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L'Ue non raggiungerà l'obiettivo di aiuto allo sviluppo prima del 2070

Continua a ridursi la quota di Pil che l’Europa destina alla cooperazione. Urge invertire la rotta, anche per rispondere all’aumento della povertà globale innescato dalla pandemia: ecco alcune raccomandazioni del rapporto annuale AidWatch.

di Elita Viola

È un trend in discesa quello che l’Unione europea e i suoi Stati membri fanno registrare tra il 2016 e il 2019 sui fondi destinati all’aiuto pubblico allo sviluppo (Aps). Sebbene infatti l’Europa rimanga il principale donatore a livello globale arrivando a coprire circa il 50% degli aiuti, la quota di prodotto interno lordo europeo stanziata nel  2019 per questa voce di bilancio si attesta allo 0,46%, diminuendo ulteriormente rispetto ai tre anni precedenti: nel 2018 era 0, 47%, nel 2017 0,49% e nel 2016 0,51%. Se il trend dovesse rimanere invariato per gli anni a venire, l’Ue non raggiungerebbe entro il 2030 il target fissato a livello internazionale dagli SDGs di destinare alla cooperazione allo sviluppo lo 0,7% del Pil. Per raggiungere una simile meta si dovrebbe attendere il 2070.

È quanto emerge dal rapporto AidWatch 2020: Knock-on effects, an urgent call to leave no one behind, il documento stilato da Concord, la confederazione delle ong europee impegnate nella cooperazione allo sviluppo, sullo stato degli aiuti erogati dai Paesi membri dell’Ue ai Paesi in via di sviluppo. Lo studio, oltre a una panoramica sulla quantità e sulla qualità degli aiuti, offre una serie di raccomandazioni alle istituzioni europee su come affrontare le sfide future della cooperazione, anche alla luce della dura battuta d’arresto che la crisi pandemica rischia di rappresentare per il raggiungimento degli Obiettivi di sviluppo sostenibile.

Il Covid-19 ha reso ancora più urgente rendere efficaci gli aiuti allo sviluppo, allo scopo di non lasciare indietro nessuno. L’emergenza ha infatti esasperato le disuguaglianze a livello globale, facendo registrare nel 2020, per la prima volta dal 1998, un aumento del tasso di povertà. Si stima che il numero dei nuovi poveri potrebbe arrivare a toccare i 500 milioni, mentre 400 milioni di persone potrebbero cadere in povertà estrema. Inoltre, lo stato d’emergenza e le restrizioni hanno in molti casi compressi gli spazi civili e i diritti umani, aggravando le disuguaglianze di genere e la relativa condizione di donne e bambine nel mondo.

Se l’Ue vorrà continuare a giocare un ruolo di primo piano nella realizzazione dell’Agenda 2030 e del Piano d’azione di Addis Abeba per il finanziamento allo sviluppo, assicurando al contempo ai Paesi partner un supporto efficace nel fronteggiare la pandemia, dovrà:

 

  • rispettare l’impegno internazionale di destinare lo 0.7% del Pil alla cooperazione, invertendo l’attuale trend e allocando sufficienti risorse per lo sviluppo sostenibile nel prossimo quadro finanziario pluriennale del 2021-2027;

  • rendere più efficaci gli aiuti, convogliandoli sul raggiungimento degli SDGs nei Paesi partner e scoporando dall’Aps le spese per rifugiati, gli aiuti vincolati, le spese per gli studenti internazionali, il rimborso degli interessi e la riduzione del debito;

  • impegnarsi a non lasciare nessuno indietro aumentando l’impegno sull’aiuto pubblico allo sviluppo per rispondere alla pandemia ed evitando di ridirezionare semplicemente fondi da altri voci di budget;

  • nell’erogazione degli aiuti, non supportare interessi che vadano oltre la politica di sviluppo (secondo il futuro ”Strumento per lo sviluppo del vicinato e della cooperazione internazionale” ) ma assicurare la diretta contribuzione dell’Aps alla riduzione della povertà e delle disuguaglianze;

  • assicurarsi che gli sforzi verso la digitalizzazione, uno dei pilastri della nuova Commissione europea, seguano un approccio che ponga al centro l’uomo e il pianeta in un’ottica di sostenibilità e accessibilità;

  • adottare un ambizioso quadro nel quale la parità di genere diventi parte integrante dell’azione esterna delle istituzioni europee.

di Elita Viola

giovedì 26 novembre 2020