La visione del futuro nel rapporto ASviS: impegni internazionali e debolezze italiane
Dal Patto Onu sul futuro alle politiche europee, dal “drammatico ritardo” del nostro Paese sugli SDGs alle prospettive al 2030 e al 2050, il documento dell’Alleanza traccia una panoramica delle sfide dei prossimi anni e delle scelte per costruire un futuro sostenibile.
Nel Rapporto ASviS la parola “futuro” ricorre 163 volte (la prima nel titolo: “Coltivare il futuro”), “future” 78, “futuri” 13 e “futura” tre, per un totale di 257 occorrenze, che considerando le dimensioni del documento presentato il 17 ottobre all’Acquario Romano (206 pagine) è una media più che buona. Questo dato sarebbe già abbastanza indicativo per comprendere la centralità del tema nell’analisi che l’Alleanza compie annualmente per mappare il percorso dell’Italia verso i 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile (SDGs), integrando proposte di politiche pubbliche e private. Ma c’è anche da dire che l’Agenda 2030 ha parlato, fin dalla sua nascita, di futuro.
Gli SDGs nascono proiettati in avanti: il programma di azione, sottoscritto nel settembre 2015 dai 193 Stati membri dell’Onu, si è posto come data di scadenza il 2030 (un futuro a quindici anni) e sulla base di quella scadenza sta cercando di orientare le azioni dei Paesi firmatari. Il vantaggio di stabilire una data, oltre a definire un orizzonte tangibile, è di poter misurare il percorso verso quell’orizzonte, misurabilità che permette all’Alleanza di monitorare il cammino dell’Italia verso il 2030, anno dopo anno.
Dato che abbiamo superato la metà del percorso, però, bisogna iniziare a pensare oltre il 2030. Per questo motivo nel Rapporto ASviS la parola “futuro” (e le sue declinazioni) ricorre così tante volte: perché il futuro – come ricorda anche la Costituzione italiana, dove nel 2022 è stato introdotto il concetto di tutela delle “future generazioni”, grazie alla modifica degli articoli 9 e 41, promossa anche dall’ASviS – è la materia prima di politiche lungimiranti, necessarie per una svolta veramente sostenibile.
Ecco quindi una panoramica dei punti caldi del Rapporto ASviS, dove si parla (e approfondisce) il tema del futuro. O, meglio, dei possibili futuri.
Il “Patto del futuro” e le sue 56 azioni
Del “Patto sul futuro” abbiamo già parlato qui e qui, ma rinfrescare la memoria non guasta. Il 22 e 23 settembre si è tenuto a New York il “Summit del Futuro”, vertice che ha riunito i leader mondiali per creare un nuovo consenso internazionale sui prossimi passi da compiere in materia di sostenibilità e riforme della governance internazionale. Durante il Summit sono stati approvati, oltre alla Dichiarazione sulle future generazioni e al Global digital compact, il Patto sul futuro (firmato anche dall’Italia), nato per riaffermare l'impegno degli Stati membri a intensificare gli sforzi verso il raggiungimento degli Obiettivi di sviluppo sostenibile dell'Agenda 2030, punti di riferimento fondamentali (nonostante le difficoltà) per orientare le scelte politiche, economiche e sociali a livello internazionale e nazionale.
Il Patto sul futuro intende portare il multilateralismo “fuori dall’orlo del baratro”
Senza cooperazione non si vincono le grandi sfide globali. Nel testo è presente la lotta alla crisi climatica e alle disuguaglianze. Nuovi obiettivi su AI e future generazioni. La dichiarazione della premier Meloni sul Patto.
Il Patto è il risultato di un lungo processo per adattare le istituzioni e la cooperazione internazionale a un mondo che è radicalmente cambiato. Per intraprendere questo percorso il documento si articola in 56 azioni da attuare nei prossimi anni, affrontando una serie di temi tra cui: pace, sicurezza, sviluppo sostenibile, cambiamento climatico, cooperazione digitale, diritti umani, parità di genere, giovani e generazioni future, trasformazione della governance globale (tra i principali risultati del vertice si nota l’impegno concreto a riformare il Consiglio di sicurezza, rendendolo più efficace e rappresentativo, e la volontà multilaterale a raggiungere il disarmo nucleare).
