Il difficile percorso per un’agricoltura ecologica ed economicamente sostenibile
Nel settore si confrontano il malessere degli agricoltori, l’urgenza della transizione climatica e una complessa gestione europea. Trovare un nuovo punto di equilibrio comporta modifiche politiche, gestionali e tecniche.
“L'agricoltura e l'ambiente vanno di pari passo perché l'agricoltore è il primo a subire le conseguenze del cambiamento climatico: quando un frutteto viene distrutto, non ci vuole un mese, ci vogliono anni e anni per rivedere i primi frutti. Le conseguenze del cambiamento climatico sono anche economiche e se non le affrontiamo ci costeranno più di quanto dobbiamo investire oggi per un fondo serio per la transizione ecologica al fine aiutare e accompagnare gli agricoltori. È chiaro che il Green deal non ha gambe senza gli agricoltori”, ha affermato Camilla Laureti, parlamentare europea e responsabile Politiche agricole del Partito democratico, intervenendo il 12 febbraio ad Alta Sostenibilità, la rubrica settimanale a cura dell'ASviS in onda su Radio Radicale.
Il cambiamento climatico sta aggravando problemi che gli agricoltori avvertono da tempo e gli interventi per la salvaguardia dei terreni e per la transizione ecologica comportano ulteriori costi che gli agricoltori non riescono più a sostenere. Nei prossimi decenni l’agricoltura dovrà affrontare enormi sfide, tra cui garantire la sicurezza alimentare per una popolazione mondiale oltre i dieci miliardi di persone (stime Onu, “World population prospects 2022”) e un modello di agricoltura che sia ambientalmente sostenibile ed economicamente redditizia per chi la pratica sembra ancora lontano; la sfida non è facile e comporta modifiche politiche, gestionali e tecniche.
Il settore agricolo è quello che per primo subisce la crisi climatica, con le conseguenze più pesanti dal punto di vista economico e con un tempo di recupero estremamente lungo (basti pensare agli effetti delle alluvioni e della siccità sui raccolti). Il rapporto “Climate change adaptation in the agriculture sector in Europe” dell’Agenzia europea dell'ambiente (Eea) prevede che i cambiamenti climatici potrebbero ridurre il valore dell'agricoltura europea del 16% entro il 2050 a causa della maggiore siccità e precipitazioni, e la produzione dei Paesi del Mediterraneo potrebbe scendere dell’80% entro il 2100.
Il cambiamento climatico può influenzare direttamente e indirettamente la produzione agricola e gli agroecosistemi su cui essa si basa. Gli impatti diretti riguardano i cambiamenti nella fenologia e nei calendari, lo spostamento delle aree coltivate e la perdita di suolo, le variazioni nell'approvvigionamento idrico e nella domanda di irrigazione, e l'aumento dei livelli di CO2 rallenta la crescita delle piante. Gli effetti indiretti sono invece conseguenze dei primi e sono ad esempio l’aumento di parassiti, malattie, specie invasive ed eventi estremi come forti venti, grandinate, calore intenso e gelate. Le ripercussioni della crisi climatica sulla produzione agricola possono generare conseguenze economiche e sociali sia per il settore stesso che per la sicurezza alimentare, incidendo poi su commercio, redditi agricoli e prezzi alimentari.
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D’altro canto, il sistema agroalimentare contribuisce a generare gravi impatti ambientali, rappresentando allo stesso tempo il settore che, per la sua natura direttamente connessa all’ambiente, può svolgere un ruolo fondamentale nella transizione ecologica. Se da un lato infatti, è responsabile di una serie di problemi ambientali critici (tra cui il degrado diffuso del territorio, la contaminazione delle risorse idriche, il deterioramento degli ecosistemi, la produzione di elevate quantità di gas serra), dall’altro può avere una funzione chiave nel raggiungimento degli obiettivi del Green deal attraverso diverse azioni. Le aziende agricole possono produrre materiali ecologici per l'edilizia, come legno, fibra di canapa o cellulosa, che possono immagazzinare naturalmente la CO2, contribuendo così alla riduzione delle emissioni in atmosfera. Inoltre, i rifiuti prodotti dall'industria agroalimentare, come gli scarti di trasformazione, possono essere valorizzati per la produzione di biocarburanti avanzati e biometano, promuovendo l'economia circolare e riducendo l'impatto ambientale. L'agricoltura è anche cruciale per la tutela della biodiversità e degli ecosistemi, fondamentali per la sicurezza alimentare e il benessere delle comunità rurali. La Commissione europea ha promosso e promuove numerose strategie, come il Piano d'azione per l'economia Circolare e la Strategia dell'Ue sulla Biodiversità per il 2030, per guidare l'Unione Europea verso una produzione e un consumo più sostenibili, in linea con gli obiettivi del Green deal e della strategia Farm to Fork.
