Decidiamo oggi per un domani sostenibile

Più formazione e più coordinamento per rispondere alla domanda di futuro

Oltre 200 esperti si sono riuniti a Napoli, al convegno annuale dell’Italian institute for the future, per discutere di come porre i Futures studies al servizio della società e dei governi. Giovannini invita all’attenzione sulle nuove generazioni nello spirito della Costituzione.

martedì 1 ottobre 2024
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Il futuro non solo si usa, ma si “osa”. E questo percorso va costruito insieme. Come sa bene l’Italian institute for the future (Iif) guidato da Roberto Paura, che ormai da qualche anno ha messo in pista l’appuntamento annuale per promuovere lo scambio di conoscenze tra studiose e studiosi, ricercatori, professionisti e mondo corporate nel settore degli studi di futuro e anticipazione. Una comunità sempre più grande, quella dei Futures studies in Italia, che si è ritrovata dal 26 al 28 settembre a Napoli, nella suggestiva cornice del cortile di Foqus – Fondazione Quartieri Spagnoli e poi al Culture Hotel Villa Capodimonte.

La prima giornata si è aperta con una speciale masterclass a numero chiuso con Sohail Inayatullah, l‘inventore del metodo Causal layered analysis (Cla) per l’esplorazione delle strutture socio-culturali profonde delle visioni del futuro contemporanee. A seguire una tavola rotonda con Roberto Poli (presidente di Skopìa anticipation services e ordinario di Previsione sociale all'Università di Trento), Ruth Hanau Santini (Università di Napoli L’Orientale) e Christophe Roux-Dufort (Università Laval, Québec).

In foto: Sohail Inayatullah

Poli ha offerto una riflessione sulla Futures literacy o alfabetizzazione ai futuri, a cui ha dedicato anche una lezione il giorno seguente. “Se ci pensate bene l’alfabetizzazione è uno strumento di libertà. Vuol dire mettere le persone nelle condizioni di raccogliere informazioni sulle cose che interessano loro e di difendere la propria dignità. Siamo in una situazione in cui inevitabilmente, attraverso esercizi di futuro o in altri modi, dovremo prendere delle decisioni molto importanti. Pensiamo alla crisi climatica o all’invecchiamento della popolazione”. A margine dell’evento, la discussione tra i presenti è proseguita in modo informale con un “aperitivo futuristico”.

Insomma, edizione molto partecipata, sicuramente da ricordare, questa del 2024, intitolata appunto “Osare il futuro”, con più di 200 partecipanti dall’Italia e dall’estero, due workshop creativi e 89 speech che hanno esplorato ogni sfaccettatura del domani. Impossibile citarli tutti, ma vale la pena di sottolineare che hanno suscitato grande interesse e domande dal pubblico. Ecco allora che nella mattinata del secondo giorno hanno trovato spazio, per esempio, i dibattiti sui futuri dell’abitabilità in Italia, il diritto alla prova delle tecnologie emergenti, la comunicazione del futuro (tra AI, chatbot e dilemmi etici) e la sessione sul foresight al servizio della società. In quest’ultima, moderata da Gloria Puppi, sono stati presentati gli scenari nel “food as a medicine”, la scienza al servizio della bellezza e un progetto di previsione strategica sulle professioni sanitarie in Svizzera.

A che punto è lo studio dei futuri in Italia? L’analisi nella nuova pubblicazione dell’Iif

La rivista “Futuri” compie dieci anni e si interroga sullo stato di salute dei future studies nel nostro Paese. Tanti gli approfondimenti, dalla cyberjustice alla corsa allo spazio, dal futurewashing alle nuove forme dell’abitare.

Durante le sessioni del pomeriggio si è discusso tra l’altro di come anticipare le turbolenze dell’ordine internazionale, ma anche di pedagogia e Future studies, di foresight al servizio della persona umana (metaversi, metodologie creative e speculative di costruzione delle “personas”, intelligenza artificiale per futuristi), per lasciare spazio poi a una lezione sulla “PAntascienza”, la pubblica amministrazione del futuro tra satira, utopia e distopia. In serata, per i partecipanti cena a base di pesce al ristorante all’interno di Villa Capodimonte godendo dei panorami e delle bellezze artistiche di Napoli.

