"Torino fa scuola": il progetto di riqualificazione dell'istituto Enrico Fermi
Edifici scolastici sostenibili, inclusivi, accessibili e accoglienti: queste le parole chiave alla base dell'iniziativa voluta da Compagnia di San Paolo e Fondazione Agnelli, in collaborazione con la Città di Torino e la Fondazione per la Scuola.
di Marco Gioannini
Dal 2014 al 2019 la scuola Enrico Fermi di Torino è stata oggetto di un intervento di riqualificazione fisica e didattica nell’ambito del progetto Torino fa Scuola, voluto da Compagnia di San Paolo e Fondazione Agnelli, in collaborazione con la Città di Torino e la Fondazione per la Scuola.
Quali principi hanno dato vita alla trasformazione completa di tutto l’edificio, inclusi gli spazi esterni? E, soprattutto, che cosa questi principi ci dicono oggi – in termini di replicabilità del modello – nell’attuale nuova stagione italiana dell’edilizia scolastica, che grazie al Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) può portare progresso e innovazione negli ambienti di apprendimento di centinaia dei nostri istituti?
I principi e le ragioni dell’intervento
L’intervento sulla scuola Fermi si è proposto di:
- partire da contenuti pedagogici per arrivare – grazie a un percorso di collaborazione fra comunità scolastica, progettisti, territorio, amministrazioni e terzo settore – alla realizzazione di nuovi spazi di apprendimento. Un percorso che non si è ispirato a una singola teoria pedagogica, ma ha ritagliato soluzioni a misura della comunità scolastica di riferimento, a partire dalle sue specifiche esigenze;
- contribuire al miglioramento del sistema scolastico pubblico locale, ma insieme fornire idee per la riqualificazione di edifici scolastici in tutto il Paese. Non si voleva un modello di scuola da riproporre in serie, ma semmai un modello di processo, con le caratteristiche che vedremo fra poco;
- integrare qualità ed estetica della struttura fisica, sicurezza, sostenibilità ambientale e dimensione didattica nel progetto come anche nell’intervento vero e proprio. Per molte ragioni: non ultima che, quando si aprono cantieri in una scuola, con inevitabili disagi per l’utenza, vanno affrontate tutte le diverse questioni da cui dipende il rinnovamento della scuola nell’ambito dello stesso intervento.
La scuola Fermi è una secondaria di primo grado statale nel quartiere Nizza Millefonti a Torino, in prossimità del Lingotto – edificio simbolo della Fiat del 20esimo secolo – e dei principali ospedali della città. In un quartiere in trasformazione, la scuola accoglie un’utenza mista, con una cospicua presenza di seconde generazioni immigrate.
La scelta della scuola per un intervento, che è costato alle due fondazioni circa otto milioni di euro, ha tenuto conto di queste caratteristiche e delle previsioni di evoluzione della popolazione. Inoltre, l’edificio originario del 1961 apparteneva per tipologia architettonica alla grande stagione dell’edilizia scolastica del boom economico e della crescita demografica del Paese.
Per la descrizione degli interventi e le relative immagini si rimanda alla scheda del progetto. In questo spazio vogliamo, invece, sottolineare le novità di "processo", che ci sembrano anche più importanti, pensando a un modello generalizzabile di riqualificazione degli edifici scolastici – a varie scale, non solo quella più ampia e completa – alla luce delle tante azioni che in Italia stanno partendo con le risorse del Pnrr.
Novità di processo e di governance
Il processo ha coinvolto la comunità scolastica fin dalla prima fase, chiamata di definizione del "concetto pedagogico". Questa ha preceduto il concorso di architettura e la realizzazione degli interventi, con la partecipazione attiva di ogni componente scolastica, a partire dagli insegnanti, supportati nel percorso anche culturalmente. Il coinvolgimento è proseguito con la sperimentazione diretta di alcune proposte didattiche e organizzative, ancora prima dell’apertura del cantiere, con una funzione anche di formazione dei docenti.
Non esiste più un modello “fordista” di scuola – questa era l’idea – e l’autonomia dà margini di manovra a una progettazione didattica articolata e plurale, con una propria identità specifica, diversa da istituto a istituto. Perciò, diventa ancora più importante immaginare ambienti di apprendimento che sappiano interpretare queste differenze e dare forma anche spaziale all’identità di ciascuna scuola. Tutti vogliamo spazi ed edifici scolastici che siano aperti, sostenibili, flessibili, modulari, inclusivi, accessibili e certamente più accoglienti. Ma queste parole chiave vanno riempite di contenuti, che devono nascere – ogni volta e in ogni luogo dove si voglia ripensare una scuola – da un dialogo fra pedagogia, architettura e comunità scolastica e locale.
Accanto al processo partecipato, una seconda novità – replicabile in altre situazioni – è stata la configurazione di governo del progetto: soggetti privati del terzo settore sono intervenuti in modo diretto su un edificio pubblico, sostenendo completamente gli oneri dell’intervento, sempre però in dialogo con l’Ente proprietario, insieme al quale hanno trovato le procedure più efficaci e rapide.
Takeaway trasformativi
- La progettazione di nuovi ambienti di apprendimento è un processo partecipato che deve coinvolgere da subito la comunità educante, soprattutto i docenti;
- Tutti gli spazi di una scuola – interni ed esterni – possono essere pensati o ripensati per accogliere cambiamenti didattici;
- Non basta ripensare la didattica, serve anche ripensare l’organizzazione della giornata dentro la scuola;
- La formazione dei docenti comincia dal momento della progettazione partecipata;
- Quando si ripensano gli spazi di una scuola, sicurezza, sostenibilità ambientale e didattica vanno affrontati in modo integrato.
Scarica la scheda del progetto
di Marco Gioannini, ricercatore e responsabile della comunicazione per la Fondazione Agnelli