Donne più attive nella tutela dell’ambiente
Diverse ricerche lo dimostrano, ma il genere femminile è ancora poco coinvolto nei livelli decisionali.
di Annamaria Vicini
Greta Thunberg è forse la più famosa, ma non certo l’unica. Senza dimenticare la giovane ugandese Vanessa Makate, che insieme alla svedese simbolo di Fridays for Future ha dominato la scena dello Youth4climate di Milano, sono diverse le donne che nel mondo hanno rivestito e rivestono un ruolo da leader grazie alla loro fede ecologista: dall’indiana Vandana Shiva alla francese Françoise d’Eaubonne (a cui si deve il termine ecofemminismo, coniato per esprimere la convinzione di un legame stretto tra oppressione patriarcale e distruzione della natura), dalla costaricana Christiana Figueres alla tedesca Katharina Schultze, dalla norvegese Gro Harlem Bruntland alla ormai notissima premier finlandese Sanna Marin.
Un elenco sicuramente incompleto ma sufficiente per far nascere spontanea la domanda: l’ecologia è donna?
Stando alla recente indagine di AstraRicerche per Comieco su un campione di 1.206 intervistati, sembrerebbe in effetti che il genere femminile sia più sensibile alle tematiche ambientali e più propenso ad attivarsi per azioni positive che aiutino a ridurre l’impatto della presenza umana sul pianeta.
La maggior propensione ai comportamenti virtuosi, ammessa dall’85% delle intervistate, viene riconosciuta anche dagli intervistati di sesso maschile (76%) i quali, traendo le conseguenze di questo dato di fatto, arrivano a dichiarare (57,8%) che una maggior presenza femminile nelle posizioni apicali della politica e dell’imprenditoria imprimerebbe una svolta nell’impegno a tutela dell’ambiente.
Un dato generale che emerge dalla ricerca e su cui dovrebbero riflettere in primo luogo i politici ma anche i responsabili dei mezzi di informazione è che, contrariamente a quanto si pensi, l’ambiente e i problemi correlati sono la preoccupazione principale, ancora più importante della condizione economico-sociale e della criminalità rispettivamente al secondo e al terzo posto. I timori più rilevanti sono causati dall’inquinamento (dell’aria, dell’acqua, del suolo), dallo smaltimento dei rifiuti e dai problemi di salute correlati quali allergie, asma, tumori, mentre l’insorgere di nuove epidemie inaspettatamente si trova al settimo posto della classifica.
Complessivamente, sia uomini che donne si impegnano a contribuire con i loro comportamenti alla soluzione dei problemi ambientali.
La pratica costante della raccolta differenziata, in cui il nostro Paese in effetti si distingue in modo positivo, figura in cima alla lista con il 69%. Altre pratiche messe in atto da entrambi i sessi sono gli accorgimenti per consumare meno luce (61,6%), meno gas (58,8%) e la scelta di elettrodomestici a basso consumo energetico (52,9%).
Le donne, tuttavia, compiono questi gesti quotidiani più degli uomini, frutto non solo della scarsa suddivisione dei compiti domestici tra i coniugi ma anche di una maggior consapevolezza e convinzione rispetto alla loro importanza per la tutela dell’ambiente. Sempre le donne s’impegnano maggiormente negli acquisti e consumi sostenibili (88% vs. 68%), privilegiando nello specifico i prodotti non inquinanti, con packaging riciclabile o imballi in carta o cartone.
Unico neo per quanto riguarda i comportamenti virtuosi del genere femminile riguarda la mobilità: se infatti l’uso di mezzi di trasporto pubblici è simile per uomini e donne, per quanto riguarda invece l’utilizzo di un mezzo ecologico quale la bicicletta il genere maschile è nettamente in vantaggio.
A giudizio degli intervistati ci sono poi altri aspetti in cui le donne dimostrano maggiormente la loro sensibilità ambientale: sono più attente a cosa è davvero sostenibile (55,3%), sono più efficaci nell’educare i giovani al rispetto per l’ambiente (55,1%), e sono più abili nel convincere amici e conoscenti ad assumere comportamenti più sostenibili (52,3%).
Altre indagini a livello internazionale confermano questi dati.
Secondo un sondaggio svolto dal Women’s forum nel 2021 su quasi 10.000 persone nei paesi del G20, le donne hanno cambiato le proprie abitudini più degli uomini per contrastare i cambiamenti climatici e più facilmente degli uomini sono motivabili a farlo.
Nonostante ciò rimangono sottorappresentate negli organi decisionali: in tutti i parlamenti europei sono meno del 50%, con una media tra i Paesi Ocse di poco superiore al 30%. Guardando solo ai ministeri nazionali che si occupano di ambiente e cambiamento climatico, nell’Unione Europea la rappresentanza femminile è del 32,2%.