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Come l’alto mare, anche lo spazio deve essere protetto con un trattato contro l’inquinamento

Sono novemila i satelliti attualmente in orbita, ma entro il 2030 potrebbero arrivare a 60mila. Molti quelli inattivi, in aumento rottami e rischi di collisioni e incidenti. La proposta di un gruppo di scienziati.

In un articolo pubblicato il 9 marzo su Science un gruppo di esperti ha chiesto che i produttori e gli operatori di satelliti vengano ritenuti responsabili dei detriti spaziali che producono. Come? Attraverso un trattato globalmente vincolante. La proposta è partita, tra gli altri, da Imogen Napper, scienziato marino presso la Plymouth University specializzato nell’inquinamento da plastica, Melissa Quinn, direttrice del porto spaziale di Cornwall e Kimberley Miner, ricercatrice del Jet propulsion laboratory della Nasa.

L’accordo – con relative sanzioni e multe in caso di mancato adempimento – renderebbe i produttori responsabili della deorbitazione dei loro satelliti e della pulizia dello spazio da eventuali detriti (che vengono a crearsi in caso di collisione tra oggetti).

Per avere un’idea, a oggi sono circa novemila i satelliti orbitanti attorno alla Terra, ma è probabile che questo numero supererà le 60mila unità entro il 2030. Questi numeri sono anche frutto della tendenza, incentivata da Elon Musk, di lanciare non più singoli satelliti nello spazio, ma creare mega-costellazioni di piccoli satelliti per assicurare una connessione a banda larga più efficiente (connessione che da poche settimane è disponibile anche in Italia). SpaceX, l’agenzia spaziale di Musk, ha inviato più di tremila satelliti Starlink nell’orbita terrestre bassa (di altitudine compresa fra trecento e mille chilometri) ed è sulla buona strada per raggiungere le 12mila unità entro il 2026. La moltiplicazione dei satelliti è anche facilitata dalla messa a punto da parte della società di Musk di un vettore in grado di ritornare alla base ed essere riutilizzato.

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I costi dell’inazione

"Se siamo troppo lenti e non facciamo queste discussioni ora succederà un gran casino", ha detto Napper a The Guardian. “Abbiamo un'opportunità unica per avere un impatto positivo, ma il tempo sta per scadere”.

Sebbene immaginiamo lo spazio come un luogo sconfinato, la maggior parte dei satelliti si concentra nell’orbita terrestre bassa, ormai congestionata. Questa orbita è attraversata non solo da satelliti operativi, ma anche da materiale “morto o morente”, detriti di collisioni passate o parti di razzi esaurite, che incrementano il rischio di ulteriori incidenti.

Uno dei più temuti dagli esperti riguarda la collisione di Envisat con altri rifiuti spaziali. Questo satellite, sviluppato dall'Agenzia spaziale europea (Esa) per fornire dati sull'ambiente terrestre, è stato lanciato in orbita il primo marzo 2002, per una durata prevista di cinque anni (poi estesa a otto). L'8 aprile 2012 le comunicazioni si sono però interrotte e il satellite, da quel momento in poi, viaggia alla deriva nell’orbita terrestre bassa.

La proposta di un accordo per il controllo dei detriti spaziali si inserisce sulla scia del recente successo raggiunto dall’Onu con il trattato sulla tutela dell’alto mare: “Per evitare di ripetere gli errori che hanno reso vulnerabili gli alti mari – e tutti coloro che dipendono da essi –, abbiamo bisogno di una cooperazione collettiva per sviluppare un trattato tempestivo e legalmente vincolante per aiutare a proteggere l'orbita terrestre”.

Napper ha aggiunto che tutti i Paesi che utilizzano, o intendono utilizzare, lo spazio dovrebbero essere coinvolti nelle discussioni sul trattato, per trovare punti in comune. Questo obiettivo, secondo Christopher Newman, professore di diritto e politica spaziale alla Northumbria University, è tutt’altro che semplice da raggiungere: "La difficoltà di negoziare un trattato vincolante sui detriti spaziali, che duri e faccia la differenza, è che le stesse nazioni che devono scendere a compromessi sono avversari geopolitici".

È anche vero però che, come è accaduto per gli oceani, il costo dell’inazione sta superando di gran lunga quello di un’azione concertata, e il tempo stringe: "Se un decennio fa fosse stato avviato un intervento per ridurre l'inquinamento da plastica, avrebbe potuto dimezzare la quantità di plastica presente oggi nell'oceano", concludono Napper e colleghi. "Il costo di una grande collisione in orbita potrebbe essere economicamente e ambientalmente devastante".

lunedì 13 marzo 2023