I problemi sociali e l'intelligenza artificiale: che fare?
L’AI potrebbe influire negativamente sulle relazioni tra individui, sul lavoro come in altri settori della società. Per evitarlo bisogna ridefinire il suo ruolo e la sua denominazione, mantenendo al centro le persone.
Noi tutti abbiamo un unico obiettivo: abbiamo la vita, e dobbiamo fare di tutto per viverla bene.
Cioè: dobbiamo viverla, ed essere attivi; vivere bene, sviluppando cioè un attivismo che rispetti i due fondamentali accompagnatori che la natura ha previsto per questo obiettivo: l’ambiente e gli altri. Quindi:
- vivere adottando una relazione rispettosa del contesto ambientale
- vivere nel totale rispetto degli altri: la vita è frutto della relazione positiva, dalla nascita in poi. Quindi vita sociale caratterizzata solo da empatia, etica, rispetto degli altri. Quindi adozione costante solo di relazionalità positiva.
Purtroppo – invece – il periodo che stiamo vivendo è caratterizzato da complessità sempre meno gestibili, che hanno una evoluzione progressivamente preoccupante.
In particolare l’attivismo sociale degli individui non viene gestito in modo corretto, né dalle regole sociali che si sono innescate, né dall’evoluzione tecnologica:
- c’è un tema - di cui ci siamo occupati più volte – che crea un crescente distacco sociale, e che è all’origine delle tensioni sociali e delle contrapposizioni crescenti. Tema che necessita di diagnosi immediate ed adozione di soluzioni, ad evitare disastri sociali. Stiamo facendo riferimento ai problemi che sta subendo vita, e la sua evoluzione, cioè problemi che investono la creatività sociale.
- e c’è un tema connesso allo sviluppo tecnologico che risponde bene alle logiche del passato, ma che in questo nuovo momento storico potrebbe avere conseguenze molto complesse. Si fa riferimento all’intelligenza artificiale.
Soffermiamoci su questi due temi.
La creatività sociale
“Creatività” “sociale” è vita:
- La “creatività” è l’obiettivo: bisogna generare il nuovo, altrimenti la vita finisce
- Il “sociale” è il metodo: il fare le cose assieme - che implica “relazionalità positiva” - è la metodologia per generare ogni forma di vita.
La creatività sociale nasce quindi dalla interazione fra individui, concepiti dalla natura appositamente diversi gli uni dagli altri, dove le idee complementari si intrecciano, si sviluppano, e creano il nuovo.
Condizione basica è la relazionalità positiva, sostenuta dalla vicinanza fisica, dalla condivisione, dall’etica, dal rispetto, e dall’evitamento di contrapposizioni (altrimenti non ci sarebbero relazioni).
Si ribadisce: la condizione primaria è la relazione positiva, sostenuta dall’etica. Purtroppo questa condizione - la creazione dell’etica - in questi ultimi anni sempre più necessitante, è stata sempre meno soddisfatta nel periodo basico di fondazione degli individui, cioè durante la formazione scolastica:
- I giovani hanno certamente studiato, ma nella maggioranza solo fino alle medie superiori. Hanno quindi acquisito senso critico, e raggiunto il primo obiettivo che coincide con il prendere possesso della propria individualità (però con forte centratura solo su se stessi)…
- … ma non hanno proseguito gli studi: purtroppo l’interruzione del completamento culturale ha impedito l’acquisizione mentale della parte complementare dello sviluppo, che è il fondamento del rapporto con gli altri, e quindi il senso civico, l’etica.
Tutto ciò ha avuto conseguenze sempre più preoccupanti, anche per la complessità economica del periodo che si sta attraversando, che ha spinto verso la centralità solo dei propri interessi: la relazione positiva è stata sostituita dalla contrapposizione, e da lotte sociali crescenti.
Riprendiamo un concetto già più volte espresso: i due pilastri della vita…
- Primo: “se stessi”,
- Secondo: “gli altri”
vanno costruiti in modo equilibrato, e per questi obiettivi la formazione culturale completa è fondamentale. Mai costruire solo il 1° pilastro[1]: come detto, alimenta solo la centratura su se stessi, e la contrapposizione, con condizioni di vita che diventano sempre più difficili da gestire.
Con in più due conseguenze: contrazione del proprio benessere, ed indifferenza verso i temi della Sostenibilità; il proprio benessere al più presto, ha la priorità rispetto al benessere di chi verrà: ed aumenta l’indifferenza per il rispetto delle regole sociali.
