Energia, acqua e materie critiche: la crescita del digitale è insostenibile
Il consumo di energia elettrica per alimentare i data center potrebbe raddoppiare tra il 2022 e il 2026. Preoccupante anche l’utilizzo delle risorse idriche, rivela il nuovo rapporto dell’Onu sull’economia digitale.
La digitalizzazione ha creato l’illusione di poter avere un mondo senza rifiuti materiali perché il suo impatto ambientale è spesso invisibile. Per produrre un computer del peso di due chili, ad esempio, è necessario estrarre 800 chili di materie prime; per uno smartphone ne servono 70. E bisogna considerare anche l’impatto immateriale, come la crescente domanda di energia del settore Ict (Information, communication, technology): nel 2022 a livello mondiale i data center, i luoghi che ospitano le infrastrutture informatiche, hanno consumato circa 460 Terawattora di elettricità, pari al consumo totale di elettricità in Francia lo stesso anno. Secondo le previsioni, questa cifra potrebbe raddoppiare entro il 2026. Sono i dati che emergono dal Digital economy report 2024 pubblicato dalla Conferenza delle Nazioni Unite sul commercio e lo sviluppo (Un Trade and development).
Le emissioni dei computer
Dal 2009 a oggi, la quantità di calcoli sviluppati con i computer è aumentata del 550%, e questo pesa considerevolmente in termini di consumi energetici. La futura localizzazione dei data center sarà una questione centrale nella lotta al surriscaldamento globale.
di Luca De Biase
In alcuni Paesi le attività dei data center hanno messo sotto pressione la rete elettrica locale. In Irlanda nel 2022 sono stati responsabili del 18% del totale del consumo di energia, una percentuale che potrebbe raggiungere il 28% entro il 2031. Anche l’estrazione di criptovalute (cryptocurrency mining), ovvero il loro processo di produzione che avviene tramite sistemi informatici, è un’attività estremamente energivora e in continua crescita: secondo il Cambridge centre for alternative finance il consumo globale di energie per l’estrazione di bitcoin è aumentato di 34 volte tra il 2015 e il 2023.
I data center richiedono inoltre sempre maggiori quantità di acqua per essere raffreddati. Nel 2022 quelli di Google hanno consumato oltre 21 milioni di metri cubi di acqua; mentre per l’addestramento di GPT-3, un sistema large language model su cui si basa ChatGPT, nei data center degli Stati Uniti sono stati utilizzati 700mila litri di acqua potabile. Un problema significativo se si pensa che nel mondo due miliardi di persone continuano a non avere accesso all’acqua pulita e sicura. I dati sul consumo di acqua del settore Ict, tuttavia, sono limitati, rendendo difficile calcolare il reale impatto sulle risorse idriche locali.
I dispositivi digitali, inoltre, stanno diventando sempre più complessi e richiedono un numero sempre maggiore di risorse minerali: nel 1960 gli elementi della tavola periodica necessari per produrre un telefono erano dieci, nel 1990 sono diventati 27 e nel 2021 sono saliti a 63. Secondo la Banca mondiale la produzione di minerali come la grafite, il litio e il cobalto potrebbero aumentare del 500% entro il 2050. I rifiuti elettronici, spesso mandati illegalmente nei Paesi in via di sviluppo, stanno aumentando più dei tassi di raccolta e il loro smaltimento non corretto sta causando inquinamento e rischi per la salute e per l’ambiente. Nel 2022 solo il 7,5% dei rifiuti digitali era stato raccolto nei Paesi in via di sviluppo, una percentuale che sale al 47% nei Paesi sviluppati.