Evolversi per migliorare l’impatto: gli obiettivi di “Onu 2.0”
Nell’ultimo policy brief in vista del Summit del futuro, Guterres ha presentato il quintetto di competenze per modernizzare le Nazioni unite. Il programma partirà a inizio 2024.
Le Nazioni unite aggiungono un ulteriore tassello ai lavori in vista del Summit del futuro del 2024. È stato presentato infatti Onu 2.0, un programma di riorganizzazione interna al segretariato, agli istituti e alle agenzie specializzate per adattarsi meglio alle sfide del ventunesimo secolo. L’obiettivo? “Dar vita a un moderno sistema delle Nazioni unite, ringiovanito da una cultura lungimirante e potenziato da competenze all’avanguardia, adatto al ventunesimo secolo”.
Le novità sono contenute nel Policy brief 11 “Un 2.0 Forward-thinking culture and cutting-edge skills for better United Nations system impact”, pubblicato a settembre, che conclude la serie di documenti “Our Common Agenda” a cura del segretario generale António Guterres. In parallelo, l’Onu ha pubblicato anche un policy brief riassuntivo degli 11 rapporti prodotti. Al centro di Onu 2.0 troviamo un insieme di cinque competenze che, si legge, “hanno un immenso potenziale per elevare l’efficacia delle Nazioni unite”: conoscenza dei dati, innovazione, competenza digitale, previsione strategica e scienza comportamentale. A partire dal 2024, un programma di accelerazione, coordinato dal segretariato generale, guiderà le iniziative intorno a queste cinque direttrici. Con un’idea di fondo: “introdurre nuove competenze anziché aggiungere strutture”.
Come costruire un futuro sostenibile: le raccomandazioni di Guterres
Ridurre il divario digitale, regolare la diffusione della disinformazione online e ripensare a un nuovo multilateralismo sono alcune delle proposte contenute nei policy brief pubblicati in vista del Summit sul futuro.
Nell’ambito dei dati, il paper riconosce che è necessario un cambio di marcia: le competenze avanzate, ad esempio, nell’apprendimento automatico, sono scarse. Meno del 5% del personale Onu lavora in ruoli moderni che hanno a che fare con i dati. Costruire ecosistemi di dati di grande impatto potrà facilitare la trasformazione del settore agricolo, con la selezione delle colture basata sui big data per ridurre l’insicurezza alimentare. Oppure migliorare il supporto per le persone in estrema povertà.
Con una maggiore capacità di innovazione, le agenzie delle Nazioni unite possono sostenere gli Stati membri nel trasporto con droni di farmaci e plasma, oppure facilitare le visite mediche su app digitali ed estendere la diagnostica alle comunità isolate.
Lo sviluppo della competenza digitale, si afferma nel paper, richiede un passaggio a soluzioni che migliorino la connettività, la fornitura di servizi, la collaborazione e il processo decisionale. È il caso di piattaforme educative online per abilitare l’apprendimento o programmi pubblici digitali per facilitare l’inclusione finanziaria.
La previsione strategica può aiutare a tracciare percorsi efficaci per affrontare la crisi climatica. Dotati di strumenti di previsione forniti dall’Onu, gli Stati nazionali possono pianificare interventi sulle infrastrutture, come ad esempio “le abitazioni rialzate e le barriere costiere”, adattarsi in modo proattivo ai cambiamenti climatici riducendo al minimo i rischi di catastrofi.
Sebbene il sistema delle Nazioni unite stia facendo progressi, il documento Onu riconosce che l’integrazione degli approcci previsionali nel lavoro quotidiano è solo all’inizio: solo il 34% degli organi Onu ha elaborato una strategia per migliorare e utilizzare la previsione strategica. E meno di un terzo ritiene di possedere capacità di previsione avanzate. Ma la strada tracciata nel documento è chiara: “Dobbiamo affrontare una moltitudine di futuri possibili, probabili e preferibili che dobbiamo anticipare, immaginare e per cui lavorare”, si legge nel documento.
Nell’ambito della scienza comportamentale, l’Onu punta ad aumentare l’impatto delle strategie e adattare meglio le iniziative ai contesti più vulnerabili. Si guarda, per esempio, ai milioni di individui che non riescono ad accedere alle tutele sociali a cui hanno diritto, ma anche alle persone che vivono lo stigma associato all’Hiv.