Fra l’altro, la costruzione anche del 2° pilastro – “gli altri” -, che richiede formazione culturale, offrirebbe agli individui un senso di maggiore protagonismo, e quindi capacità di stimolare e contribuire sempre più attivamente alla vita, ed anche al proprio benessere.
Ma così non è. E in attesa che si capisca il senso dei guai - non ancora capito - e che si avviino soluzioni, è necessario che si adottino interventi. È un tema fondamentale perché questa situazione sta creando malessere personale e sociale crescente.
Un provvedimento, non risolutivo, ma che potrebbe attenuare il disagio percepito, potrebbe consistere nell’assunzione di Responsabilità Sociale da parte delle Imprese, che porterebbe ad investimenti non solo professionali, ma anche destinati al benessere dei lavoratori (quindi investimenti work-life balance). Sarebbero investimenti auspicabili, ma non risolutivi. Le contrapposizioni rimarrebbero, perché si investirebbe solo sul benessere personale, e non si provvederebbe alla crescita sociale degli individui, che è condizione fondamentale di vita futura. E, come detto, raggiungibile solo tramite cultura, ed etica.
In altri termini, non ci sarebbe creatività sociale, che invece è quella dà senso di partecipazione e protagonismo. E che è condizione di vita.
L’intelligenza artificiale
Si sta rafforzando sempre di più l’intelligenza artificiale. È una sorta di “entità esterna” cui ci si affida per la soluzione di problemi. È un’alternativa concettuale agli individui, è un’altra entità.
Non è uno strumento migliorativo dell’intelligenza attuale degli individui:
- non è una intelligenza aiutata;
- non è una intelligenza aumentata.
È altro rispetto agli individui. Quindi gli individui non hanno miglioramenti, non hanno contributi per una propria partecipazione personale più attiva, che è invece l’attuale problema dominante.
Peraltro è crescente il timore che possa avere conseguenze preoccupanti nel mondo del lavoro. Sul piano tecnologico è certamente da considerare una evoluzione, ma sul piano sociale potrebbe innescare problemi preoccupanti, sia nel mondo del lavoro (remunerazioni), sia sul piano della relazionalità (isolamento, non partecipazione).
Fino a qualche anno fa la Società non aveva grandi problemi di contrapposizione sociale: la gente aveva studiato molto di meno, ed il senso critico (che dà centratura su se stessi) non si era sviluppato. Quindi clima sociale più tranquillo, meno egocentrismo – attualmente prodotto da una parziale acquisizione di cultura, poi interrotta - e investimenti sulla professione più moderati.
In quel clima l’evoluzione tecnologica era sempre giudicata positivamente: dava vantaggi nei risultati ottenuti, e non creava problemi professionali. Ora il mondo è cambiato, “il futuro non è più come quello di una volta”.
L’intelligenza artificiale per la sostenibilità
L’Europa deve difendere le regole e i principi della propria sovranità digitale e mettere a disposizione l’AI per il raggiungimento degli obiettivi dell’Agenda 2030.
Ci sono problemi sociali contrappositivi, che hanno avuto conseguenze anche nel mondo professionale, che non sono stati accettati, e che non vengono risolti. Sono temi che caratterizzano sempre di più la nostra esistenza, perché la contrapposizione sociale ha conseguenze su tutti.
E l’intelligenza artificiale, così impostata ha alta probabilità di complicare le soluzioni. Forse una riflessione su una sua nuova ottimalizzazione, che tenga conto del momento sociale, andrebbe adottata.
Il bisogno primario è quello di capire il problema, e di affrontarlo per attenuare i disagi, e possibilmente eliminarli.
Purtroppo, invece, parrebbe che le scelte che vengono fatte, e che sono sostenute dalla finanza anche per i vantaggi che danno nel breve termine, non tengano conto del sociale, e del fatto che il futuro potrà non sopportarne le conseguenze.
Una soluzione ci sarebbe, sempre con l’intervento attivo dell’intelligenza artificiale, che però – stante le reazioni che si stanno sviluppando nel mondo lavorativo – dovrebbe ridefinire il suo ruolo, e anche la sua denominazione.
