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Perché la Cina vuole diventare una superpotenza meteorologica globale
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Perché la Cina vuole diventare una superpotenza meteorologica globale

Il nuovo corso dell’amministrazione Usa potrebbe tagliare i fondi alla Noaa, l’agenzia statunitense per le previsioni meteo, che forma gli scienziati di tutto il mondo. Pechino è pronta a colmare il vuoto. E ad avviare un nuovo scontro geopolitico. 

giovedì 19 dicembre 2024
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Dal 1988, la National oceanic and atmospheric administration (Noaa) statunitense si occupa di formare i meteorologi di tutto il mondo in materia di previsioni. Questo programma, oltre a essere un buon modo per condividere conoscenze globali, è anche un sistema per gli Usa per esercitare un po’ di soft power, fornendo dati, competenze gratuite e strumentazioni (americane) per prevedere i fenomeni climatici estremi in giro per il mondo. Ma l’influenza e i finanziamenti garantiti alla Noaa sono messi a serio rischio dal ritorno in carica di Donald Trump, con la possibilità di creare un vuoto di potere che potrebbe essere colmato, secondo Bloomberg, da un competitor globale degli Usa: la Cina.

Pechino considera da anni le previsioni meteo un terreno di battaglia geopolitico. Il presidente Xi Jinping ha detto di voler far diventare la Cina una “superpotenza meteorologica” e ha messo in cima alle priorità nazionali l’ascesa nel settore. Dal 2013 al 2023, il Paese ha aumentato le spese per la “diplomazia meteorologica” di quasi il 500%, offrendo alle nazioni (soprattutto quelle in via di sviluppo) aiuti finanziari e know-how per diffondere l’utilizzo delle tecnologie e servizi cinesi nel mondo.

“Si tratta di una competizione economica”, ha commentato Craig McLean, ex chief scientist della Noaa, che ha prestato servizio sotto le amministrazioni Trump e Biden. “Se scegliamo di rinunciarci, perderemo il nostro vantaggio competitivo”.

Il repulisti di strutture amministrative e agenzia federali annunciato da Trump (anche con la creazione del dipartimento per l’efficienza governativa di Elon Musk) potrebbe colpire le finanze della Noaa. E l’idea potrebbe non essere così nuova come si potrebbe pensare. Il Project 2025, iniziativa politica lanciata nel 2022 dal think tank conservatore Heritage foundation per rimodellare il governo federale statunitense, diceva già al tempo che la Noaa avrebbe dovuto essere “compartimentata e ridimensionata”, consigliando di “sciogliere” gran parte dei progetti di ricerca sul clima e di privatizzare interamente il settore. Un manifesto ultraconservatore, quello dell’Heritage foundation, da cui Trump aveva preso le distanze in campagna elettorale, per poi cambiare idea una volta eletto, invitando i suoi autori a far parte della futura amministrazione

Il taglio ai fondi della Noaa potrebbe avere ripercussioni non solo per gli Stati Uniti. Se il tycoon decidesse di smantellare l’agenzia climatica, gli effetti si sentirebbero in tutto il mondo, in particolare nei Paesi in via di sviluppo, che fanno affidamento da decenni sulla formazione gratuita da parte degli Usa.

La Cina, quindi, si sta preparando a prendere le redini del settore, tastando il terreno per un nuovo scontro con gli Stati Uniti (dopo tecnologia e commercio). La prima mossa è già stata fatta: mentre si svolgeva la Cop 29 a Baku, Pechino ha colto l’occasione per offrire 2mila borse di studio agli scienziati provenienti dai Paesi in via di sviluppo per studiare minacce climatiche come ondate di calore, inondazioni e siccità.

Il fatto è che prevedere il meteo è un’impresa globale, che funziona sulla base del libero scambio di conoscenze. E questo attrito tra Cina e Stati Uniti potrebbe non fare per niente bene al settore.

Copertina: Nuno Alberto/unsplash