Per produrre di più e consumare meno acqua si allarga lo spazio dell’agricoltura 4.0
Dai droni ai sensori, dall’agricovoltaico al vertical farming, come cambierà il lavoro agricolo nell'arco dei prossimi anni, anche per far fronte ai cambiamenti climatici.
di Andrea De Tommasi
"Dai metodi di irrigazione low-tech all'agricoltura di precisione e ai droni agricoli, l’emergente tecnologia applicata all’agricoltura sta generando guadagni in efficienza, aumentando la produzione e creando nuovi lavori", ha scritto il World economic forum nel suo recente “Markets of tomorrow report 2023”. Il Wef ha chiesto ai manager di 120 Paesi quali tecnologie si riveleranno strategicamente più importanti nel prossimo decennio: le tecnologie agricole si sono classificate al primo posto, seguite da quelle per l’istruzione e lo sviluppo della forza lavoro, e quelle per lo stoccaggio e la generazione di energia.
Una ricerca pubblicata pochi giorni fa dall’Osservatorio Smart Agrifood del Politecnico di Milano ha rilevato che il mercato dell’agricoltura 4.0, con i suoi macchinari connessi e i sistemi di monitoraggio da remoto di coltivazioni e terreni, in Italia nel 2022 ha fatto un balzo in avanti, superando il muro dei 2 miliardi di euro (2,1) e crescendo di un terzo rispetto all’anno precedente. Un incremento avvenuto in uno scenario difficile, tra l’aumento dei costi delle materie prime e la crisi legata alla grande siccità.
Dati incoraggianti per un settore che corre in altri Paesi (vedi Stati uniti e Australia), ma sta iniziando ad avere un peso non trascurabile anche da noi, nonostante sia ancora ampio il margine di sviluppo: si stima che soltanto circa 10mila aziende agricole in Italia, su un totale di 1 milione e 100mila, utilizzino sistemi riconducibili all’agricoltura 4.0. Il livello di diffusione, tra l’altro, varia a seconda della tecnologia specifica e dell’area geografica in cui vengono usate.
Alcune di queste si stanno diffondendo abbastanza rapidamente, come ad esempio l’uso di sensori per la raccolta di dati sulle colture e il terreno circostante, l’automazione delle attività agricole come la semina e la raccolta, e l’impiego di droni per la mappatura e il monitoraggio delle colture.
Sensori e droni
Michele Cortina è il fondatore e Ceo di Terrasmart, una startup nata nel 2019 che progetta e realizza sistemi di agricoltura 4.0. “I nostri sensori di monitoraggio misurano il contenuto volumetrico di acqua nel terreno consentendo così di prendere decisioni informate se è il momento di irrigare o meno, un metodo che fa risparmiare alle aziende fino al 40% di acqua su base annuale. Con i sensori è possibile effettuare anche il monitoraggio specifico sulla salinità del terreno per evitare problemi di stress salino delle piante e contemporaneamente ridurre il consumo di fertilizzanti. In Italia la salinità delle acque di irrigazione è aumentata progressivamente negli ultimi anni per via di un’ingressione salina sempre più marcata, soprattutto nelle zone costiere”. Gli obiettivi delle Strategie Farm to fork e Biodiversità puntano alla riduzione dell’uso di agrofarmaci e fertilizzanti, con la conseguenza che “una larga fetta del settore agricolo dovrà fare i conti con l’assenza di prodotti che ha utilizzato negli ultimi 20 anni. E rivolgerà la sua attenzione verso un consumatore più consapevole e più attento alla qualità del cibo. Oltre a una migrazione progressiva verso il biologico, servirà adottare un approccio preventivo, con strumenti tecnologici che sono in grado di prevedere le malattie. E anche qui chiaramente l’agricoltura 4.0 gioca un ruolo fondamentale”.
Il percorso non è però privo di ostacoli. “Da una parte c’è una carenza di informazione, dall’altra il timore degli agricoltori riguardo all’efficacia delle tecnologie e le preoccupazioni legati ai tempi di recupero dell'investimento. Ma più in generale nel Paese manca un’organicità degli interventi sull’agricoltura 4.0, servirebbe una sorta di cabina di regia in grado di unire l’educazione, la conoscenza e la capacità di gestire finanziamenti e contributi”.
Un'altra tecnologia matura che sta acquistando crescente importanza in ambito agricolo in ottica green è quella dei droni. Aermatica3D è un’azienda italiana specializzata nella produzione di droni per l’agricoltura di precisione. “Per la distribuzione di precisione di liquidi, granulati, polveri e capsule i nostri droni volano a 1,5-3 metri di altezza”, spiega Paolo Marras, General Manager dell’azienda, “possono inoltre effettuare i rilievi in un campo e raccogliere dati utili per prendere decisioni sulle strategie da adottare. I vantaggi sono la relativa facilità di applicazione, l’elevata precisione che fa sì che si utilizzi meno prodotto e vada ad agire direttamente sulla coltura, la possibilità di raggiungere zone pericolose per l’uomo, basti pensare ai vigneti in collina, e non ultimo i risparmi in manodopera. Il tutto ad un costo competitivo, decisamente inferiore, ad esempio, a quello di un trattore”.
