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Il giornalismo è morto? No, ma deve reinventarsi

Presentato il terzo rapporto sul giornalismo digitale: riconquistare la fiducia del pubblico contrastando la superficialità dei social media, anche con un buon uso dell’intelligenza artificiale.

venerdì 28 febbraio 2025
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Tra dieci anni, in Italia, solo una famiglia e mezza su cento leggerà ancora i giornali di carta. La previsione del presidente dell’Agcom Giacomo Lasorella è citata nel report 2025 dell’Osservatorio sul giornalismo digitale, presentato il 25 febbraio a Roma presso la sede dell’Ordine nazionale dei giornalisti. Ma il declino della stampa cartacea è solo il tassello di una crisi più ampia: è il giornalismo, inteso sia come informazione selezionata e verificata, sia come settore industriale, che sta perdendo il suo ruolo centrale nella società, mentre l’informazione si frammenta sempre più a causa dell’influenza dei social media e dell’“economia dei creatori”. Tuttavia, avverte il Rapporto, giunto alla sua terza edizione, non tutto è perduto: ci sono margini di adattamento e scenari che potrebbero segnare la rinascita di un’informazione autorevole e sostenibile. “Il giornalismo deve innovarsi continuamente”, ha sottolineato il presidente dell’Ordine Carlo Bartoli, “mantenendo saldi i suoi valori fondamentali. Non siamo più il centro dello scenario dell’informazione, ma conserviamo un ruolo importante e questo è un fatto essenziale per la democrazia”.

Calo dei ricavi e dominio delle piattaforme

La sostenibilità economica è un tallone d’Achille dell’industria giornalistica: la diffusione capillare delle piattaforme digitali ha eroso il modello economico dei quotidiani. Nel 2010 il fatturato globale dei giornali era di 140 miliardi di dollari, nel 2020 è sceso a 110 miliardi. La perdita maggiore è dovuta al calo della pubblicità, mentre i ricavi da abbonamenti sono rimasti stabili a circa 63 miliardi di dollari. Google, che nel 2010 raccoglieva 74 miliardi di dollari in pubblicità, nel 2020 è salito a 160 miliardi. Per dare un’idea, oggi il fatturato della società di Mountain View supera i 330 miliardi di dollari, con 111 miliardi di utili: una cifra più grande dell’intero fatturato dei giornali. Le tasse pagate da Google ammontano però solo a 18 miliardi.

Nel frattempo il traffico dai social network verso i siti giornalistici è crollato: il “rimbalzo” da Facebook è diminuito del 67% e quello da X (ex Twitter) del 50% negli ultimi anni. In Canada, dopo l’introduzione di una legge che obbliga Meta a pagare i link per le notizie, solo il 3% dei post su Facebook contiene riferimenti a notizie giornalistiche.

Calo del traffico? Così i mezzi di informazione provano a invertire la tendenza

Più audio e video, abbonamenti personalizzati, buone notizie per alimentare la speranza. E c’è chi torna a puntare sulla carta stampata. Il rapporto del Reuters Institute sulle sfide e le tendenze del giornalismo.

Come rispondere a queste tendenze? Secondo l’Osservatorio, c’è la necessità di sperimentare nuovi modelli di business, tra cui paywall dinamici, che adattino il costo dell’abbonamento in base al tipo di utente; modelli di affiliazione che leghino le testate a community di lettori fedeli; diversificazione delle entrate, attraverso eventi, corsi di formazione e collaborazioni con aziende.

Il report segnala anche incoraggianti iniziative indipendenti, come quelle di giornalisti che fidelizzano il proprio pubblico attraverso piattaforme come Substack, i podcast di approfondimento o le piattaforme di giornalismo indipendente (esempio The Correspondent), che si finanziano con sottoscrizioni dirette dai lettori, senza pubblicità.

Crisi di fiducia

Ma la crisi non è solo economica. Il pubblico, osserva il documento, si è allontanato dalle notizie per ragioni più profonde: il consumo informativo si è frammentato, la rapidità e l’emotività delle interazioni sui social hanno sostituito il rigore dell’approfondimento. Il risultato? Un’informazione che rischia di diventare sempre più irrilevante o manipolatoria. Secondo uno studio del Reuters institute, citato dall’Osservatorio, il 39% delle persone evita le notizie perché le ritiene fonte di ansia. E il Trust Barometer di Edelman rileva che il 64% degli intervistati non si fida dei giornalisti.

