Etr: entro il 2050 un miliardo di persone abiterà in Paesi non resilienti
Catastrofi naturali, scarsità di risorse, conflitti armati, sovrappopolazione: gli stress sistemici incrementeranno nel futuro, concentrandosi in alcune zone del pianeta.
di Flavio Natale
“L'Etr mostra che le minacce ecologiche e il cambiamento climatico pongono serie sfide allo sviluppo e pace globali. Gli impatti negativi colpiranno in modo sproporzionato i più poveri e vulnerabili del mondo, creando pressioni sui Paesi vicini attraverso significative migrazioni di massa”. L'edizione inaugurale dell'Ecological Threat Register (Etr), rapporto prodotto dall'Istituto per l'economia e la pace (Iep), misura le minacce ecologiche che i Paesi potrebbero affrontare entro il 2050, combinando i livelli di resilienza territoriali con dati provenienti da campi diversificati, in modo da delineare le probabilità nazionali di far fronte agli shock ecologici futuri.
Il documento riunisce le minacce in due gruppi principali: catastrofi naturali (inondazioni, siccità, cicloni, innalzamento del livello del mare, aumento delle temperature) e scarsità di risorse (insicurezza alimentare, insufficienza idrica, elevata crescita della popolazione). In base a questi indicatori, l’Etr identifica tre cluster geografici che saranno, nei prossimi anni, suscettibili di collasso:
- La fascia del Sahel-Horn in Africa, dalla Mauritania alla Somalia;
- La fascia dell'Africa meridionale, dall'Angola al Madagascar;
- La cintura del Medio Oriente e dell'Asia centrale, dalla Siria al Pakistan.
All'interno di queste aree, le nazioni maggiormente a rischio sono Iran, Mozambico, Madagascar, Pakistan e Kenya. “Questi Paesi sono sostanzialmente stabili ora, ma hanno un'elevata esposizione alle minacce ecologiche e un livello di pace in via di deterioramento, il che significa che sono a maggior rischio di collasso futuro”. Inoltre, Siria, Afghanistan, Iraq, Yemen e Repubblica Centrafricana stanno già soffrendo per i conflitti in corso, e sono altamente esposti a minacce ecologiche. Ciò che tende a sottolineare il Rapporto è infatti che in questi Paesi (e in generale nei cluster) esiste un circolo vizioso in cui la competizione per le risorse scarse crea conflitti che a loro volta portano a un esaurimento delle risorse, concretizzando la possibilità del collasso. Questi stessi Paesi sono inoltre, nella maggior parte dei casi, quelli che hanno minori capacità di resilienza, nonché quelli più popolosi.
I risultati dell'Etr mostrano che 141 nazioni nel mondo sono esposte ad almeno una minaccia ecologica da qui al 2050, ma soprattutto che i 19 Stati con il maggior numero di minacce hanno una popolazione di 2,1 miliardi di persone: questi affrontano da quattro a sei sfide ecologiche contemporaneamente, e più della metà si attestano tra le 40 nazioni meno pacifiche del pianeta. I tre Paesi con la maggiore esposizione agli shock ambientali sono l'Afghanistan, che sta affrontando sei sfide ecologiche allo stesso tempo, il Mozambico e la Namibia, che devono affrontarne cinque ciascuno. Altri 16 Stati stanno fronteggiando quattro minacce ecologiche. Da questi dati il Rapporto attesta che “nel 2050, circa un miliardo di persone vivrà in Paesi privi di strutture resilienti per affrontare i cambiamenti climatici”.
Dal 1990 al 2019 si sono verificati complessivamente 9.924 disastri naturali a livello globale, di cui il 42% alluvioni. Il secondo cataclisma più diffuso, le tempeste (cicloni, uragani, tornado, bufere di neve e tempeste di sabbia) ha costituito il 30% dei disastri totali. La regione Asia-Pacifico è stata esposta al maggior numero di cataclismi ambientali, con 2.845 eventi registrati dal 1990. L'Europa ha registrato il secondo maggior numero di disastri, con 1.324 incidenti tra il 1990 e il 2019. Francia, Italia, Turchia, Romania e Regno Unito si attestano tra le nazioni più colpite, rappresentando un terzo del totale regionale. “I cataclismi ecologici creano fenomeni di sfollamento in media per 24 milioni di persone all'anno, con altri sette milioni di sfollati a causa dei conflitti armati. Se questo tasso continuerà, 1,2 miliardi di persone potrebbe ritrovarsi senza una casa entro il 2050”.
Dunque, anche se è vero che le regioni ad alta resilienza, come l'Europa e il Nord America, hanno capacità di coping (strategie di adattamento) superiori per mitigare gli effetti di queste minacce ecologiche, questo tuttavia non li rende immuni dagli effetti di ricaduta globali (come i grandi flussi migratori), evidenziando ancora una volta la stretta connessione tra cataclismi climatici e umanitari. La crisi del 2015 evidenzia infatti che anche un numero relativamente piccolo di rifugiati, equivalente allo 0,5% della popolazione europea, può causare notevoli disordini e modificare sensibilmente i sistemi politici.
“Attualmente, più di due miliardi di persone nel mondo sperimentano una situazione di costante insufficienza alimentare” ricorda il Rapporto. “È probabile che questo numero aumenti a 3,5 miliardi entro il 2050”. La scarsità di risorse costituisce infatti il secondo gruppo di minacce che influiscono sulla stabilità di una nazione. Si prevede che la domanda globale di cibo aumenterà del 50% entro il 2050, il che significa che senza un sostanziale aumento dell'offerta molte persone saranno a rischio. I Paesi meno pacifici del mondo sono inoltre tra quelli più colpiti da insicurezza alimentare (il 65% delle persone a basso reddito che abitano in questi Stati sperimentano l'incapacità di permettersi un nutrimento adeguato). “Tra i Paesi Ocse, il 16% degli individui non può permettersi un’alimentazione corretta, mentre il 2,7% è considerato denutrito” afferma l’Etr, ricordando che anche le nazioni più ricche contengono fasce della popolazione a rischio denutrizione. Si prevede inoltre che la domanda di acqua raggiungerà livelli di crisi considerevoli nei prossimi anni. La richiesta idrica è infatti aumentata dell'1% all'anno negli ultimi quattro decenni, e non si prevede alcun calo futuro. “Nel 2019 quattro miliardi di persone hanno sperimentato una grave carenza d’acqua per almeno un mese”.
Infine, entro il 2050 la popolazione mondiale raggiungerà quasi dieci miliardi di persone, anche se questo incremento sarà distribuito in modo eterogeneo. Nei Paesi più sviluppati si prevede che la crescita demografica diminuirà del 2%, con il Giappone che registrerà il calo maggiore (10%). Ci sono però 17 Stati la cui popolazione sarà più che raddoppiata, con picchi come il Niger, che registrerà un aumento del 171%. Molti di questi Paesi sono già altamente vulnerabili, e si stima così che, entro i 2050, 1,4 miliardi di persone in più risiederanno nei 40 Stati meno pacifici del mondo. Osservando i dati pubblicati dall’Etr, si comprende dunque quanto la resilienza alle minacce sistemiche, spesso fortemente collegate tra loro, costituirà uno strumento fondamentale per affrontare le sfide del presente e del futuro.
di Flavio Natale