La terza giornata si è aperta con le sfide per uno spazio sostenibile, le forme di lavoro del futuro, gli scenari per la scuola di domani, nuovi immaginari per la moda. C’è stato anche il panel di FUTURAnetwork, che con l’Iif ha sviluppato negli anni una proficua collaborazione, dedicato all’esplorazione di che cosa sappiamo del 2050: sette interventi che hanno indagato i grandi temi dei prossimi decenni, dal multilateralismo al clima, dalle tecnologie all’empowerment femminile. Nei prossimi giorni pubblicheremo una news per raccontarvi più a fondo questo lavoro.

E ancora nel pomeriggio: come ripensare i Futures studies integrando psicologia, scienza della probabilità, prospettive femministe e innovazioni metodologiche; le esplorazioni tecognostiche, ossia le nuove forme di spiritualità tra divinità tecnologiche, oracoli artificiali e miti videoludici; le prospettive del digitale nella vita quotidiana, ovvero come cambiano le relazioni intime nell'era dei social network. Durante il convegno sono state numerose anche le presentazioni di nuovi studi e progetti che hanno a che fare con le sfide del futuro, in risposta alla call for paper aperta qualche mese fa dall’Italian institute for the future. A proposito di novità: Mirella Orsi, divulgatrice e vicepresidente di “Donne e scienza”, ha lanciato insieme a Paura un progetto collettivo che punta a riscoprire il ruolo delle donne nella storia dei Futures studies.

La sessione plenaria finale del convegno è stata dedicata al tema "È il momento di osare il futuro? Istituzionalizzare il foresight in Italia". Christin Pfeiffer, senior consultant della “Un Strategic foresight community of practice” dell’Unesco, ha incentrato il suo intervento sull’importanza di sensibilizzare i governi sull’uso dell’esercizio di foresight per le politiche pubbliche: “C’è la necessità di decolonizzare i futuri, che oggi vengono immaginati spesso a breve o al massimo a medio termine. Per l’Unesco uno degli aspetti più importanti è la priorità sui Paesi africani, dove sono stati condotti dei foresight exercises che si sono rivelati molto efficaci. Un altro tema rilevante è quello della intergenerational equity: possiamo aiutare a sviluppare capacità che possono contribuire a far progredire relazioni generazionali eque, giuste ed eque, basate sulla responsabilità delle generazioni presente verso quelle future”.

In foto, da sinistra: Pfeiffer, Poli, Paura, Giovannini

Le ha fatto eco in videocollegamento Enrico Giovannini, direttore scientifico dell’ASviS: “Per la prima volta con il Patto sul futuro le Nazioni Unite hanno firmato una dichiarazione che fa esplicito riferimento alle future generazioni e impegna i Paesi a potenziare la propria capacità di analisi e di decisione con un'ottica di medio e lungo termine. Ciò proprio a vantaggio delle future generazioni”. Certo è che a livello istituzionale, ha ricordato Giovannini, l’Europa continua a essere il “pivot” nel campo dello strategic foresight, elevato dalla precedente Commissione von der Leyen da questione tecnica a questione politica. Ma anche in Italia i segnali ci sono, a partire dalla riforma degli articoli 9 e 41 della Costituzione e della recente sentenza pro-ambiente della Corte Costituzionale sul cosiddetto “Decreto Priolo”. È in questa prospettiva di “maggiore attenzione al futuro”, e  con un “forte aggancio alla Costituzione”, che Giovannini ha collocato il nuovo progetto dell’ASviS “Ecosistema Futuro”, che nasce allo scopo di “federare le tante competenze e iniziative che ci sono nel nostro Paese, legate anche alla formazione e all’educazione, e crearne di nuove, per portare il futuro al centro del dibattito pubblico”. Un’iniziativa che ha ricevuto il plauso di Pfeiffer: “Incoraggiante sentire parlare di ecosistema. Dobbiamo pensare a livello system change, superando i silos”.

Un invito all’azione è arrivato anche da Roberto Poli (“Sono per il potenziamento di qualsiasi iniziativa seria che rafforzi il foresight, oltre alla capacità di essere attivi come professionisti di futuro”), ma il professore non ha nascosto le sfide: “C’è la consapevolezza che numericamente siamo deboli. C’è un lavoro di formazione e di competenze da fare. Ma quello che vedo intorno a noi è un aumento importante della domanda di foresight”. Anche perché, ha chiosato Giovannini, “le grandi imprese già lo fanno, per questioni di sopravvivenza, ma il Paese no”. E dall’Italian institute for the future è arrivato l’invito: “Ci vediamo l'anno prossimo, pronti a osare ancora di più”.