La crisi climatica rischia di uccidere lo sci? Drammatiche prospettive in uno studio sull’Italia
La neve naturale sulle Alpi potrebbe scomparire entro pochi decenni, e quella artificiale solleva preoccupazioni ambientali. Molte stazioni sciistiche potrebbero non sopravvivere.
Dai primi decenni del Novecento lo sci alpino divenne sempre più popolare. Tutto ciò dipendeva dalla grande crescita delle infrastrutture sciistiche, ma soprattutto da una stagione invernale regolare e prevedibile, con neve fresca che riforniva le piste. I presagi per lo sci e gli sport invernali ora non sono buoni. Alle Olimpiadi invernali del 2022 di Pechino abbiamo visto gli sciatori gareggiare sulla neve artificiale. Il cambiamento climatico sta facendo sì che i ghiacciai si riducano molto più velocemente rispetto al secolo scorso e la regione alpina è una delle più sensibili a questo fenomeno.
Come ha mostrato uno studio italiano pubblicato su Nature Climate Change, nell’ultimo secolo la durata del manto nevoso nelle Alpi si è accorciata di oltre un mese, un declino senza precedenti negli ultimi 600 anni. I ricercatori dell’Università di Padova e dell’Istituto di Scienze dell’atmosfera e del clima del Cnr di Bologna volta hanno ottenuto questi risultati incrociando le misure degli anelli di accrescimento del ginepro, che può vivere fino a 400 anni, con un modello di permanenza del manto nevoso messo a punto per l’occasione. È la prima volta che si riescono a ottenere informazioni su un orizzonte temporale così lungo per questa variabile meteorologica.
“Questione di un paio di decenni e l’arco alpino sarà interamente privo di un manto nevoso stabile e resisteranno solo i ghiaccia più grandi, Stelvio, Marmolada, Adamello”, ha osservato il 16 gennaio su La Stampa il geologo Mario Tozzi, facendo notare che “in Italia, la metà dei Paesi in cui si effettuano attività sciistiche si trova sotto i 1.300 metri, dove già oggi non c’è più neve. E un rapporto dell’Organizzazione meteorologica mondiale, dopo uno stress test effettuato sulle Dolomiti, ha ipotizzato che fra soli quattordici anni, e per i successivi trenta, sciare a Cortina potrebbe diventare addirittura impossibile.
I comprensori sciistici dipendono sempre più da vaste operazioni di innevamento artificiale per mantenere aperte le loro piste. In Italia, sempre secondo Tozzi, su 4.693 km di piste da sci da discesa, oltre il 60% è innevato artificialmente. Tuttavia il processo di produzione di neve finta ha alcuni effetti negativi sull’ambiente, a partire dal consumo di acqua ed energia, che proviene principalmente da fonti non rinnovabili, e dal massiccio uso di additivi inquinanti. Per non dire del peso maggiore della neve artificiale che provoca il congelamento del terreno sottostante, alterando la biodiversità degli ambienti montani.
Creare neve artificiale per adattarsi ai cambiamenti climatici, inoltre, non costa poco. Ciò riduce le entrate degli operatori e ne aumenta i costi, che vengono spesso trasferiti sui consumatori. Con il risultato che questi sport già piuttosto costosi rischiano di diventare più esclusivi e meno diversificati. Sempre più appannaggio dei ricchi. Le stazioni sciistiche possono innovare e adattarsi, e alcune già lo stanno facendo, dalle coperture dei ghiacciai con coperte (note come geotessili) a proposte alternative come le vacanze invernali a piedi. Con l’aumento delle temperature globali, però, molte strutture potrebbero non sopravvivere alla minaccia di una chiusura permanente.