Trattato Onu sull’alto mare: svolta storica, ma ora servono azioni rapide
Tutelare il 30% delle acque internazionali entro il 2030. Accordo fondamentale per proteggere la biodiversità marina: il 10% delle specie è a rischio di estinzione a causa della pesca intensiva e dei cambiamenti climatici.
di Maddalena Binda
Il 4 marzo 2023, dopo anni di negoziazioni, è stato approvato dalle Nazioni unite un accordo per la tutela dell’alto mare, ovvero le acque internazionali che iniziano a 200 miglia marine dalla costa. L’High sea treaty ha l’obiettivo di rendere il 30% delle acque internazionale aree marine protette entro il 2030. Un obiettivo ambizioso considerando che oggi solo l’1% delle acque è protetto. L’Unione europea ha annunciato fondi pari a 800 milioni di euro per la tutela degli oceani.
Il trattato rafforza l’accordo della Conferenza sulla biodiversità a Montreal: a dicembre del 2022 i Paesi si sono impegnati a proteggere il 30% delle aree marine e terrestri entro il 2030.
Azioni non rimandabili. “Nonostante la svolta nell’accordo c’è ancora molta strada da fare prima che entri legalmente in vigore. Il trattato deve prima essere adottato formalmente e successivamente entrerà in vigore una volta che un numero sufficiente di Paesi lo avranno firmato e sarà stato approvato legalmente in quei Paesi” sottolinea la Bbc.
Occorrerà anche concordare una definizione di area marina protetta e il livello di protezione per raggiungere con successo gli obiettivi prefissati. “Se le aree marine protette non sono connesse in modo adeguato, potrebbero non avere l’effetto desiderato dal momento che molte specie migrano e potrebbero spostarsi in aree dove sono a rischio” commenta Mina Epps dell’Unione internazionale per la conservazione della natura (Iucn).
Anche il geologo e divulgatore Mario Tozzi su La Stampa evidenzia la necessità di azioni rapide e concrete, aggiungendo che “andrebbe suggerita una limitazione della tecnologia di pesca, l'obbligo al recupero degli attrezzi in plastica (oggi talmente poco costosi da essere abbandonati in mare) e un piccolo sforzo anche da parte dei consumatori”.
Lo stato degli oceani. Il trattato prevederà limiti, più o meno rigidi, alla pesca, alle rotte marittime e all’estrazione mineraria in acque profonde, attività che finora non sono state regolamentate come necessario con conseguenze sulla biodiversità marina. Secondo i dati dell’Iucn, ad esempio, il 10% delle specie marine è a rischio estinzione. Tra le cause anche la pesca industriale e i cambiamenti climatici.
La situazione non è migliore nel Mediterraneo: come sottolinea il Rapporto ASviS 2022 il 91,4% degli stock ittici italiani è sovra sfruttato. Critica anche l’estensione delle aree marine protette italiane: solo l’1,7% delle acque territoriali.