In particolare, questa strategia indica diverse modalità per raggiungere l’obiettivo di un impatto neutro o positivo sull'ambiente, contribuendo a preservare le risorse naturali e gli ecosistemi, e producendo alimenti di qualità che siano anche accessibili dal punto di vista economico. Tra questi:
- Riduzione del 50% dei rischi derivanti dall’uso di agrofarmaci in agricoltura e dimezzamento delle quantità impiegate entro il 2030, poiché l’uso improprio di queste sostanze è spesso alla base dei problemi di inquinamento e di perdita della biodiversità.
- Riduzione delle perdite di nutrienti, in particolare di fosforo e azoto, del 50%, anche tramite un calo del 20% del loro impiego, entro il 2030. In questo senso l’Unione europea intende promuovere la gestione integrata dei nutrienti basata su tecniche di agricoltura di precisione.
- Le superfici coltivate con il metodo biologico devono raggiungere il 25% della superficie agricola utilizzata (Sau) entro il 2030. L’agricoltura biologica, infatti, contribuisce a preservare la biodiversità e incrementare il valore economico dei prodotti agricoli. Tuttavia, al 2020 solo il 9,08% della Sau europea era coltivata con questo metodo (15,96% in Italia).
Di conseguenza sono necessarie politiche ambiziose per promuovere queste pratiche. In Italia l’ultima Politica agricola comune (Pac), in linea con la strategia, è stata finanziata con 386,6 miliardi di euro, ossia il 31% di tutto il bilancio europeo per il periodo 2021-2027, che vale più di 1.200 miliardi euro. La percentuale scende al 23,5% se comprendiamo nel totale del bilancio anche i circa 800 miliardi di euro forniti dal Next Generation Eu, il piano di aiuti economici per i Paesi colpiti dalla pandemia.
Le recenti proteste degli agricoltori europei mettono però in luce profonde difficoltà legate alla sostenibilità economica di queste politiche. Secondo il settimo e ultimo censimento decennale dell'agricoltura realizzato dall'Istat nel 2021, in un decennio le aziende agricole sono calate di 487mila unità, pari a oltre il 30% del totale.
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Dal dibattito di questi giorni sono emerse diverse ragioni, in particolare quelle delle nuove aggregazioni di agricoltori che hanno preso parte al movimento dei trattori e che hanno portato ad alcuni “retromarcia” della Commissione europea. Danilo Calvani ad esempio, leader del “Comitato agricoltori riuniti (Cra) Agricoltori traditi”, riferisce ad AgroNotizie che la protesta è rivolta a "politiche agricole devastanti, contro una classe politica prostrata ai diktat dell'Unione europea e delle multinazionali che consente l'arrivo in Italia di derrate alimentari scadenti e sulle quali si utilizzano principi attivi vietati in Europa da anni". Oltre alla criticità, segnalata da più voci, di subire una concorrenza sleale da parte di prodotti più economici importati da partner commerciali extraeuropei che possono avere standard di produzione meno sostenibili (come Usa, Brasile, Cina e Ucraina), l’attuale modello esporrebbe al rischio di ricollocare le emissioni in Paesi terzi, continuando comunque a importare prodotti alimentari per compensare la riduzione della produzione comunitaria.
Il coordinamento “Riscatto agricolo”, invece, ha diffuso un manifesto in dieci punti in cui si chiede che venga corrisposto il giusto valore dei loro prodotti: “Oggi la maggior parte dei frutti del nostro lavoro è sottopagato” si legge nel testo, “i ricavi sono abbondantemente inferiori ai costi di produzione e questo, purtroppo, perdura da decenni: non vogliamo contributi, chiediamo solo dignità del giusto prezzo”. Nell’elenco delle richieste degli agricoltori ci sono la revisione del Green deal europeo, l’eliminazione dell’obbligo di non coltivare il 4% dei terreni, la detassazione di Irpef e Imu, il mantenimento delle agevolazioni per il carburante agricolo, l’eliminazione dell’Iva su alcuni prodotti alimentari primari, il contrasto ai “cibi sintetici”.