Nella premessa al Patto i leader affermano che ci troviamo di fronte a una serie crescente di “rischi catastrofici ed esistenziali, molti causati dalle scelte che facciamo” (tra cui spicca il cambiamento climatico) e che è necessario un cambio di rotta drastico.
Questo testo, ricorda l’Alleanza nel Rapporto, è stato firmato anche dall’Italia, che non può dunque promettere azioni a livello internazionale in controtendenza con le politiche interne attualmente in atto. Il Patto prevede infatti di adottare azioni sfidanti come: triplicare le energie rinnovabili e raddoppiare il tasso medio annuo globale di miglioramento dell’efficienza energetica entro il 2030, o anche abbandonare i combustibili fossili nei sistemi energetici in modo da raggiungere la neutralità carbonica entro il 2050. Mentre l’Italia non sembra andare in questa direzione. Per questo l’ASviS richiede, prima di tutto, di “superare le contraddizioni”.
Oltre il 2030
C’è poi la questione di cosa succederà quando si arriverà alla fine di questa decade. Raggiunti gli Obiettivi o meno, l’Agenda ha una data di scadenza precisa. E per questo motivo lo scorso giugno alcuni pesi massimi del tema (tra cui Johan Rockström e Jeffrey Sachs) hanno pubblicato un articolo su Nature (analizzato nel Rapporto) in cui sono state individuate sei priorità per estendere i 17 Obiettivi al 2050, tracciando deadline intermedie al 2030 e 2040 per i Target che non saranno raggiunti entro questa decade. Tra questi, gli autori citano gli impegni per: tagliare le emissioni climalteranti entro il 2040 di almeno il 69% rispetto al 2019; raggiungere un’economia a zero emissioni nette entro il 2050; proteggere entro il 2030 il 30% delle terre, degli oceani, delle zone costiere e delle acque della Terra e ripristinare il 30% degli ecosistemi degradati.
Oltre il 2030: un piano per adattare gli Obiettivi di sviluppo sostenibile
In un articolo su Nature dieci studiosi, tra cui Johan Rockström e Jeffrey Sachs, propongono sei priorità per estendere i 17 Obiettivi al 2050, tra limiti planetari e riforma dell’architettura finanziaria.
L’ASviS si dimostra anche in questo caso in linea con le proposte contenute nel paper, tanto da aver fondato nel 2020 il progetto e il sito FUTURAnetwork, che si occupa di esplorare gli scenari oltre il 2030. Oltre ad aver messo in cantiere una partnership tra istituti, centri di ricerca, enti pubblici e privati, per individuare gli scenari dei prossimi decenni e portare i futuri possibili al centro del dibattito pubblico. Si chiama “Ecosistema futuro”, e presto ne saprete di più.
Il futuro dell’Unione europea
C’è anche spazio per l’Ue nel Rapporto ASviS, e per i passi da compiere nei prossimi anni. Il tema è cruciale, in particolare dopo la rielezione di Ursula von der Leyen alla guida della Commissione. Nei suoi orientamenti politici, in linea con il manifesto che l’Alleanza ha pubblicato alla vigilia delle elezioni europee (ripreso nel Rapporto), von der Leyen ha avanzato numerose proposte per rafforzare le iniziative già avviate in materia di sostenibilità (compreso il Green Deal) e stimolarne di nuove.
L’ASviS ribadisce dunque l’importanza di seguire questi orientamenti, dato che il quinquennio della commissione von der Leyen II (che si chiuderà nel 2029) sarà cruciale per il raggiungimento degli Obiettivi dell’Agenda 2030.
