La “narco-deforestazione” ostacola la tutela delle foreste
Nel 2023 è stata cancellata un’area equivalente alla Svizzera per fare spazio a terreni agricoli e allevamenti. Cresce la presenza di gruppi armati che gestiscono le foreste secondo i loro interessi criminali.
Nonostante i progressi raggiunti in alcuni Paesi come Brasile e Colombia, nel 2023 sono andati persi 37mila chilometri quadrati di foresta pluviale, un’area equivalente alla Svizzera, secondo le stime del World resources institute e dell’Università del Maryland. Si tratta di un dato in calo rispetto ai livelli del 2022, ma pari a quelli del 2021 e 2019. La perdita di foreste nel 2023 ha diminuito di 2,4 Gt l’assorbimento di CO2, equivalenti a circa la metà delle emissioni annuali da combustibili fossili degli Stati uniti.
Le foreste pluviali giocano un ruolo fondamentale per limitare gli effetti del cambiamento climatico e per tutelare la biodiversità, ed è per questo che alla Cop 28 i Paesi si sono impegnati a fermare e invertire la perdita e il degrado delle foreste entro il 2030. Un obiettivo difficile da raggiungere: nonostante i progressi di Colombia e Brasile, dove la perdita di foreste è diminuita rispettivamente del 49% e del 36% rispetto al 2022), la deforestazione è aumentata in Paesi come Bolivia, Laos e Nicaragua. Tra le cause principali ci sono l’espansione dei terreni agricoli e delle aree destinate agli allevamenti.
In Colombia la deforestazione è aumentata significativamente a partire dal 2016, quando il Paese ha concluso un accordo di pace con le Forze armate rivoluzionarie di Colombia (Farc). Come spiega il New York Times, le Farc per anni hanno vietato il taglio e il trasporto di legname. Le foreste, infatti, servivano da rifugio naturale per le loro attività illegali e per il traffico di droga. A seguito dell’accordo con il governo colombiano, le Farc hanno abbandonato le foreste, lasciando spazio ad allevatori e minatori. Negli ultimi anni le foreste sono tornate sotto il controllo di un gruppo dissidente, l’Estado Mayor Central, con una conseguente diminuzione del tasso di deforestazione, Nei primi tre mesi del 2024, tuttavia, la perdita di foreste è cresciuta del 40% rispetto all’anno precedente. Secondo il New York Times, i gruppi dissidenti e armati potrebbero utilizzare la protezione delle foreste come leva per negoziare con il governo. “Quello che il caso colombiano rende evidente è che il controllo dei gruppi armati è ora una parte fondamentale per le politiche di conservazione della natura” scrive il giornale statunitense. Il problema, infatti, non è limitato alla Colombia: in altri Paesi del mondo i gruppi criminali stanno espandendo le proprie attività illegali, includendo il traffico di animali esotici, l’allevamento di bestiame e l’estrazione mineraria. Il legame tra deforestazione e gruppi criminali è così stretto che le Nazioni unite nel 2023 hanno iniziato a parlare di “narco-deforestazione”.
In generale i Paesi hanno troppe poche risorse per poter proteggere le foreste e reprimere i gruppi criminali: in Brasile le forze dell’ordine sono troppo poche per controllare le aree forestali, tanto che recentemente hanno iniziato a scioperare per il carico di lavoro e i salari bassi. Il presidente brasiliano Lula si è impegnato a fermare la deforestazione entro il 2030, ad esempio revocando alcune misure antiambientaliste introdotte dall’ex presidente Bolsonaro e riconoscendo nuovi territori alle popolazioni indigene. I risultati di queste misure sono stati particolarmente evidenti in Amazzonia, mentre in altre aree del Paese, come nel Cerrado e nel Pantanal, la perdita di foreste è aumentata. Nell’area del Cerrado, importante per l’agricoltura, la perdita di copertura forestale è cresciuta del 6% tra il 2022 e il 2023 e l’estensione delle coltivazioni di soia è raddoppiata negli ultimi 20 anni.
Copertina: Lucian/unsplash