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La Commissione europea ha risposto, in parte, a queste richieste. La presidente Ursula von der Leyen ha infatti annunciato il ritiro della legge che mirava a dimezzare l'uso di pesticidi chimici nell'Unione e ha concesso agli agricoltori per tutto il 2024 una “parziale esenzione” dalla regola della condizionalità sui terreni incolti prevista dalla Pac. “Gli agricoltori meritano di essere ascoltati”, ha dichiarato. “So che sono preoccupati per il futuro dell’agricoltura e per il loro futuro. Ma sanno anche che l’agricoltura deve passare a un modello di produzione più sostenibile, in modo che le loro aziende rimangano redditizie negli anni a venire”. Nell’annuncio la presidente ha preso atto di una proposta ormai “diventata un simbolo di polarizzazione”, proponendone il ritiro in vista presto di “una nuova proposta, più matura”.
D’altra parte, associazioni ambientaliste e dell’agricoltura biologica come Slow food e Federbio, sottolineano il rischio della strumentalizzazione politica delle proteste degli agricoltori e, comprendendone le ragioni, spiegano che la soluzione risiede proprio in una transizione che soddisfi il cambiamento profondo, strutturale e trasformativo necessario per rendere il sistema agroalimentare globale veramente sostenibile in dimensioni multiple: ecologica, sociale ed economica.
Secondo scienziati e ambientalisti infatti, il principale problema risiede nell'idea di una transizione ecologica che non affronta le radici del modello intensivo di agricoltura che dipende pesantemente da fertilizzanti chimici e pesticidi, generando costantemente effetti negativi e rendendo il settore vulnerabile. Anche se migliorare le pratiche rendendole più sostenibili può portare a piccoli miglioramenti, non risolve i molteplici problemi strutturali associati a questa forma di agricoltura e non fornirà soluzioni a lungo termine.
Secondo il rapporto “Smoke & mirrors” di Ipes-Food (un gruppo internazionale di esperti sui sistemi alimentari sostenibili), occorre adottare un approccio agricolo radicalmente nuovo, fondato sulla diversificazione delle aziende e dei paesaggi agricoli. Questo nuovo modello dovrebbe puntare a ridurre l'uso di input chimici, promuovere la biodiversità e favorire interazioni positive tra specie diverse. Attraverso strategie integrate, mirate a costruire fertilità a lungo termine e a promuovere agroecosistemi sani, si potranno garantire mezzi di sussistenza sicuri. Il modello noto come "sistemi agroecologici diversificati", rappresenta un'alternativa sostenibile e resiliente rispetto all'attuale modello agricolo. Gli esperti dell’Ipes concordano sull’idea che questi sistemi siano in grado di trattenere il carbonio nel terreno, promuovere la biodiversità, rigenerare la fertilità del suolo e garantire rese sostenibili nel tempo. L’agroecologia fornirebbe una base solida per garantire la sicurezza economica delle aziende agricole, dimostrando di poter competere con l'agricoltura industriale in termini di produzione totale. Inoltre, mostrerebbe prestazioni superiori in condizioni di stress ambientale, contribuendo a incrementare la produzione in aree dove c'è una crescente necessità di cibo, favorendo la diversificazione delle diete e promuovendo una migliore salute complessiva. L'agroecologia offre inoltre un percorso più inclusivo e completo verso la trasformazione del sistema alimentare perché collega gli aspetti sociali e ambientali della sostenibilità, ponendo l’attenzione alle disuguaglianze di potere. Nonostante il suo potenziale trasformativo, l'agroecologia non viene utilizzata come quadro generale per il cambiamento del sistema alimentare negli spazi di governance, né le sue molteplici dimensioni vengono sistematicamente citate. Anche se i riferimenti all'agroecologia sono diventati più diffusi, attori influenti nell'impostare l'agenda stanno opponendo resistenza descrivendola come ideologicamente controversa, o la stanno utilizzando in modo intercambiabile con altri termini, identificandola semplicemente come un altro strumento all’interno di una cassetta degli attrezzi di soluzioni alternative.
“Soltanto la biodiversità ci consentirà di adattarci agli effetti della crisi climatica. Ma dobbiamo sostenere e accompagnare chi produce il nostro cibo seguendo pratiche agroecologiche e supportare tutti gli altri, attivando percorsi condivisi” ha commentato Barbara Nappini, presidente di Slow food Italia, “Senza una transizione e rigenerazione ecologica e al contempo sociale, la nostra agricoltura perderà e sarà sempre più in balia delle multinazionali e degli umori del mercato”.
Immagine di copertina: no one cares/unsplash