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Rapporto ASviS: per combattere il “presentismo miope” serve una governance anticipante

Crisi del multilateralismo, rischi globali, intelligenza artificiale: il documento dell’Alleanza fa il punto sulle sfide del presente e del futuro. Per arrivare preparati servono politiche di lungo periodo e un approccio costruttivo all’AI.

martedì 28 ottobre 2025
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Guardare al futuro, in certi periodi, è più difficile rispetto ad altri. Conflitti, crisi del multilateralismo, guerre commerciali schiacciano ogni narrazione sul presente, e l’opinione pubblica, come i cittadini e le cittadine, è troppo attenta a capire quello che sta accadendo per chiedersi cosa accadrà.

Un approccio che l’ASviS, nel suo ultimo Rapporto dal titolo “Pace, giustizia e diritti: i pilastri della sostenibilità”, presentato alla Camera dei Deputati il 22 ottobre, comprende ma, allo stesso tempo, cerca di superare. Perché le crisi di oggi sono il frutto della scarsa lungimiranza passata (basti pensare al cambiamento climatico) e se non si vogliono ripetere gli stessi errori bisogna cambiare approccio. È per questo che l’Alleanza ha dedicato ampie sezioni del suo Rapporto al pensiero di lungo termine. Vediamo insieme quali.

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Serve una governance anticipante

Cominciamo proprio con il pensiero di lungo termine. L’ASviS ripete da anni, incessantemente, che il nostro Paese ha bisogno di un approccio anticipante alle politiche nazionali. La capacità di analizzare i megatrend, cogliere i segnali di innovazione, costruire scenari futuri e alternativi per il Paese, è una condizione essenziale per migliorare le decisioni che si prendono oggi. Nello specifico, una governance anticipante che funziona dovrebbe essere in grado di: prevedere e gestire i rischi, noti e ignoti; valutare l’impatto (anche economico) delle politiche, nel medio e nel lungo periodo; osservare le grandi trasformazioni industriali, produttive e tecnologiche; favorire una prospettiva intergenerazionale; investire in ricerca e innovazione; promuovere lo sviluppo sostenibile di territori e città.

Proprio per promuovere il pensiero a lungo termine l’Alleanza ha creato l’iniziativa Ecosistema Futuro, una partnership nata per mettere il futuro – o meglio, i futuri – al centro della riflessione culturale, politica, economica e sociale del Paese, e confrontarsi sugli scenari che possono garantire benessere e qualità della vita, nel rispetto dei confini planetari, da qui al 2100.

Ecosistema Futuro conta già più di 40 soggetti e connette realtà diverse che si occupano di futuro in Italia, dalle scienze naturali a quelle umanistiche, dalla tecnologia all’innovazione, dall’economia al design, da chi fa comunicazione a chi opera nelle istituzioni culturali e nei musei italiani, fino a chi lavora per favorire la partecipazione giovanile e tutelare i diritti delle future generazioni.

A settembre di quest’anno Ecosistema Futuro ha pubblicato un documento, richiamato dal Rapporto ASviS, in cui vengono avanzate sei proposte concrete per creare una seria governance anticipante in Italia. Tra queste l’utilizzo di strumenti di strategic foresight nelle istituzioni pubbliche, un’Assemblea nazionale sul futuro nel 2027 e la tutela dei diritti delle future generazioni attraverso la Valutazione di impatto generazionale (Vig). Proprio su quest’ultimo punto l’Alleanza ha concentrato la sua attenzione: la Vig permetterà infatti di analizzare gli effetti di leggi e politiche sulle prossime generazioni, valutandone l’impatto ambientale, sociale ed economico. È attualmente in discussione alla Camera dei Deputati, dopo l’approvazione del Senato, e una sua attuazione concreta permetterebbe al nostro Paese di fare grossi passi avanti nell’elaborazione di politiche per tutelare le generazioni future.

Governance anticipante, come disegnare il futuro dell’Italia

Il documento ASviS, realizzato nell’ambito del progetto Ecosistema Futuro, propone un nuovo approccio per integrare gli scenari futuri nella definizione delle politiche pubbliche e tutelare così le prossime generazioni. 

di Elita Viola

 

Come sta l’Onu

Un’altra consistente parte del Rapporto ASviS è dedicata allo stato di salute delle Nazioni Unite. “Nonostante le sue debolezze”, si legge nel testo, “l’Onu resta l’unico punto di ancoraggio per la costruzione di uno sviluppo sostenibile globale e va riconosciuto che le sue Agenzie svolgono un lavoro indispensabile, seppure spesso ignorato dall’opinione pubblica, per migliorare le condizioni di vita dei più poveri, costruire un consenso per disegnare politiche migliori, a tutela di tutta l’umanità”. E dal momento che l’Agenda 2030, con i suoi Obiettivi, è entrata nei suoi cinque anni conclusivi, c’è bisogno di nuovi accordi multilaterali, o di consolidare quelli che esistono già.

