Empatia ed etica salveranno il mondo
La contrapposizione è alla base delle forti complessità sociali contemporanee, tra i giovani come tra gli adulti. Ma la vita è frutto di relazioni positive, discussioni e soluzioni concordate.
(°) L'empatia è la capacità di comprendere e sentire le emozioni e le prospettive altrui, mentre l'etica riguarda un insieme di principi morali e regole di condotta che guidano il comportamento giusto e corretto, spesso traducendosi in azioni concrete e disinteressate. L'empatia è una predisposizione emotiva e cognitiva, mentre l'etica è un quadro di riferimento più ampio e razionale che definisce ciò che è considerato moralmente buono o giusto, e che può essere influenzato dall'empatia.
In questi ultimi mesi abbiamo più volte parlato dei “guai sociali” che stanno caratterizzando questi ultimi anni, non solo in Italia. Si è parlato di tensioni sociali, di contrapposizioni, di allontanamenti da logiche di accordi e condivisioni. Si è anche osservato che si tratta di fenomenologie piuttosto nuove, che hanno caratterizzato solo questi ultimi anni, e che non fanno parte della storia.
Ci siamo soffermati più volte anche sulle cause sociali che sono all’origine di questi problemi. Le ricordiamo in poche righe:
- Veniamo da una storia caratterizzata da sempre da “masse incolte”, senza aspirazioni di ambizioni e protagonismo. Ciò fino a circa 20 anni fa: fino a quei tempi, di fatto, più dell’80% d’abitudine interrompeva la formazione scolastica prima dell’avvio dell’adolescenza;
- Negli ultimi 20 anni si è innescato un cambiamento importante: i ragazzi hanno cominciato a studiare, completando nella grande maggioranza le scuole medio superiori. Pur non proseguendo gli studi per portare a termine la formazione (ben pochi i laureati), questi giovani si sono illusi di un futuro professionale interessante, con ritorni importanti;
- Purtroppo, però, nello stesso periodo, il mondo economico ha avuto forti problemi (globalizzazione e varie crisi finanziarie), e la grande maggioranza di questi giovani non ha raggiunto gli obiettivi sperati, ed è caduta nel precariato;
- E tutto ciò ha innescato i grandi guai sociali che ci stanno tuttora caratterizzando: queste nuove generazioni non hanno accettato questa prospettiva, hanno avviato le centrature su di sé, le contrapposizioni, il populismo. Con tensioni sociali continuamente crescenti.
Il problema da risolvere: le contrapposizioni
Il problema più grosso che sta creando forti complessità sociali, è quello delle contrapposizioni. La gente non si rende conto che la vita – da qualsiasi punto di vista – è frutto solo di relazioni positive, di discussioni e soluzioni concordate, e non di lotte.
Va però precisato l’origine del tutto. La causa dell’innesco di questi guai non è da attribuire alle crisi economiche: ci sono sempre state (e periodicamente ci saranno anche in futuro), ma non hanno mai avuto conseguenze di questo tipo.
Il guaio è attribuibile alle illusioni che si erano create le nuove generazioni, che però non sono state accompagnate dalla condizione basica necessaria: il completamento della formazione culturale, che è avvenuto solo per una forte minoranza.
Il completamento avrebbe dato grandi opportunità:
- Più preparazione culturale, con opportunità professionali più elevate
- Più resilienza, cioè più capacità di trovare per sé soluzioni anche in contesti di difficoltà; più capacità di gestire la propria “imprenditorialità”
- E soprattutto evitamento di posizioni contrappositive: la formazione completata, la cultura, dà all’individuo la propensione per una relazionalità positiva verso gli altri, un maggior rispetto; in altre parole, l’acquisizione del valore dell’etica.
Qual è l'origine dei guai, e qual è la soluzione basica (cioè l'etica)
L’origine dei guai non è da imputare ai giovani che hanno interrotto gli studi, perché dell’interruzione non ne hanno responsabilità, come più volte abbiamo precisato.
La scuola media superiore è attualmente impostata in modo contrappositivo, rigido, severo. La scuola non si rende “desiderabile”, non fa “il marketing” di se stessa: l’85% dei giovani non ha un rapporto positivo con la scuola.
La soluzione consisterebbe nel “fare innamorare della scuola” i giovani, con una docenza completamente diversa, più personalizzata, più coinvolgente, più alleata, più vicina. Fra l’altro è solo il coinvolgimento emotivo che attiva la parte memorizzante del cervello – l’ippocampo – e consente di impossessarsi e di trattenere la cultura. Senza coinvolgimento, l’ippocampo non agisce, e non c’è memorizzazione.
