Giovani e lavoro: le aspirazioni rischiano di scontrarsi con la realtà
Un’indagine Ocse su 80 Paesi sottolinea come la mancanza di orientamento, la scarsa consapevolezza del mercato e le disuguaglianze sociali allontanino i giovani da un inserimento lavorativo efficace.
Il 39% delle ragazze e dei ragazzi non ha un’idea chiara sul lavoro che vorrà svolgere in futuro, con una conseguente difficoltà nella scelta del percorso formativo più adatto da intraprendere. È quanto emerge dal rapporto The state of the global teenage career preparation, pubblicato a fine maggio dall’Organizzazione della cooperazione e dello sviluppo economico (Ocse). Il report, che ha analizzato i dati di oltre 80 Paesi, si concentra sull’impatto sull’economia, sulla società e sul futuro dell’occupazione della discrepanza tra le aspirazioni dei ragazzi e il mercato del lavoro.
Orientarsi tra idee confuse
Il modo in cui i giovani pensano al proprio futuro lavorativo influisce infatti sulle loro opportunità di carriera: chi ha le idee chiare sul lavoro che desidera fare ha maggiori possibilità di costruirsi un futuro migliore rispetto a chi non ha ambizioni ben definite. Molti continuano a sognare di dedicarsi a professioni tradizionalmente considerate prestigiose, come il medico o l’avvocato, senza considerare le reali opportunità lavorative del proprio Paese o impieghi che diventeranno fondamentali in un mondo sempre più tecnologico.

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I giovani tra i 15 e i 34 anni stanno affrontando sfide enormi: precarietà, disagio mentale e poche opportunità. Molti talenti cercano fortuna all'estero, mentre in patria cresce la sfiducia nel futuro. Si sentono trascurati e chiedono maggiore attenzione e investimenti concreti.
Persiste, inoltre, un divario di genere nelle aspirazioni professionali tra ragazze e ragazzi: in molti Paesi, tra cui l’Islanda, l’Italia e la Norvegia, meno di una ragazza su 200 che ha già un’idea del proprio futuro lavorativo immagina di intraprendere una carriera nel settore tecnologico. L’unico ambito in cui negli ultimi anni il divario è calato è quello dell’insegnamento, una professione verso cui tradizionalmente erano orientate più ragazze che ragazzi. Tuttavia, il gap si è ridotto solo perché ora le ragazze sono meno interessate a questo lavoro.
Il background sociale e le risorse economiche delle famiglie possono influenzare il percorso educativo e professionale: gli studenti svantaggiati hanno molte meno probabilità di pianificare e completare l’istruzione terziaria, anche se hanno ottenuto risultati elevati nelle valutazioni accademiche Pisa.
In questo scenario l’orientamento scolastico è uno strumento chiave: le attività che permettono agli studenti di entrare in contatto con il mondo del lavoro (come le fiere, le visite alle aziende, i colloqui di lavoro e i tirocini) permettono di sviluppare un’idea più definita del lavoro da svolgere e sono strettamente collegate a maggiori possibilità di occupazione. Eppure, la maggior parte degli studenti non prende parte ad attività di orientamento: secondo il Rapporto, solo il 45% dei giovani ha svolto uno stage, mentre il 35% ha partecipato a una fiera del lavoro o ha visitato un’azienda. Il 55%, invece, ha dichiarato di aver parlato almeno una volta, all’interno o al di fuori della scuola, con un tutor o una figura di riferimento per l’orientamento alla carriera.
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La situazione in Italia
Il nostro Paese è in linea con i dati per quanto riguarda la percentuale di giovani che ha visitato un’azienda o ha partecipato a una fiera del lavoro. La situazione è peggiore per quanto riguarda le esperienze di tirocinio: meno di uno studente su cinque ha svolto uno stage durante la scuola. Solo il 40% dei giovani ha parlato con un tutor per l’orientamento. Più della metà degli studenti italiani, inoltre, è d’accordo o fortemente d’accordo con l’affermazione “la scuola ha fatto poco per prepararmi alla vita adulta”.