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Missione negli abissi radioattivi

Al via nell'Atlantico settentrionale la prima indagine scientifica nel più grande cimitero sommerso di scorie nucleari del mondo. 

giovedì 19 giugno 2025
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A 4mila metri di profondità nell'Atlantico Nord-Orientale tra il 1946 e il 1990 furono deliberatamente affondati oltre 200mila fusti contenenti materiale radioattivo. Tonnellate di rifiuti provenienti da laboratori, ospedali e impianti nucleari di Francia, Regno Unito, Belgio, Paesi Bassi e Svizzera che lì diedero progressivamente vita al più vasto cimitero sottomarino di scorie nucleari.

La convinzione (probabilmente opportunistica) dell'epoca era infatti che le profondità abissali fossero zone prive di vita e sufficientemente isolate da non costituire alcun rischio per l'ambiente e soprattutto la salute umana. Oggi sappiamo che gli abissi marini sono ambienti brulicanti di vita anche se per il 99,9% risultano ancora inesplorati.

La missione Nodssum, che ha preso il via il 15 giugno e fa capo al Centro nazionale di ricerca scientifica francese con la partecipazione di istituzioni norvegesi, canadesi, tedesche e spagnole, è la prima indagine scientifica su questo sconsiderato metodo di smaltimento (oggi vietato dalla Convenzione di Londra del 1993) e sui suoi effetti su fauna e flora marina. Per un mese, un team interdisciplinare solcherà le acque internazionali dell'Atlantico settentrionale a bordo di una nave oceanografica dotata delle più moderne tecnologie di esplorazione sottomarina. L'iniziativa rientra nel più ampio progetto Prime Radiocean, che mira a una comprensione scientifica approfondita del comportamento degli isotopi radioattivi negli oceani.

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Il protagonista tecnologico della missione Nodssum è UlyX, un robot sottomarino autonomo, capace di operare fino a 6mila metri di profondità e dotato di algoritmi di analisi che gli consentono di modificare autonomamente la rotta in base ai segnali rilevati. UlyX navigherà a circa 70 metri dal fondale marino, utilizzando sonar ad alta risoluzione per mappare e identificare i fusti dispersi.

La strategia operativa prevede un approccio graduale e metodico. Il robot si avvicinerà fino a dieci metri dai barili per fotografarli nel dettaglio, fornendo agli scienziati in superficie le prime immagini ad alta definizione, così da valutarne lo stato di conservazione.

I fusti contengono principalmente scorie a bassa e media attività, incorporate in matrici di asfalto o cemento progettate per limitare la dispersione di radiazioni. Tuttavia, dopo decenni di permanenza nell'ambiente marino, l'effetto corrosivo dell'acqua, la pressione estrema e l'attività batterica del fondale potrebbero averne compromesso la tenuta.

Parallelamente al lavoro di mappatura, i ricercatori procederanno alla raccolta di campioni di sedimenti e acqua marina. Inoltre, appositi sensori posizionati sul fondale misureranno i flussi delle correnti abissali per tracciare le rotte di eventuali dispersioni contaminanti, mentre l'installazione di trappole per pesci e crostacei permetterà di valutarne l'effetto sull'ecosistema marino.

L'operazione richiede protocolli di sicurezza radiologica rigorosi. Tutti i campioni e gli strumenti saranno sottoposti a controlli immediati già al momento del recupero, con l'implementazione di misure di radioprotezione appropriate per la manipolazione e lo stoccaggio. Un’attenzione precauzionale che accompagnerà ogni fase delle attività scientifiche, estendendosi anche ai laboratori terrestri dove saranno condotte le analisi definitive.

Grazie alle tecnologie all'avanguardia impiegate, la missione Nodssum consentirà un salto qualitativo epocale in questo ambito di ricerca rispetto alle limitate esplorazioni del passato. Basti pensare che le uniche immagini oggi disponibili dei fusti del Nord Atlantico sono state scattate nel 1985 dal sommergibile Epaulard nell'ambito della campagna Epicea, che all'epoca ne aveva individuati appena sei.

I risultati di questa prima missione faranno da base per una seconda spedizione prevista per il 2026, nella quale saranno utilizzati sommergibili con equipaggio o robot, dotati di bracci meccanici per osservazioni ravvicinate e campionamenti diretti nelle immediate vicinanze dei fusti.

I dati raccolti contribuiranno non solo alla valutazione del rischio ambientale rappresentato dai fusti affondati, ma anche allo sviluppo di strategie di monitoraggio a lungo termine per questo tipo di contaminazione. I risultati potrebbero influenzare le future decisioni sulla gestione delle scorie radioattive e fornire elementi cruciali per valutare l'efficacia delle convenzioni internazionali che attualmente regolamentano lo smaltimento di materiali pericolosi in mare.

Copertina: Jeremy Bishop/pexels