Il Patto sul Futuro, ad esempio, firmato a settembre 2024 all’unanimità (per “consenso”), è nato per riaffermare l'impegno degli Stati membri per intensificare gli sforzi verso il raggiungimento degli Obiettivi di sviluppo sostenibile dell'Agenda 2030.

Il Patto, la cui firma è passata in sordina (nonostante gli sforzi divulgativi di alcune parti della società civile, tra cui l’ASviS), è il risultato di un lungo processo per adattare le istituzioni e la cooperazione internazionale a un mondo che è radicalmente cambiato. Per intraprendere questo percorso il documento si articola in 56 azioni da attuare nei prossimi anni, affrontando una serie di temi tra cui: pace, sicurezza, sviluppo sostenibile, cambiamento climatico, cooperazione digitale, diritti umani, parità di genere, giovani e generazioni future, trasformazione della governance globale (tra i principali risultati del vertice si nota l’impegno concreto a riformare il Consiglio di sicurezza, rendendolo più efficace e rappresentativo, e la volontà multilaterale a raggiungere il disarmo nucleare).

Questo testo, ricorda l’Alleanza nel Rapporto, prevede di adottare azioni sfidanti come: triplicare le energie rinnovabili e raddoppiare il tasso medio annuo globale di miglioramento dell’efficienza energetica entro il 2030, o anche abbandonare i combustibili fossili nei sistemi energetici in modo da raggiungere la neutralità carbonica entro il 2050.

Quest’anno, il presidente dell’Assemblea Generale Philémon Yang ha organizzato tre dialoghi informali per promuovere l’attuazione del documento, in linea con le priorità del Segretario generale António Guterres. Gli incontri sono stati dedicati a mezzi d’implementazione, monitoraggio, valutazione e processo di revisione del Patto (previsto per il 2028).

Sempre quest’anno, ricorda l’Alleanza, le Nazioni Unite hanno pubblicato il loro primo Global Risk Report, illustrando i risultati di un’indagine sulla percezione del rischio che ha coinvolto nel 2024 più di 1.700 esperti (rappresentanti di 1.100 stakeholder) da 136 Paesi, e proponendo quattro scenari plausibili e alternativi sul futuro della società globale, a seconda del grado di cooperazione tra Stati e di efficacia del multilateralismo.

I rischi individuati durante l’indagine sono stati raggruppati in quattro aree: rischi tecnologici (collasso della sicurezza informatica, sviluppo negativo dell’AI, concentrazione del potere nelle mani di colossi tech), rischi sociali (nuova pandemia, rischi biologici, movimenti di massa delle persone), rischi ambientali (carenza di risorse, declino della biodiversità, pericoli legati alla natura), rischi politici (disinformazione e cattiva informazione). Un altro segnale che l’Onu sta dando grande importanza al pensiero di lungo termine.

Il patto di Siviglia, ma non solo

A luglio 2025 si è svolta a Siviglia la Quarta Conferenza della “Finanza per lo Sviluppo”, il più importante evento multilaterale del 2025 delle Nazioni Unite, che ha visto la partecipazione di 70 leader e 190 Paesi. Purtroppo, essendosi svolta in un momento di grande crisi per il multilateralismo, è passata abbastanza sottotraccia. Emblematico di questo clima l’atteggiamento degli Usa, che hanno abbandonato la Conferenza una settimana prima dell’inizio, rifiutandosi di assumere ogni impegno.

Nonostante ciò, gli esiti della Conferenza hanno mostrato una certa resilienza e resistenza del sistema di dialogo multilaterale, e la Vicesegretaria Generale dell’Onu Amina Mohammed ha indicato il Vertice come una vittoria per il multilateralismo, perché “è necessario capire che, nel contesto globale in cui ci muoviamo, non sono le risorse economiche a mancare per ridurre la povertà globale, ma la volontà politica”.

Nella Conferenza si è parlato di Aiuto pubblico allo sviluppo, tassazione dei sistemi fiscali, debito dei Paesi più poveri – su quest’ultimo punto si è registrata una netta indisponibilità dei Paesi creditori a qualsiasi forma di cancellazione, sospensione o rinegoziazione, anche per i Paesi più fragili. Sul disegno di una nuova architettura finanziaria internazionale, è stata accolta la proposta di un percorso intergovernativo con tutti gli attori, istituendo presso l’Onu un coordinamento delle iniziative sul debito, il cui monopolio è ancora oggi esclusivo delle istituzioni finanziare internazionali, Banca Mondiale e Fmi.

Sempre restando in ambito economico, il Rapporto ricorda anche che a maggio 2025 è stato nominato un gruppo di esperti, previsto nel Patto sul Futuro, per sviluppare misure di progresso che vadano oltre il Pil. Questo gruppo, composto da 14 membri (tra cui Enrico Giovannini, direttore scientifico dell’ASviS), dovrà definire un quadro concettuale che identifichi le dimensioni chiave del progresso e sviluppi un corrispondente elenco di indicatori di sviluppo sostenibile, gestibili a livello nazionale e universalmente applicabili. Il quadro concettuale sarà la base per un processo intergovernativo di condivisione da avviare nel 2026.

