La ricetta di Draghi contro la “lenta agonia” dell’Europa
Tutti i materiali con cui l’ex premier ha aperto il dibattito sulla competitività dell’Unione. La sua visione è incentrata su innovazione, decarbonizzazione e competitività, sicurezza e riduzione delle dipendenze. Ma servono una politica industriale più coordinata e investimenti massicci.
Il rapporto di Mario Draghi sulla competitività dell’Europa (testo integrale), presentato il 9 settembre in conferenza stampa (video) a Bruxelles, ha provocato diverse reazioni. Molti ne sono soddisfatti, altri vedono il rischio che l’Ue non abbia la forza o la volontà di applicare le soluzioni proposte. La visione dell’ex premier, incentrata su innovazione, decarbonizzazione e competitività, sicurezza e riduzione delle dipendenze, è racchiusa nel messaggio che l’Europa ha bisogno di un radicale cambiamento per non soccombere davanti a Cina e Stati Uniti. Draghi ha ribadito ieri che se l’Europa non riuscirà a diventare più produttiva sarà costretta a ridimensionare alcune, se non tutte, le proprie ambizioni. Mentre presentava le sue raccomandazioni (nel rapporto sono declinate 170 proposte), una giornalista gli ha chiesto se il suo messaggio rivolto all’Europa fosse “attuare il rapporto o morire”. La sua risposta è stata: “Morire no, ma sarà una lenta agonia”.
Von der Leyen aveva introdotto l’ex capo della Bce con parole al miele (“Il tuo rapporto sarà fonte di ispirazione per i mesi e gli anni a venire”). Draghi ha messo subito il dito nella piaga affrontando il tema del divario con le superpotenze: “L’Europa oggi è bloccata da una struttura industriale statica. Le spese per gli investimenti sono le stesse di 20 anni fa. Non ci mancano sicuramente le intelligenze e le buone idee, ma ci sono troppe barriere che impediscono di commercializzare le innovazioni”, e ha fatto l’esempio di molte startup che finiscono per lasciare l’Unione europea andando a operare negli Stati Uniti.
Per digitalizzare e decarbonizzare l'economia e aumentare la capacità europea di difesa, Draghi ha osservato che la quota di investimenti in Ue dovrà aumentare di circa cinque punti percentuali sul Pil, raggiungendo livelli osservati l'ultima volta negli anni '60 e '70. “Si tratta di una situazione senza precedenti: per fare un confronto, gli investimenti aggiuntivi forniti dal Piano Marshall tra il 1948 e il 1951 ammontavano annualmente a circa l'1-2% del Pil”, ha scandito.
Al clima ha riservato un lungo passaggio, con la richiesta che tutte le politiche europee siano allineate agli obiettivi climatici - “Vogliamo che la decarbonizzazione sia una fonte di crescita” – e l’auspicio di un piano che miri a disaccoppiare il prezzo dell’energia fossile dalle fonti energetiche pulite. La concorrenza cinese, sponsorizzata dallo Stato, rappresenta nel campo delle rinnovabili una minaccia per l’industria europea.
Draghi sembra quindi rievocare il Whatever it takes per favorire la ripresa, quando propone di ricorrere a nuovo debito comune (sul modello del Next Generation Eu) per finanziare con 800 miliardi di euro all’anno investimenti nei settori della difesa e dell’industria, a partire dalle automobili e nel campo delle fonti rinnovabili.
L’ex premier ha ribadito che c’è bisogno di una "politica economica estera" dell'Ue, la cosiddetta “statecraft”, perché “la pace è il primo e più importante obiettivo dell'Europa. Ma le minacce alla sicurezza fisica sono in aumento e dobbiamo prepararci”. Nella sua visione i punti deboli in questo campo sono l’estrema frammentazione dell’industria della difesa, e la mancanza di standardizzazione e interoperabilità delle attrezzature, il che indebolisce la capacità dell'Europa di “agire come potenza coesa”.
Infine, una raccomandazione: la competitività non si deve giocare sul costo del lavoro, avverte l’ex premier, perché in questi tempi difficili modernizzare non deve significare introdurre ulteriore flessibilità per i lavoratori. Per l'Ue, secondo Draghi, si possono trarre due conclusioni fondamentali. La prima: l'Europa deve certamente fare passi avanti verso la sua Unione dei mercati dei capitali, ma il settore privato non sarà in grado di sostenere la parte del leone nel finanziamento degli investimenti senza un sostegno dal pubblico. La seconda: più l'Ue è disposta a riformarsi per generare un aumento della produttività, più aumenterà lo spazio fiscale, e più sarà facile per il settore pubblico fornire questo sostegno.
Alla domanda su come pensa che il suo rapporto si adatterà a un contesto politico turbolento segnato dalla crescita dei nazionalismi, Draghi ha risposto che “siamo già in una situazione di crisi e non riconoscerlo significa ignorare la realtà. I suggerimenti sono un uso più esteso, se non generalizzato, del principio di maggioranza qualificata. Ci sono temi così importanti per il futuro dell’Unione e dei singoli Stati membri che occorre andare avanti con una ‘coalizione di volenterosi’. Ci si può muovere in un quadro di cooperazione rafforzata oppure nell’ambito di trattati intergovernativi”. Un’altra domanda rivolta a Draghi ha riguardato gli investimenti nell’innovazione. Uno degli obiettivi centrali della strategia dell'Unione europea per il 2020 prevedeva che il 3% del Pil dei Paesi Ue fosse destinato a ricerca e sviluppo (R&S), ma la media attuale è del 2,2%. Come convincere i Paesi inadempienti? Draghi ha richiamato l’attenzione su certi eccessi legislativi: “L’Ue ha quasi cento leggi focalizzate sulla tecnologia e altrettanti atti legislativi nel settore fiscale, e molte di queste adottano un approccio precauzionale”. Nella visione dell’ex premier, una legislazione di questo tipo è tollerabile per le grandi aziende, ma diventa oppressiva per le medio-piccole: “Siamo autolesionisti, stiamo uccidendo le nostre aziende”.
Poche ore dopo la conferenza stampa, il ministro delle finanze tedesco Christian Lindner ha preso le distanze dal rapporto, in particolare sulla parte riguardante l'assunzione di un nuovo debito congiunto. Il documento ha conquistato invece l'imprenditore Elon Musk: “La critica di Mario Draghi è accurata", ha affermato il capo di X, aggiungendo che "una revisione approfondita delle normative Ue per eliminare le regole inutili e semplificare le attività in Europa rivitalizzerebbe la crescita e rafforzerebbe la competitività”.
La conferenza con traduzione italiana (da Radio Radicale)
Copertina: Ansa