un mese o più, un dato che scenderebbe a 3% se restassimo nel limite di 1,5 gradi.
L’energia per il raffrescamento
Temperature più alte e ondate di calore più frequenti comportano un maggior consumo di energia per alimentare i sistemi di raffrescamento. Con un aumento di tre gradi la domanda di energia per il raffrescamento di 194 milioni di persone raddoppierebbe rispetto al periodo 1995-2014. L’utilizzo dell’aria condizionata è già in crescita in alcuni Paesi a basso e medio reddito: si stima, ad esempio, che la percentuale di abitazioni indiane dotate di aria condizionata raggiungerà o sorpasserà quella europea entro il 2050. Anche i Paesi delle aree con un clima più mite, come quelli del Nord Europa, dovranno dotarsi di sistemi di raffrescamento.
Senza investimenti adeguati in soluzioni di raffrescamento passivo, l’aumento della domanda di energia potrebbe rallentare la transizione ecologica. Si corre inoltre il rischio di aumentare le disuguaglianze già esistenti tra chi avrà accesso a sistemi di raffrescamento e chi no: oggi 2,8 miliardi di persone vivono in Paesi in cui la temperatura giornaliera è superiore a 25 gradi, ma solo l’8% di loro possiede un impianto di aria condizionata.
Caldo estremo: c’è davvero il rischio di uno scenario di “apartheid climatica”?
Entro il 2100 alcune zone del mondo potrebbero risultare invivibili senza sistemi di refrigerazione, che in pochi si possono permettere. Bulbi umidi e isole di calore i pericoli più seri. L’America sperimenta nuove soluzioni, l’Ue arranca.
La trasmissione delle malattie
Un clima più caldo favorirà la diffusione di alcune malattie trasmesse dagli insetti. In uno scenario di aumento della temperatura di tre gradi, a livello globale si registreranno 80,7 peak arbovirus days, giorni in cui le temperature sono ottimali per la trasmissione degli arbovirus (come la dengue o la febbre gialla). Si tratta di una media di sei giorni in più rispetto a uno scenario di 1,5 gradi. Ad essere colpite maggiormente saranno le città dei Paesi a basso e medio reddito dove si registreranno 87,4 giorni di picco in confronto ai 32,1 giorni nelle città dei Paesi ad alto reddito. Allo stesso tempo l’incidenza della malaria si ridurrà poiché in molte aree del mondo le temperature saranno troppe alte per la trasmissione della malattia: con un aumento delle temperature da 1,5 gradi a tre gradi, i giorni di picco per la trasmissione della malaria passerebbero da 114 a 104,4 all’anno.
Gli effetti di un aumento di temperatura di tre gradi sono catastrofici, ma non sono l’unico futuro possibile. “Abbiamo una opzione per il nostro futuro climatico” si legge nello studio “e le tecnologie esistono già”. Manca solo una vera volontà politica.
Copertina: Memole88/Pixabay