Le tecnologie della vita per uno sviluppo sostenibile
Luci e ombre sul percorso per un cambio di paradigma in un interessante webinar di Women & Tech.
di Annamaria Vicini
La Biotech week si è conclusa il 2 ottobre, un po’ in sordina in questo anno in cui il conflitto in Ucraina e le recenti elezioni politiche sovrastano altre tematiche pur molto importanti.
Tra gli eventi organizzati per raccontare il ruolo chiave che le biotecnologie hanno nel migliorare la nostra qualità della vita, di particolare interesse la videoconferenza organizzata da Women & Tech in collaborazione con Federchimica Assobiotec, coordinatrice e promotrice della manifestazione a livello nazionale.
Tra le criticità evidenziate e rese più impellenti dalla recente pandemia di Covid 19 le zoonosi, quelle infezioni causate da virus potenzialmente in grado di fare il salto di specie.
Secondo quanto riferito da Elena Sgaravatti, presidente di PlantaRei, il 70% delle infezioni recenti apparterrebbe a questa categoria. Un dato ancora più impressionante se messo in relazione con altri forniti dalla stessa Sgaravatti: all’interno del regno animale solo il 4% è costituito da animali selvatici, il 36% dagli umani e ben il 60% da animali da allevamento.
“Nel corso del Novecento il pensiero economico ha perseguito l’utopia di uno sviluppo umano a prescindere dalla natura, ma dobbiamo cambiare paradigma se vogliamo avere uno sviluppo economico sostenibile”, ha affermato.
Ma come fare, visto che la popolazione del pianeta è prevista in aumento, fino a raggiungere i 10 miliardi nel 2050?
“Occorre passare da una dieta prevalentemente carnivora a una più vegetariana, anche con la ricerca di nuove proteine, come per esempio quelle fornite dagli insetti”, ha sottolineato la presidente di PlantaRei, che ha anche però evidenziato l’importanza di una riduzione dello spreco alimentare.
Un altro problema è costituito dal fatto che l’Italia sconta alcune lentezze regolatorie riguardo alle autorizzazioni per la sperimentazione di prodotti Ogm, a differenza di altri Paesi europei, come Spagna e Francia.
Di più e meglio si potrebbe anche fare nel nostro Paese per quanto riguarda l’agricoltura 4.0, con coltivazioni fuori suolo come quelle in vitro o le idroponiche, mentre un contributo positivo viene dal mondo delle startup con la produzione di materiali tessili da scarti agricoli o di materiali edili da prodotti vegetali.
Decisamente all’avanguardia invece è l’Italia nelle terapie geniche, secondo quanto riferito da Maria Pia Abbracchio, Ordinaria di Farmacologia e Prorettrice vicaria dell’Università degli Studi di Milano. Le criticità per quanto riguarda queste terapie, per le quali è sorto un Centro nazionale a Padova, sono i costi al momento molto elevati e la sostenibilità della loro produzione.
“La sostenibilità non è solo una questione ambientale”, ha infatti ricordato Lucia Gardossi, Associata presso il dipartimento di Scienze chimiche e farmaceutiche dell’Università di Trieste, la quale ha messo in luce come gli studi che analizzano i trend del consumo del petrolio si attendono che la chimica aumenterà il suo fabbisogno di materie prime fossili nei prossimi due decenni. Altri settori, come quello energetico, diminuiranno invece il loro fabbisogno grazie allo sviluppo di nuove tecnologie che superano la dipendenza dal petrolio.
“Attualmente il settore chimico utilizza circa il 10% del petrolio consumato nel mondo, soprattutto per la produzione di plastiche”, ha affermato Gardossi, svelando che però esistono ormai biotecnologie che permettono di trasformare la CO2 in precursori di vari tipi di questi materiali.
Per la produzione di energia pulita molto possono fare i cittadini con la raccolta differenziata degli scarti dell’umido, la cui fermentazione produce biogas.
Nel Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) una quota pari a 1,92 miliardi di euro all’interno dello stanziamento per la componente Energia rinnovabile, idrogeno, rete e mobilità sostenibile è destinata alla produzione del biometano.