Non dovrebbe essere un’entità sostitutiva degli individui nel mondo lavorativo, ma una partner alleata e potenziatrice delle capacità produttive degli individui, essere dalla loro parte. Il soggetto prioritario della vita è l’individuo, e bisogna sviluppare il suo protagonismo.
Quindi bisognerebbe optare:
- non per una intelligenza separata dall’individuo (cioè l’intelligenza artificiale),
- ma una centratura sull’individuo, ed un potenziamento delle sue capacità:
- una intelligenza aiutata,
- oppure un’intelligenza aumentata.
È sempre l’individuo che deve prendere decisioni, ma per certo ci sono a monte attività cognitive od esecutive che potrebbero richiedere moltissimo tempo ed impegno.
E la tecnologia potrebbe (e dovrebbe) avere un ruolo fondamentale nel trovare progressivamente sempre nuove soluzioni, sempre più efficaci ed utili: per l’individuo però, che deve rimanere il protagonista.
Che deve essere aiutato e potenziato, senza che si trovi in difficoltà (ed in sostituzione) per via di competitors artificiali.
In definitiva, che fare
Come ovvia conclusione, stante il fatto che tutti hanno solo una vita da vivere, e che tutti hanno il diritto di poterla vivere bene, è necessario che l’individuo:
- sia formato per vivere in relazionalità positiva con tutti, evitando contrapposizioni
- e che nel tempo sia implementato con aiuti che gli consentano di interpretare il proprio ruolo sociale e professionale nel modo più soddisfacente.
Il primo tema è stato più volte affrontato in recenti contributi. Ma stante la sua rilevanza riteniamo utile riassumere i concetti base. Il tutto dipende dalla formazione, dai 3 anni ai 23/25 anni, con l’obiettivo di dare cultura ed etica. Vediamo i fondamentali momenti di sviluppo:
- inizialmente, dai 3 ai 14 anni, investire sul cervello degli individui, per abituarli gradevolmente alla ricettività – facilitazione degli studi a venire - ed alla relazionalità – facilitazione della vita. Uno strumento che ha dimostrato la sua efficacia per questi obiettivi è la pratica della musica. In Paesi Evoluti è diventata una materia scolastica primaria. Il ritmo e la melodia insegnano l’attenzionalità e la relazionalità (gli altri – che praticano musica assieme - sono percepiti come complementari e fondamentali);
- sempre nella fase iniziale della formazione, dai 6 ai 14 anni, l’insegnamento dell’empatia: il capire culturalmente il senso degli altri, la loro complementarietà e la loro rilevanza. Anche questo tema è già di fondamentale rilevanza nelle scuole di Paesi sviluppati;
- dai 14 ai 19 anni, cioè nelle medie superiori, provvedere a una formazione coinvolgente, concepita dalla parte degli studenti, aiutandoli singolarmente ad un innamoramento dello studio. È dimostrato che ciò è sicuramente possibile, posto che si adotti la metodologia più funzionale: la parte del cervello che deve acquisire cultura – l’ippocampo – si attiva solo con il coinvolgimento e l’emozione; altrimenti si distrae e non acquisisce. La docenza ne deve tenere conto. Ed è la condizione perché i giovani si possano innamorare della scuola, e si autoconvincano della necessità della prosecuzione dello studio…
- …che è condizione fondamentale per l’acquisizione di cultura, che è poi generatrice dell’etica. Che deve diventare guida di tutta l’adultità. Per una vita di relazioni solo felici.
Il secondo tema – di cui abbiamo parlato nelle pagine precedenti - è connesso alla necessità di sostenere l’individuo nella vita, e di renderlo partecipe di tutte le opportunità di crescita, continuando a dotarlo di strumenti evolutivi.
Comprendendo anche strumenti di sostegno della propria intelligenza, per aiutarla e aumentarla.
E la vita sarebbe felice.
Altri obiettivi non ne abbiamo.
[1] La responsabilità del fatto che i giovani – nella maggioranza - interrompano la formazione alle medie superiori, è però da attribuire alla scuola, che è rigida, contrappositiva, non si rende desiderabile, e produce un rapporto negativo nell’80% dei casi. Il tutto ovviamente può essere modificato, ma richiede investimenti e del tempo. Due condizioni non gradite dalla politica e dalla finanza, che hanno in genere solo interessi sui ritorni di breve periodo.
Le fonti del testo e delle ricerche sono di Eumetra, Istituto indipendente di ricerca sociale e marketing.
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