Aermatica3D segue gli agricoltori fornendo corsi per pilota di droni certificati DJI Academy, supporto e manutenzione certificata DJI Agras Maintenance Center. Le soluzioni kit di distribuzione insetti utili per la lotta biologica e l’impollinazione assistita di Aermatica3D sono molto richieste anche all’estero, ad esempio in Cile e in Malesia. “In Italia la conoscenza dell’agricoltura di precisione è ancora all’inizio, tra gli agricoltori permane una certa diffidenza nei confronti delle soluzioni diverse da quelle che utilizzano abitualmente. Le nuove generazioni, tuttavia, hanno un approccio molto più innovativo rispetto alle precedenti. C’è anche una grande spinta delle regioni attraverso bandi nazionali che stanno incentivando molto l’acquisto dei droni”.
Tecniche innovative
I raccolti agricoli stanno diminuendo in molte parti del mondo a causa dei cambiamenti climatici. Un minore consumo di acqua dovuto all'irrigazione di precisione potrebbe mitigare la carenza idrica provocata dal riscaldamento. Un interessante caso di studio arriva da Israele, uno dei Paesi più popolati al mondo e caratterizzato da un’ampia area desertica. Qui la principale fonte d'acqua per l'agricoltura sono i sistemi di irrigazione a goccia, che hanno il più alto tasso di efficienza idrica in agricoltura, pari al 70-80%, rispetto all'irrigazione aperta che raggiunge il 40%. L’acqua riciclata, le acque reflue, l'aggiunta di sostanze nutritive mescolate all'acqua e la desalinizzazione sono le innovazioni utilizzate negli ultimi anni in Israele per affrontare il problema della scarsità d'acqua.
Se i processi agricoli sostenibili si espanderanno sempre di più nei prossimi anni, probabilmente prenderanno una varietà di direzioni. Una delle più promettenti è senza dubbio l’agricoltura rigenerativa, un concetto che si basa sul miglioramento della salute del suolo, degradato nell'agricoltura intensiva dall'uso di macchinari pesanti, fertilizzanti e pesticidi. Secondo l'organizzazione di agricoltura rigenerativa Regeneration International, entro 50 anni potrebbe non esserci abbastanza suolo per nutrire una popolazione in crescita. I metodi di agricoltura rigenerativa includono la riduzione al minimo dell'aratura del terreno, la rotazione delle colture e dei pascoli per non degradare il suolo.
L'agricoltura verticale (prevalentemente idroponica e aeroponica) è un'altra tecnica che ha guadagnato terreno negli ultimi anni. Le colture e le piante vengono coltivate in un ambiente privo di suolo, stratificato e verticale dove l'illuminazione, l'irrigazione e il clima sono controllati per massimizzare l'efficienza e la resa. “I vantaggi che il vertical farming porta sono numerosi”, ha spiegato su Il Mattino Stefania De Pascale, docente di orticoltura e floricoltura presso il dipartimento di agraria dell’università Federico II di Napoli, tra cui l’utilizzo più efficiente dello spazio, un ridotto utilizzo di fitofarmaci, la possibilità di ottenere prodotti a chilometro zero e di coltivare in ambienti con condizioni metereologiche estreme tutto l’anno. Ci sono però alcuni ostacoli da superare: “I costi del vertical farming sono elevati. Richiede un investimento iniziale considerevole per la costruzione o ristrutturazione delle strutture, l’acquisto delle attrezzature, l'installazione di sistemi di illuminazione e climatizzazione. E ancora: i costi per la manutenzione e un elevato consumo energetico, che può danneggiare l’ambiente se parliamo di energie non rinnovabili”.
Le energie rinnovabili sono invece il pilastro dell’agrivoltaico, che in Italia è ancora in fase embrionale ma comincia a muovere passi significativi. Secondo le stime aggiornate, fornite in un recente convegno organizzato da Fieragricola Tech, il mercato degli affitti dei terreni nei quali combinare la coltivazione e gli impianti fotovoltaici è in espansione. I prezzi variano dai 2.500 ai 3.500 euro all’ettaro all’anno con picchi di 4.000 euro in alcune zone della Pianura padana. Qualche giorno fa Enel ha inaugurato a Poggio Renatico, nel ferrarese, il primo parco fotovoltaico in Italia realizzato con i cittadini, che prevede un investimento economico in cambio di bollette più basse. Non mancano le critiche di chi sostiene che l’agrivoltaico riduca il terreno per l’agricoltura vera e propria.
Che impatto avranno, infine, le colture Ogm (organismi geneticamente modificati) sul mondo agricolo? Contribuiranno a migliorare sempre più la produttività agricola e garantire la sicurezza alimentare per un’umanità in crescita oppure, come sostengono i critici, potrebbero avere un impatto negativo sull’ambiente e la salute umana? Questa divisione ha reso molto difficile stabilire una politica a livello di Unione europea, mentre la Cina da circa un decennio ha iniziato a investire una quantità enorme di persone e risorse nel biotech in agricoltura, anche se l’atteggiamento di Pechino negli ultimi tempi sembra essersi fatto più tiepido. In Italia tiene banco il dibattito sul contributo della genetica digitale avanzata, ovvero il genome editing e la cisgenesi, che consentono di correggere il Dna delle piante e quindi di selezionare caratteri specifici utili per l’agricoltura. In un recente convegno del Crea, i rappresentanti dell’agroindustria hanno ribadito la loro posizione favorevole, mentre per le associazioni della Coalizione “Italia Libera da Ogm”, che va da Slow Food al Wwf, “queste nuove tecniche rappresentano una minaccia per la qualità dell’intero comparto agricolo. E il dibattito è destinato a proseguire.