Dal Fabbro: “L’Italia ha bisogno di una cultura della visione e del metodo strategico”
Un’intervista al presidente di Iren su scenari globali, competizione energetica Usa-Cina, la partnership Ecosistema Futuro e i prodotti culturali che hanno ispirato la sua visione del domani. A partire dal suo nuovo libro Proteggere il futuro.
Presidente Luca Dal Fabbro, nel suo ultimo libro Proteggere il futuro (Rubbettino, 2025) lei ha proposto un’analisi molto lucida delle trasformazioni globali che, se orientate nella direzione sbagliata, possono minacciare il futuro. A questo scenario lei contrappone delle alternative, realizzabili solo se avverrà la trasformazione più grande: riuscire a immaginare nuove soluzioni. Come arrivare a questo cambiamento?
Il cambiamento, oggi, non passa solo attraverso la tecnologia, ma attraverso un nuovo modo di pensare. Nel libro spiego che la transizione, per essere efficace, deve essere una “trasformazione culturale”. Significa abbandonare l’idea che economia, sicurezza ed ecologia siano ambiti separati: il mondo che stiamo costruendo richiede una visione sistemica e interconnessa, capace di unire innovazione, responsabilità e collaborazione tra pubblico e privato.
Questo implica rimettere al centro la competenza e il pensiero di lungo periodo, puntando su formazione e ricerca e incentivando un approccio olistico alla sostenibilità. Solo così le nuove soluzioni potranno essere immaginate collettivamente e applicate efficacemente.
Il periodo che stiamo vivendo è uno dei più complicati per la transizione green: se da un lato gli Stati Uniti spingono per un ritorno alle fonti fossili, dall’altro Cina ed Europa supportano le rinnovabili (e in Italia ci sono molti casi virtuosi, come Iren). In gioco c’è il futuro del pianeta. Dove sta andando, secondo lei, il futuro energetico?
Siamo in una fase di ibridazione tecnologica. Le rinnovabili saranno la spina dorsale dei sistemi energetici del futuro, ma dovranno essere integrate con nuove tecnologie come l’accumulo, l’idrogeno verde e le reti intelligenti, che rendono possibile la stabilità delle forniture e la sicurezza delle infrastrutture.
Allo stesso tempo, serve una strategia industriale europea forte. Gli Stati Uniti e la Cina hanno scelto di giocare partite differenti, ma l’Europa deve scegliere sé stessa: deve rafforzare la propria autonomia strategica e promuovere una reindustrializzazione sostenibile, mantenendo la competitività e attuando politiche basate su dati scientifici e risultati misurabili.
L’Italia può essere protagonista in questo scenario, con esempi virtuosi come Iren, che oggi combina energie rinnovabili, economia circolare e digitalizzazione per accrescere resilienza e ridurre dipendenze esterne.
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di Monica Sozzi
Il futuro è spesso visto come un tempo distante su cui non si può agire. Mentre lei, in qualità di presidente di Iren ma non solo, mi sembra sia convinto del contrario. Questa posizione è condivisa anche da Ecosistema Futuro, una partnership nata proprio per mettere il pensiero a lungo termine al centro del dibattito italiano. Cosa l’ha spinta a partecipare e supportare Ecosistema Futuro?
Ecosistema Futuro nasce da una convinzione: immaginare il futuro è il primo passo per costruirlo. È un progetto che unisce imprese, università e associazioni per riportare la dimensione del lungo termine al centro del dibattito pubblico, culturale e politico.
Ho scelto di sostenerlo perché ritengo che l’Italia abbia bisogno di una nuova cultura della prefigurazione, della visione e del metodo strategico. Ecosistema Futuro è uno spazio che aiuta a pensare in modo intergenerazionale, mettendo in rete saperi e strumenti per affrontare la complessità e formare una nuova classe dirigente capace di gestire la transizione sostenibile.
E che tipo di percorso ha portato lei, in prima persona, ad appassionarsi alle questioni energetiche e di lungo termine?
Il mio percorso personale parte dalla formazione in ingegneria chimica e in politica internazionale, ma ha sempre avuto un filo conduttore: la curiosità verso i sistemi complessi e le loro interdipendenze. Lavorare nei settori dell’energia, della sostenibilità e dell’economia circolare mi ha permesso di vedere come le scelte industriali, tecnologiche e politiche abbiano effetti diretti sulla vita delle persone e sull’ambiente.
Negli anni ho capito che occuparsi di energia significa occuparsi di futuro nel senso più ampio: energia come bene comune, come leva di equilibrio geopolitico e come forma di responsabilità verso le prossime generazioni.
Ultima domanda: ci sono libri, film, serie tv che hanno ispirato la sua visione del futuro?
Un libro che ultimamente mi ha molto colpito è Il mondo è piatto di Thomas Friedman che, parlando di geopolitica ed economia globale, analizza come la tecnologia e la globalizzazione rendano le interconnessioni e la capacità di cambiamento sempre più decisive.
Tra le serie TV vorrei citare la recente The Diplomat, che offre uno sguardo acuto e moderno sulle relazioni internazionali e sulle sfide della diplomazia contemporanea. Parlando di cinema, trovo sempre di grande attualità e visione i classici del Neorealismo italiano, da Roma città aperta a Miracolo a Milano, per la loro capacità di rimettere al centro l’umano come chiave di volta della Storia.