E se così avvenisse, la prosecuzione degli studi sarebbe garantita, e l’acquisizione dell'etica e della relazionalità positiva sarebbe il risultato. E sarebbe il termine della contrapposizione, che è il vero guaio sociale.

Come creare benessere vero
Vivere in uno stato di benessere percepito è il vero obiettivo dell’essere umano, ma ci vogliono metodi innovativi. Necessario creare un sistema formativo parallelo a quello della formazione scolastica.
Nono solo l'etica, ma a monte anche l'empatia
Si è parlato dell’etica come acquisizione individuale consentita dalla cultura, nei limiti in cui la formazione venisse completata. Quindi la scuola e la formazione sono la condizione che deve essere soddisfatta perché l’individuo trovi in autonomia il valore dell’etica, di cui impossessarsi.
Esiste tuttavia la possibilità di avviare la formazione dei giovani introducendo in modo diretto, a monte dello sviluppo della formazione, anche i valori della relazionalità positiva.
Quindi prima ancora che la cultura porti verso l’etica, la scuola in tutte le fasi formative, anche in quella della prima infanzia e della pre-adolescenza, dovrebbe avviare percorsi formativi verso una forte sensibilità relazionale: l’acquisizione dell’empatia, cioè la capacità di “mettersi nei panni dell’altro”, di capirlo, di rafforzare la relazione, di migliorare la comunicazione e favorire la collaborazione.
L’acquisizione sia…
… dell’empatia come tematica formativa, in tutta la prima fase della scolarizzazione
… che dell’etica come acquisizione autonoma, non insegnata, conseguente alla evoluzione della formazione culturale,
rappresenterebbero la soluzione di tutti i problemi sociali: evitamento contrapposizioni, solo relazionalità positiva.
Due note sulla Danimarca
In Europa ci sono Paesi molto evoluti che vanno in questa direzione. La Danimarca – in quest’area tematica – dà insegnamenti molto significativi.
Dal 1993 in Danimarca si studia l’empatia ogni settimana come materia scolastica (e i risultati sono clamorosi).
In Danimarca l’empatia si insegna con la stessa intensità delle materie basiche (es: matematica e scienze): migliora il cervello, riduce il bullismo e aumenta le possibilità di successo scolastico, lavorativo e relazionale anche a distanza di anni.
Dal 1993, quindi, l’empatia è parte integrante del programma scolastico danese per tutti i bambini e ragazzi dai 6 ai 16 anni. Come si è accennato, non si tratta di un’attività facoltativa o di un progetto extra, ma di una seria lezione settimanale che ha lo stesso peso delle altre materie fondamentali.
L’idea di fondo è semplice ma rivoluzionaria: la gentilezza non è vista come un tratto caratteriale, bensì come una vera abilità da imparare e allenare.
Le neuroscienze confermano che praticare l’empatia modifica la struttura cerebrale. Allenandola regolarmente, si rafforza la corteccia prefrontale mediale, l’area responsabile della capacità di mettersi nei panni degli altri e di regolare le emozioni.
In pratica, fin da bambini si impara a modellare il proprio cervello per comprendere e rispondere meglio ai sentimenti altrui.
In Danimarca, quasi il 60% del lavoro scolastico si svolge in gruppo. Con il tempo, la collaborazione smette di essere un compito assegnato, e diventa un istinto naturale. In un sistema dove la competizione non è la regola: gli altri non sono visti come rivali, ma come alleati.
Le conseguenze sono chiare: la Danimarca si caratterizza per una forte identità sociale fondata sull'uguaglianza, un esteso sistema di “welfare state” con sanità e istruzione gratuite, e un grande valore attribuito all'equilibrio tra lavoro e vita privata, che contribuisce all'elevata qualità della vita e al benessere generale dei cittadini.
Secondo l'Happy City Index 2025, Copenaghen è la città più felice del pianeta. La capitale danese - un po’ più di 650mila abitanti - si aggiudica il primo posto grazie ad una attenzione costante, indotta dai valori sociali acquisiti:
- alla sostenibilità, e quindi al rispetto dei due fondamentali pilastri della nostra esistenza:
- il rispetto dell’ambiente da tutti i punti di vista
- il rispetto di tutti gli individui, con i quali si vuole avere solo relazioni positive
- ed al conseguente benessere dei cittadini.
Ribadiamo, la strategia vincente quindi esiste, ed è nella scuola:
- nella formazione basica... l’empatia;
- nella prosecuzione “invogliante” à formazione culturale completa... l’etica.
Le fonti del testo e delle ricerche sono di Eumetra, Istituto indipendente di ricerca sociale e marketing.
Copertina: Transly Translation Agency/unsplash