Ma il Rapporto ASviS non si ferma qui. Nel documento vengono riassunti e commentati anche i report di Enrico Letta e Mario Draghi, capisaldi delle politiche europee presenti e future e accolti con favore dall’Alleanza.
Partendo dal primo, su richiesta del Consiglio europeo, l’ex premier Letta ha predisposto il Rapporto “Much more than a market” sul futuro del mercato unico. Il Rapporto è stato apprezzato dal Consiglio europeo e diverse raccomandazioni sono state riprese negli Orientamenti della nuova commissione von der Leyen.
Il documento si concentra fortemente sull’integrazione in particolare nei settori dell’energia, delle telecomunicazioni, della difesa e finanza, elaborando una tabella di marcia per compiere progressi in ciascun ambito entro il 2029. “Il mercato unico dell’energia può benissimo essere la migliore risorsa dell’Europa per garantire il suo successo in un nuovo ordine globale”, ha detto Letta presentando il suo Rapporto.
Ma c’è anche la questione di come rendere il “mercato unico” veramente comunitario: la soluzione proposta dall’ex presidente del Consiglio (decisamente orientata al futuro) è di creare un “28esimo Stato virtuale”, con un suo “diritto commerciale, e magari domani un suo ordinamento fiscale, e di rendere applicabile dovunque in Europa questo sistema”. Questo Stato virtuale eviterebbe di passare da un Paese all’altro, e da un sistema all’altro – azioni che creano un “caos normativo” in materia fiscale, e non solo. “Si tratterebbe di un enorme passo in avanti verso la semplificazione e l’integrazione. E lo si farebbe attraverso una opzione e non una imposizione”, ha sottolineato Letta, oltre a risollevare un’economia europea che “perde colpi in modo strutturale” rispetto a Stati Uniti, Cina e India.
C’è poi il Rapporto sul futuro della competitività europea redatto da Draghi su incarico di Ursula von der Leyen, analizzato a fondo nel Rapporto ASviS. L’ex premier ed ex presidente della Bce dipinge il quadro di un’Europa fortemente dipendente da altri Paesi e che, in uno scenario di “policrisi” come quello odierno, corre rischi di vulnerabilità.
Per Draghi è necessario innescare un decisivo aumento della produttività. Per realizzare l’obiettivo c’è la necessità di incrementare gli investimenti europei (pubblici e privati) di circa 750-800 miliardi di euro all’anno, orientandoli verso digitalizzazione, decarbonizzazione e rafforzamento della capacità di difesa. Si tratterebbe di uno sforzo senza precedenti, ma indispensabile: “Se l’Europa non riesce a diventare più produttiva, saremo costretti a scegliere. Non saremo in grado di diventare, contemporaneamente, un leader nelle nuove tecnologie, un faro di responsabilità climatica e un attore indipendente sulla scena mondiale. Non saremo in grado di finanziare il nostro modello sociale. Dovremo ridimensionare alcune, se non tutte, le nostre ambizioni”.
Draghi, Letta e Giovannini su competitività e investimenti sociali per il futuro dell’Europa
I materiali disponibili sulle relazioni dei tre italiani all’High level conference di La Hulpe. Con un’idea comune: l’Unione europea può sopravvivere nella competizione globale solo con una maggiore integrazione.
Il futuro insostenibile in Italia
Passiamo poi al vero tasto dolente: il nostro Paese. L’Italia sembra attualmente incapace di immaginare un futuro diverso dal presente o dal passato appena vissuto. Se guardiamo agli obiettivi quantitativi analizzati nel Rapporto ASviS, le scelte del Paese risultano insufficienti per raggiungere la stragrande maggioranza dei Target dei 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile.
