Decidiamo oggi per un domani sostenibile

Dottorandi italiani tra i più soddisfatti, ma il benessere resta fragile

Un’indagine condotta da Nature su oltre 3.700 dottorandi rivela che Brasile, Australia e Italia registrano i livelli più alti di soddisfazione. Dietro i dati positivi emergono però squilibri economici, stress e prospettive incerte per il futuro della ricerca.

lunedì 27 ottobre 2025
Tempo di lettura: min

L’Italia è tra i Paesi con i dottorandi più soddisfatti al mondo. Lo rileva il sondaggio di Nature “Where is the best place for a Phd?”, pubblicato il 20 ottobre, che ha raccolto le opinioni di oltre 3.700 dottorandi in 107 Paesi. Secondo la rivista scientifica, l’82% degli intervistati italiani dichiara di essere almeno moderatamente contento del proprio percorso, una percentuale in linea con quella dell’Australia e appena sotto il primato del Brasile (83%).

Dietro questo dato positivo, evidenzia il sondaggio, si nascondono però criticità strutturali. Solo il 68% dei giovani ricercatori italiani afferma di provare appagamento e piacere per il proprio lavoro. Gli intervistati italiani segnalano insoddisfazione per la retribuzione (la media è di circa 1.200 euro mensili netti), per l’equilibrio vita-lavoro, per il maggior rischio di disagio psicologico e per la prospettiva professionale post-dottorato. Secondo l’Associazione dottorandi e dottori di ricerca Italiani (Adi), quasi la metà dei dottorandi presenta sintomi di stress, ansia o depressione legati all’incertezza economica e lavorativa. La “soddisfazione”, spiega l’Adi, va letta più come espressione di passione e resilienza personale che come segnale di benessere strutturale.

Fig.1 Quadro di soddisfazione dei dottorati

Europa divisa tra benessere e incertezze

Rispetto ad altri Paesi europei, la situazione italiana presenta luci e ombre. Nel Regno Unito, dove il livello di soddisfazione complessivo è del 76%, i dottorandi beneficiano di stipendi più alti, almeno 20.780 sterline annue, e di maggiore indipendenza scientifica. Nature suggerisce che la moderata soddisfazione complessiva potrebbe essere un riflesso della tendenza culturale inglese a “sottovalutare” le proprie condizioni (quintessential British understatement). La Germania dimostra che la stabilità finanziaria non è sinonimo di benessere accademico. Solo il 27% dei dottorandi in Germania segnala difficoltà economiche (uno dei valori più bassi al mondo), ma la soddisfazione complessiva si ferma al 70%, al di sotto della media globale.


Fig.2 Gli aspetti che migliorano il dottorato

La forza delle relazioni umane

Dietro le percentuali rilevate dal sondaggio, si intravedono tendenze che riguardano il futuro della ricerca. L’indagine mostra che non sono le risorse economiche a determinare la qualità dell’esperienza del dottorato, ma piuttosto le relazioni umane e organizzative a sostegno del percorso. In Brasile l’elevata soddisfazione deriva da un forte sostegno accademico: solo il 15% degli intervistati lamenta carenze di mentoring, contro una media globale del 26%. Anche la solidità delle reti sociali e il senso di appartenenza alla comunità scientifica sembrano compensare le carenze economiche. In Australia, la soddisfazione è altrettanto alta, sostenuta da un buon equilibrio tra vita professionale e personale, una cultura accademica inclusiva e un sistema di welfare accessibile. Il 58% dei dottorandi australiani dichiara un buon work-life balance, contro il 51% della media globale, e il sostegno alla salute mentale risulta significativamente migliore rispetto ad altri Paesi. Tuttavia, il costo della vita e stipendi inferiori al salario minimo nazionale rappresentano un ostacolo importante: il tipico assegno di dottorato australiano è di circa 33.500 dollari l’anno, senza contributi previdenziali.

Cina: il prezzo della competizione accademica

All’estremo opposto la Cina registra il punteggio più basso (60%). Le ore di lavoro, spesso superiori a 80 settimanali, e la competizione per posizioni accademiche limitate alimentano un diffuso malessere. I dottorandi cinesi risultano i meno soddisfatti delle relazioni con i supervisori e dell’autonomia nella ricerca, e solo il 53% afferma di godere del proprio percorso.

Ripensare il dottorato come ecosistema umano

Il quadro che emerge dal sondaggio non consente di stilare una classifica definitiva dei “migliori” Paesi dove intraprendere un dottorato, anche perché, come evidenzia il sondaggio, le differenze culturali incidono sul modo in cui le studentesse e gli studenti valutano la propria esperienza. Piuttosto Nature invita a riflettere su quali elementi possono rendere sostenibile la formazione scientifica nel lungo periodo.

La rivista individua tre fattori chiave correlati alla soddisfazione: un rapporto regolare con il supervisore (almeno un’ora a settimana), i primi due anni di dottorato e un carico di lavoro sostenibile. Oltre le 60 ore settimanali, il benessere tende a diminuire. Curiosamente, la sicurezza economica non appare un indicatore decisivo: in Germania, dove solo il 27% degli intervistati segnala problemi finanziari, la soddisfazione complessiva è solo di poco inferiore alla media mondiale (70%).

ll sondaggio sottolinea che la qualità dell’esperienza di dottorato non dipende tanto dalle risorse disponibili o dal Paese di provenienza, quanto da elementi concreti: la presenza di una supervisione costante, un carico di lavoro sostenibile e la possibilità di instaurare relazioni significative nel percorso di ricerca. Come si legge nelle conclusioni del Rapporto, “le connessioni umane, il lavoro significativo e la qualità della supervisione restano le condizioni che possono rendere gratificanti gli anni del dottorato, ovunque ci si trovi”.

Scarica il sondaggio