Il futuro secondo l’Europa e l’Italia

Come ogni anno il Rapporto dedica un’ampia panoramica a Europa e Italia, analizzandone anche la visione di lungo termine. Visione che per l’Unione europea collima con la Relazione di previsione strategica (strategic foresight) 2025 che, individuando le scelte da compiere per costruire un futuro preferibile e “scrivere il proprio destino”, introduce un’idea più articolata di resilienza, denominata “Resilienza 2.0”.

Per attuare questa visione la Commissione seguirà un approccio “trasformativo, proattivo e lungimirante” per definire le scelte politiche dell’Unione. La Relazione indica come priorità lo “sviluppo di una coerente visione globale per l’Ue”, basata sui propri valori fondamentali e obiettivi. Per garantire un futuro prospero all’Europa, sia la Relazione che il discorso sullo Stato dell’Unione di Ursula von der Leyen indicano come elemento chiave la promozione della partecipazione democratica e il contrasto alla disinformazione.

In Italia, oltre alla già citata Vig, le politiche direttamente orientate al futuro scarseggiano. È stata però approvata dal Parlamento la Strategia italiana per l’intelligenza artificiale, che ha destato un certo interesse. Si tratta del primo quadro normativo nazionale approvato da un Paese europeo che disciplina sviluppo, adozione e governance dei sistemi di AI nel rispetto dei principi costituzionali e dei diritti fondamentali, in coerenza con l’AI Act europeo. La legge (la cui efficacia andrà verificata sul campo) si fonda su principi di uso antropocentrico, trasparente e sicuro dell’intelligenza artificiale, concentrandosi su innovazione, cybersicurezza, tutela della riservatezza e accessibilità. Nei settori che beneficeranno di più di questa tecnologia – sanità, lavoro, pubblica amministrazione e giustizia, formazione e sport – la legge prevede garanzie di tracciabilità, responsabilità umana e centralità della decisione finale della persona fisica.

Per accelerare competitività e adozione, lo Stato ha messo in campo un programma di investimenti da un miliardo di euro a favore di startup e piccole e medie imprese (Pmi) nei campi dell’AI, della cybersicurezza e delle tecnologie emergenti. Ma ci sono alcuni ostacoli, a partire da una governance frammentata e dallo scarso coinvolgimento delle Pmi. È importante notare inoltre che la legislazione italiana adotta un approccio fortemente precauzionale, vietando esplicitamente l’uso dell’intelligenza artificiale in alcune attività sensibili (per esempio giustizia e sanità) e imponendo una supervisione umana generalizzata. L’AI Act europeo, invece, segue un modello di regolazione risk-based: classifica i sistemi di AI in base al livello di rischio (limitato, alto, vietato) e impone obblighi proporzionati. Solo gli usi “ad alto rischio” sono soggetti a requisiti stringenti, mentre quelli “utilizzabili liberamente” sono in gran parte scevri da vincoli normativi diretti.

Ultimo, ma non meno importante, l’appello al Papa del gruppo di lavoro sull’intelligenza artificiale, che si è riunito in Vaticano in occasione del World meeting on human fraternity del 12 e 13 settembre.

Gli scienziati al Papa: una guida morale per gestire gli sviluppi della AI

Nel corso del World meeting on human fraternity in Vaticano, un gruppo di esperti ha sottoscritto un appello elencando i rischi di uno sviluppo tecnologico incontrollato, ma riconoscendo anche le difficoltà di una regolamentazione globale. TESTO INTEGRALE

 

Il working group, coordinato dal giornalista Riccardo Luna e composto da numerosi esperti, tra cui lo psicologo, informatico e premio Nobel Geoffrey Hinton, ha sottoscritto un appello in cui vengono elencate le sfide poste dall’intelligenza artificiale al futuro dell’umanità, raccomandando una serie di interventi legislativi ed etici per evitare che questa nuova tecnologia sfugga al controllo umano, appellandosi all’autorità morale del Papa per un accordo internazionale vincolante tra tutti i Paesi del mondo. Senza bloccarne lo sviluppo, ma provando a gestirlo.

I progressi nella visione del futuro, comunque, ci sono, anche nel nostro Paese. Marcella Mallen, presidente dell’ASviS, ha ad esempio ricordato durante la presentazione del Rapporto l’importanza della modifica all’articolo 9 della Costituzione, avvenuta nel 2022 anche grazie al lavoro dell’Alleanza. Questa modifica assicura una tutela costituzionale alle prossime generazioni e “prefigura una sorta di diritto al futuro”. Mallen ha anche sottolineato che la Valutazione d’impatto generazionale delle politiche pubbliche sarà “un antidoto al presentismo miope delle nostre leggi”.

Gli impegni per costruire politiche di lungo termine, in Italia come nel resto del mondo, non sono però ancora sufficienti. E il Rapporto ASviS, anche quest’anno, è qui a ricordarcelo.

Copertina: ThisIsEngineering/pexels