Secondo il Rapporto, l’Italia è in “drammatico ritardo” su tutti gli SDGs. Tra il 2010 e il 2023 si riscontrano peggioramenti per cinque Goal (povertà, disuguaglianze, qualità degli ecosistemi terrestri, governance e partnership), miglioramenti molto contenuti per sei (cibo, energia pulita, lavoro e crescita economica, città sostenibili, lotta al cambiamento climatico e qualità degli ecosistemi marini), progressi più consistenti per cinque (salute, educazione, uguaglianza di genere, acqua e sistemi igienico-sanitari e innovazione), mentre l’unico passo avanti significativo interessa l’economia circolare. “Siamo di fronte a un disastro annunciato”, ha commentato Enrico Giovannini, direttore scientifico dell’ASviS, nella sua sintesi del Rapporto.
La questione sulle politiche presenti e future è dunque cruciale, tanto che il Rapporto riprende e sistematizza i contenuti espressi nello studio “Scenari per l’Italia al 2030 e al 2050. Le scelte da compiere ora per uno sviluppo sostenibile”, pubblicato dall’Alleanza in collaborazione con Oxford Economics a maggio 2024.
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Lo studio analizza i progressi e le incertezze del quadro legislativo ed economico del Paese, accentuando la relazione tra transizione energetica e variabili macroeconomiche ed evidenziando le scelte da compiere oggi nel campo delle politiche industriali e degli investimenti, in modo da assicurare un futuro di prosperità per l’Italia ed evitare non solo gli scenari catastrofici, ma anche il peggioramento delle condizioni socioeconomiche del Paese.
Vengono messi a confronto cinque possibili scenari: quello di base, che tiene conto delle attuali politiche e di un aumento medio delle temperature di almeno 1.9°C rispetto al periodo pre-industriale; il net zero, dove si raggiunge la neutralità carbonica in Italia e nel mondo anche grazie all’introduzione di una carbon tax; la net zero transformation, ovvero lo scenario che punta ad azzerare le emissioni di CO2 entro il 2050 con innovazioni e riforme economiche mirate per stimolare investimenti green; la transizione tardiva, dove le politiche di mitigazione partono, ma solo dal 2030 in poi; lo scenario di catastrofe climatica, in cui i governi falliscono nel compito di contenere l’aumento della temperatura e le emissioni di gas climalteranti.
Secondo lo studio né lo scenario base né quello net zero rappresentano una condizione ottimale (per non parlare della transizione tardiva o della catastrofe climatica). Per evitare i maggiori impatti sulla salute e sulle nostre economie serve dunque imboccare il percorso “net zero trasformation”, dove le politiche trasformative sono in grado di rendere la transizione energetica una leva per massimizzare il benessere collettivo.
Il dibattito sul futuro è dunque una delle colonne portanti del Rapporto ASviS, come lo è sempre stato nel discorso dell’Alleanza. Fin dalla sua nascita, nel 2016, l’ASviS ha sempre invitato i governi ad assumere un approccio alle politiche più forward looking, anche attraverso la costituzione di un istituto pubblico di studi sul futuro.
L’Italia dispone già di enti e centri di ricerca che trattano questioni fondamentali per il domani del nostro Paese, ma la mancanza di un approccio strutturato a questo tema, lo ripete ancora una volta l’Alleanza, determina una difficoltà strutturale per il Paese di immaginare diversi scenari “di sistema” al 2050 e al 2100, con il risultato di limitare l’efficacia delle decisioni prese oggi.
Per concludere da dove abbiamo cominciato, la parola “futuro” ricorre in totale 257 volte nel Rapporto, e la prima è nel titolo: non è una scelta casuale. Questo titolo “esprime l’urgenza di operare adesso, nonostante gli orrori, le difficoltà e i disastri che abbiamo sotto i nostri occhi”, e allo stesso tempo dà la speranza “che il futuro non sarà necessariamente uguale al presente, ma che dipenderà da ciò che facciamo ora e faremo domani”, come ricorda Giovannini, citando il filosofo Karl Popper.
L’ASviS, conclude il direttore scientifico, è nata proprio con questo spirito: contribuire a “coltivare ora il nostro futuro, non uno qualunque, ma quello descritto mirabilmente nell’Agenda 2030”.
Copertina: 123rf