Tra promesse e realtà: il nucleare globale vive una fase di stallo
Secondo il World nuclear industry status report la corsa all’atomo è costellata di ritardi e costi crescenti. Nel 2024 gli investimenti globali in solare ed eolico hanno raggiunto 728 miliardi di dollari: 21 volte quelli nel nucleare.
Nonostante gli annunci di grandi piani strategici, il settore dell’energia nucleare continua a vivere una fase di stagnazione. Lo sottolinea il “World nuclear industry status report 2025”, pubblicato il 22 settembre. Il Rapporto, a opera del Mycle Schneider consulting project, una rete di consulenti e analisti indipendenti in materia di politica energetica e nucleare, fornisce una panoramica completa dei dati sugli impianti nucleari, inclusi informazioni sull’età, operatività, produzione, costruzione e smantellamento dei reattori. Al primo luglio 2025, nel mondo risultano operativi 408 reattori in 31 Paesi, con una capacità netta di 368,7 Gigawatt. Numero di impianti che resta al di sotto del picco storico di 438 unità registrato nel 2002, anche se la produzione di elettricità si attesta ora la più alta di sempre: nel 2024 la flotta nucleare mondiale ha generato 2677 TWh netti di elettricità (dopo un calo del 4,4% nel 2022, la produzione è aumentata del 2,2% nel 2023 e ancora del 2,9% nel 2024).
Cambia la geografia del nucleare
Il Rapporto sottolinea che la distribuzione dei programmi nucleari evidenzia forte disomogeneità. Negli Stati Uniti, che mantengono la flotta più numerosa (94 reattori, con un’età media di 43,7 anni), non è in costruzione alcuna nuova centrale. In Europa, la Francia resta il Paese più dipendente dal nucleare, con il 67% della produzione elettrica, ma i problemi tecnici e i ritardi nei cantieri hanno pesato sul sistema, basti pensare all’avvio dell’Epr (European pressurized reactor) di Flamanville, avvenuto a fine 2024 con 12 anni di ritardo e con costi sei volte superiori al previsto. Un chiaro segnale delle difficoltà industriali che incontra il settore.
La Cina resta la regione nel mondo dove il ricorso all’atomo sta effettivamente crescendo: nel 2024 sono stati aggiunti 3,5 GW di capacità nucleare. Un ritmo che però non tiene il passo con le rinnovabili, dato che solo il fotovoltaico ha fatto segnare un aumento di 278 GW di capacità installata. Il risultato è che il solare e l’eolico hanno prodotto lo scorso anno circa quattro volte più elettricità delle centrali nucleari. “Dal 2010, in Cina la produzione solare è aumentata di oltre 800 volte, quella eolica di 20 volte, e quella nucleare di sei volte”, ricorda sul tema lo studio.
Prosegue lentamente anche in nucleare giapponese post Fukushima, con 14 reattori riavviati ma 19 ancora in stato di fermo. Diverso il caso di Taiwan, che a maggio 2025 ha spento l’ultimo reattore, completando il phase-out nucleare e affidandosi a gas e rinnovabili, seppur con una forte dipendenza dalle importazioni energetiche. In generale, il 66% dei reattori operativi a livello globale ha oltre 31 anni, con un’età media che ha raggiunto i 32,4 anni.
Nucleare: tra ritardi e Smr
Le costruzioni effettive restano limitate: ci sono 63 reattori in cantiere in 11 Paesi, concentrati soprattutto in Asia (due in meno rispetto al 2024). Nessun nuovo cantiere è attivo in America. I Paesi che intendono affidarsi a questa tecnologia nel prossimo futuro dipendono quasi interamente da Rosatom, azienda russa che continua a proporsi come principale esportatore mondiale di tecnologie e servizi. Ma anche qui si stanno accumulando ritardi e incertezze finanziarie. In generale, lo studio evidenzia che oltre un terzo di questi progetti è in ritardo.
Come detto, la Cina è oggi il Paese leader con 32 progetti nucleari in corso, seguita dalla Russia con 27 impianti, 20 dei quali distribuiti in sette nazioni diverse. Mosca, principale esportatore mondiale di tecnologia atomica, è al centro di programmi in Paesi emergenti del settore come Bangladesh, Egitto e Turchia, oltre a collaborare con giganti asiatici come Cina e India. Anche in Africa, Russia e Cina stanno avanzando proposte di partnership nucleari.
Per quanto riguarda gli Smr, i piccoli reattori modulari promossi come soluzione “flessibile” e adatta ai mercati emergenti, a dieci anni dal primo capitolo che lo studio ha dedicato al tema, il verdetto resta lo stesso: tante promesse ma pochi risultati. Per fare qualche esempio, il progetto Carem in Argentina, avviato negli anni ’80, è stato definitivamente abbandonato dopo oltre un decennio di lavori, mentre in Canada il reattore di Chalk River appare di fatto fermo. Gli unici due esempi di Smr oggi in funzione, cioè l’Akademik Lomonosov in Russia e il Tr-Pm in Cina, non stanno ottenendo buone performance, con fattori di carico sulla vita utile rispettivamente del 28% e del 36% (cioè la percentuale di tempo in cui il reattore è effettivamente in funzione alla sua potenza massima,. Secondo le stime del Commonwealth scientific and industrial research organisation, riportate dallo studio, il costo livellato dell’energia (Lcoe) degli Smr risulterebbe da tre a quattro volte superiore rispetto a quello di eolico e solare con sistemi di accumulo. Nonostante questo divario, diversi governi continuano a sostenere questa tecnologia: circa due terzi dei 15,4 miliardi di dollari investiti a livello globale provengono infatti da fondi pubblici.
Il confronto con le rinnovabili
All’interno dello studio troviamo anche un confronto tra energia nucleare ed energie rinnovabili. Nel 2024 gli investimenti globali in solare ed eolico hanno raggiunto 728 miliardi di dollari, ventuno volte più di quelli nel nucleare. La capacità installata di fotovoltaico è cresciuta di 452 GW in un solo anno, quella dell’eolico di 113 GW, mentre il nucleare ha registrato un aumento di 5,4 GW.
Per la prima volta, nella primavera del 2025, l’energia solare ha superato quella nucleare nella produzione mensile globale. Nell’intero 2024, eolico e fotovoltaico hanno generato il 70% di elettricità in più rispetto al nucleare. A questo si aggiunge il boom dei sistemi di accumulo a batteria, cresciuti del 113% nel 2024, chiaro segno di una trasformazione strutturale del sistema elettrico.
Lo studio sottolinea inoltre che il costo livellato dell’energia (Lcoe) del fotovoltaico utility-scale (cioè per grandi impianti) è sceso fino a 4,5 centesimi di dollaro per kWh, a fronte di un minimo di 14 centesimi per il nucleare. Solare ed eolico, oltre a garantire costi più competitivi, offrono poi caratteristiche di modularità, scalabilità e flessibilità che li rendono adattabili a diversi contesti. Una condizione opposta a quella del nucleare, legato a grandi impianti centralizzati, fatta eccezione per gli Smr e gli Amr, dei quali però non esiste ancora alcun reattore in funzione in Occidente.
Lo studio, infine, ricorda che la quota di energia nucleare nel mix elettrico è in calo nel mondo dal 1996.