Limiti planetari: cinque azioni per riportarli nella “zona sicura” entro il 2050
Il deterioramento dei sistemi naturali può essere arrestato e invertito, ma le politiche climatiche da sole non saranno sufficienti. La ricerca di un team internazionale di scienziati.
Uno studio innovativo, pubblicato il 16 maggio su Nature, ha gettato per la prima volta lo sguardo sul futuro dei limiti planetari. Questi nove grandi fenomeni, tra loro strettamente connessi, definiscono lo “spazio operativo sicuro” entro cui l'umanità può prosperare. Ad oggi sei di questi limiti risultano già superati. Ma la nuova ricerca “Exploring pathways for world development within planetary boundaries”, guidata dall’Università di Utrecht con il Potsdam institute for climate impact research (Pik), va oltre: indaga se politiche ambiziose, e tecnicamente realizzabili, possano cambiare la nostra traiettoria. “I nostri risultati”, ha dichiarato l’autore principale della ricerca, Detlef Van Vuuren, “dimostrano che è possibile tornare a livelli più sicuri, ma solo con un cambiamento deciso e sistemico”.
Il cuore dello studio sta nella costruzione di scenari attraverso Image, un modello avanzato che integra dinamiche ambientali, territoriali, energetiche e politiche in un’unica simulazione globale. A differenza di molte analisi focalizzate sul solo cambiamento climatico, la ricerca considera contemporaneamente otto dei nove limiti planetari, restituendo così una visione sistemica. Gli scenari si concentrano in particolare sul 2030 e sul 2050, dato il minore livello di incertezza, ma presentano anche proiezioni al 2100, per mostrare come l’inerzia dei sistemi naturali e socioeconomici possa continuare a produrre effetti significativi.
"Si tratta dell’abbinamento più completo finora tra il framework dei limiti planetari, orientato a fare il punto della situazione attuale, e i dati provenienti da scenari futuri basati su modelli”, ha spiegato Johan Rockström, direttore del Pik e coautore dello studio.

Il livello del mare potrebbe crescere fino a due metri entro il 2100
Nuove analisi sui modelli di fusione delle calotte polari e sulle opinioni espresse dagli esperti: proiezioni fino a 90 cm superiori rispetto a quelle fornite dall’ultimo rapporto Ipcc.
Nello scenario attuale (Business as usual), senza interventi significativi le pressioni ambientali continuano ad aumentare. Entro il 2050 i sistemi naturali rischiano di essere ancora più compromessi: uso del suolo, perdita di biodiversità, flussi biochimici e cambiamento climatico si aggraverebbero ulteriormente, rendendo più difficile ogni tentativo di ritorno nella “zona sicura”.
Il team di scienziati ha testato anche scenari in cui si agisce su un unico fronte alla volta: solo sull’alimentazione, solo sull’energia o solo sull’uso del suolo. I risultati mostrano che queste strategie settoriali, pur migliorando alcuni indicatori, non sono sufficienti a riportare il sistema Terra in equilibrio. I progressi sono troppo limitati e isolati per innescare un’inversione di rotta su scala globale.
L’unico scenario in grado di ottenere un risultato significativo è quello definito “di sostenibilità”, che combina cinque trasformazioni simultanee: decarbonizzazione accelerata, diete meno impattanti e a basso contenuto di carne (come stabilito dalla Eat-Lancet planetary health diet), dimezzamento degli sprechi alimentari, miglioramento dell’efficienza nell’uso di acqua e in quello dei nutrienti in agricoltura. In questa proiezione, secondo gli autori, “in quasi ogni aspetto, il pianeta sarebbe almeno tanto sano nel 2050 quanto lo era nel 2015, e continuerebbe a migliorare nella seconda metà del secolo”. Ma anche in questo scenario, hanno avvertito, “i limiti planetari saranno comunque superati nel 2100”, in particolare per il clima, i cicli del fosforo e dell'azoto e l'integrità della biosfera. La ricerca di misure politiche ancora migliori rimane quindi all’ordine del giorno.
Il messaggio della ricerca è chiaro: “Possiamo ancora invertire la curva”, ha detto Van Vuuren. "Anche se non possiamo evitare completamente il superamento, possiamo avvicinarci molto di più a vivere entro i limiti planetari. Questo fa una grande differenza”. In altre parole, ha aggiunto, “il pianeta è gravemente malato, ma non è certamente ancora in fase terminale”.
Copertina: 123rf