Luca De Biase, uno degli esperti coinvolti nel report, sottolinea come il valore dell’informazione sia stato sostituito dall’intrattenimento e dall’economia dell’attenzione: “La rilevanza è la capacità di influenzare e avere un impatto”, ha dichiarato durante l’evento, “i giornalisti che hanno a cuore il loro mestiere devono trovare strategie per far riconoscere ai cittadini il valore del giornalismo. Chi crede nel giornalismo deve trovare alleanze con strutture che condividono la stessa idea di qualità, come le università”.

L’impatto dell’intelligenza artificiale

L’AI sta già trasformando il giornalismo. Il report cita esperienze di testate italiane che hanno iniziato a integrare l’intelligenza artificiale nelle redazioni, sperimentando sistemi di generazione automatica di articoli brevi in settori come meteo, sport e finanza. L’AI può essere un valido supporto, ma anche un rischio per la perdita della capacità critica e analitica del mestiere. Standardizzare l’informazione può impoverire il giornalismo, trasformandolo in un semplice prodotto di consumo.

La professione, ha sottolineato Guido D’Ubaldo, presidente dell’Ordine dei giornalisti del Lazio, deve mantenere il suo valore umano: “Il giornalista deve consumare la suola delle scarpe sul marciapiede. Dobbiamo mantenere alto il livello di qualità dell’informazione. Occorre sempre specificare quale articolo è scritto da un giornalista e quale dall’AI”.

Molte testate internazionali, da Associated Press a The Guardian e Wall Street Journal, si sono dotate di regole in tal senso, dandosi l’obbligo di indicare quando gli articoli sono automatizzati.

Il report mette in luce un altro tema cruciale: gli accordi tra editori e piattaforme tecnologiche per l’utilizzo dei contenuti delle testate stanno generando introiti minimi per il settore editoriale, intorno all’1% del fatturato complessivo. “Se gli editori continuano ad accordarsi con queste multinazionali monopoliste”, si è domandato Marco Pratellesi, un altro degli esperti coinvolti nel report, “che cosa succederà? In cambio di due noccioline, daranno loro il potere di rispondere direttamente ai lettori. Lo trovo l’ennesimo suicidio degli editori”. Secondo il report, resta evidente la necessità di rivedere i modelli di licenza e di “intraprendere battaglie legali” per salvaguardare i diritti d’autore e il diritto all’oblio.

Etica e deontologia

L’espansione del digitale ha anche sollevato questioni etiche fondamentali. Il fact-checking tradizionale è stato in parte sostituito da metodi più economici, come le “community notes” sui social, che rischiano di rendere ancora più incerto il confine tra verità e disinformazione.

Quando l’ideologia vince sulla realtà: siamo nell’epoca della post-verità?

Dopo che Zuckerberg ha scelto di consegnare il fact-checking in mano alla comunità di Meta, si è riacceso il dibattito su libertà di parola e censura. Le big tech della Silicon Valley sempre più orientate verso la deregolamentazione.

Per questo, l’Unione europea ha introdotto normative come il Digital Services Act e l’AI Act, che mirano a regolamentare l’uso dell’intelligenza artificiale e a tutelare la libertà di stampa. Anche l’Ordine dei Giornalisti ha aggiornato il proprio Codice deontologico, introducendo principi di trasparenza e responsabilità nell’uso dell’AI.

Uno dei settori più sensibili a queste trasformazioni è la cronaca giudiziaria, dove il rischio di una “giustizia parallela” alimentata dai media è sempre più elevato.

Durante l’evento, che ha visto la presenza di esponenti del mondo dell’informazione e delle istituzioni, il sottosegretario alla presidenza del Consiglio dei ministri con delega all’informazione e all’editoria, Alberto Barachini, ha dichiarato: “C’è un rapporto difficile di fiducia tra cittadini e mondo del giornalismo. Noi dobbiamo capire che il mondo dell’AI non è esterno al giornalismo, basta snobismo, dobbiamo inglobarlo e regolarlo”. Barachini ha ricordato le iniziative del governo per il sistema editoriale italiano: “Abbiamo la Commissione sull’intelligenza artificiale e c’è il Disegno di legge che abbiamo portato all’esame del Senato, un provvedimento che ha tutele molto forti per quanto riguarda il diritto d’autore, la trasparenza dell’AI e il nuovo reato di deepfake”.

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