Intelligenza artificiale e discriminazione di genere: quali sfide dovremo affrontare?
La presenza delle donne nell’Ai deve crescere per orientarne lo sviluppo in senso egualitario.
L’intelligenza artificiale come e quanto impatterà sulla discriminazione di genere? Se lo chiede l'Unesco che al riguardo ha pubblicato un rapporto diffuso recentemente in Brasile con la collaborazione della Banca Interamericana di Sviluppo e l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse).
L’intelligenza artificiale potrebbe fare molto per ridurre il divario soprattutto in ambito lavorativo. Secondo il rapporto Unesco i sistemi di Ai potrebbero infatti migliorare i servizi di ricerca del lavoro sia nel considerare le offerte che nel proporre la propria candidatura. Una ricerca della Banca Interamericana di Sviluppo (Artificial intelligence for job seeking, 2020) ha dimostrato che l’uso corretto e responsabile dell’Ai può migliorare la personalizzazione dei servizi e ridurre l’impatto degli stereotipi di genere che portano a una discriminazione nell’accesso al lavoro.
Un problema potrebbe però essere rappresentato dal basso numero di donne attualmente occupate in questo settore: secondo il rapporto Unesco nelle più importanti conferenze sull’Ai le relatrici donne rappresentano solo il 18% e solo il 14% sono autrici di articoli scientifici, mentre gli uomini costituiscono più dell’80% dei docenti del settore.
La disparità di genere, si afferma, deve essere superata perché più donne possano partecipare anche per orientare e dirigere lo sviluppo dell’intelligenza artificiale. E si sottolinea l’urgenza di aumentare la presenza femminile nelle équipes che si occupano di Ai, scienza dei dati e ingegneria dei software oltre che di far crescere negli uomini la consapevolezza degli stereotipi di genere che possono influenzarne negativamente l’utilizzo e la produzione. Un esempio lampante di stereotipo è l’attribuzione di una voce femminile agli assistenti virtuali come Alexa e Siri, che può contribuire a rinforzare l’idea che spetta alle donne prendersi cura del benessere delle persone in ambiente domestico.
Un altro aspetto importante, che potrebbe determinare un impatto negativo, riguarda la possibilità che l’intelligenza artificiale renda facilmente sostituibili dall’automazione quei lavori a più bassa complessità e con minore qualificazione che sono quelli maggiormente diffusi nella forza-lavoro femminile. Uno studio realizzato negli Stati uniti ha evidenziato che le donne per esempio sono super-rappresentate (70%) negli impieghi di tipo amministrativo, i quali per il 60% sono a rischio di automazione.
Il digital divide, ovvero la disparità determinata dal poter accedere o no alle tecnologie e dal possesso o meno delle capacità di utilizzarle, rappresenta quindi una importante barriera all’inclusione soprattutto nei Paesi del sud del mondo.
L’Africa vede la percentuale più bassa di donne con accesso a internet (20,2%) in confronto a un sempre scarso ma comunque maggior numero di uomini (37,1) che utilizzano la Rete.
In alcuni casi non è tanto la mancanza di mezzi economici a rendere l’accesso difficoltoso per le donne quanto il mancato possesso delle abilità necessarie: è il caso per esempio del Brasile, mentre in India alla mancanza di capacità si aggiunge anche la non percezione dell’utilità dell’uso dei mezzi tecnologici.
In alcuni Paesi dell’America Latina (Bolivia, Colombia, El Salvador, Haiti, Messico, Paraguay, Perù), dove la popolazione possiede in gran maggioranza uno smartphone, è stato notato come le donne tendano a utilizzare meno servizi tra quelli offerti e ad accedere in minor misura a internet rispetto agli uomini. Questo, sottolinea il Rapporto, diminuisce la capacità del genere femminile nel cercare e trovare lavoro o nel migliorare la propria posizione lavorativa.
Le donne tendono infatti a utilizzare le tecnologie più per la comunicazione che per attività produttive e di lavoro: ciò avviene perché si sentono meno preparate per i nuovi tipi di occupazione e meno esperte nell’uso delle piattaforme digitali.
All’innovazione tecnologica come importante fattore di cambiamento è stato dedicato anche l’evento Un Women delle Nazioni unite che si è tenuto nel mese di marzo a New York.
Nelle conclusioni della commissione viene sottolineata l’importanza che lo sviluppo tecnologico e l’acquisizione delle abilità per accedervi può avere per l’empowerment femminile soprattutto nei Paesi in via di sviluppo.
Ma anche laddove, come in Unione europea, la situazione è migliore relativamente all’accesso a internet, si notano differenze tra i Paesi quanto al possesso delle abilità tecnologiche delle persone e delle donne in particolare.
Secondo il report Women in digital Scoreboard 2022 in Italia il 79% delle donne utilizza internet contro la media europea dell’87%. Ma se si analizza il dettaglio relativo al possesso delle abilità d’uso il 43% possiede competenze minime di base e solo il 20% possiede abilità superiori. In Francia, per fare un confronto, le donne che utilizzano internet sono il 90%, percentuale che supera la media europea, il 63% possiede competenze minime di base e il 31% ha abilità superiori a quelle minime.
“Il 90% dei lavori attuali ha una componente digitale e le donne non possono più permettersi di non acquisire queste abilità”, commenta Darya Majidi, presidente dell’associazione Donne 4.0, che ha partecipato ad alcuni eventi collaterali di Un Women riservati a rappresentanti della società civile.
“In passato hanno imparato a usare gli elettrodomestici, perché ora non dovrebbero imparare a usare le tecnologie digitali?”.
Majidi inoltre sottolinea la responsabilità delle appartenenti al genere femminile in quanto detentrici di un potere enorme nel campo dell’educazione e dell’istruzione.
In Italia la quasi totalità (95%) di educatori e insegnanti nella scuola pre-primaria e primaria è donna, nella secondaria inferiore le docenti sono il 68% e in quella superiore il 37,75%.
Negli altri maggiori Paesi europei la tendenza alla femminilizzazione dell’insegnamento è invece meno marcata.